Frontalieri della discordia: sale la tensione tra Italia e Svizzera
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Frontalieri della discordia: sale la tensione tra Italia e Svizzera

La vittoria del Sì nel referendum contro i lavoratori stranieri nel Ticino non ha però ancora conseguenze pratiche. Gentiloni avverte Berna

L'esito del referendum 'Prima i nostri' avvenuto domenica 25 settembre nel Canton Ticino, che di fatto punta a introdurre in Costituzione tutta una serie di limitazioni ai lavoratori frontalieri provenienti per lo più dall'Italia, non ha ancora avuto conseguenze pratiche per chi ogni giorno varca la frontiera per lavorare. La normativa sui lavoratori stranieri è ancora oggi, infatti, all'esame del Parlamento nazionale svizzero. Ma il segnale politico è chiarissimo e rischia di aprire una frattura difficilmente sanabile nei rapporti tra l'Unione e la Svizzera.

Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, reduce da un contro tutto sommato rassicurante con il suo omologo svizzero Didier Burkhalter, ha però avvertito i suoi colleghi oltre frontiera: se Roma dovesse intravvedere qualche discriminazione nei confronti degli oltre 60 mila lavoratori italiani che ogni giorno si recano in Ticino per lavorare, non possono essere escluse conseguenze nei rapporti tra l'Ue e il Paese. Il rispetto della libera circolazione, ha detto Gentiloni, è uno dei prerequisiti dell'appartenenza all'Unione. Lo stesso è il messaggio della portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas: "Il presidente Jean Claude Juncker ha più volte charito che le quattro libertà fondamentali del mercato unico sono inseparabili, cosa che nmel contesto svizzero significa la libertà di circolazione dei lavoratori è fondamentale".

Va detto che la Svizzera non fa parte ufficialmente della Ue, ma all'Unione è legata nell'Efta (l'area di libero scambio, di cui fanno parte anche Norvegia, Islanda e Liechtenstein) e ha una moltitudine di accordi che assicurano la completezza del mercato unico, facendo parte dell'area Schengen.


Al termine di un'accesa campagna, all'ombra di manifesti con una mela rossocrociata, il referendum è stato approvato dai cittadini ticinesi con oltre il 58% di voti favorevoli. Il testo, promosso dal partito di destra Udc e sostenuto dalla Lega dei Ticinesi, irava ad ancorare nella Costituzione ticinese la "preferenza indigena" al momento dell'assunzione chidendo alle autorità del Cantone di garantire che sul mercato del lavoro ticinese "venga privilegiato a pari qualifiche professionali chi vive sul suo territorio".

Un risultato previsto
Per molti aspetti, il testo in votazione oggi ricorda infatti l'iniziativa, questa volta nazionale e intitolata Contro l'immigrazione di massa, approvata il 9 febbraio 2014 dalla maggioranza degli svizzeri con il 50,3% dei voti: in Ticino aveva incassato il 68,2 % di Sì. Date le difficoltà del governo svizzero a trovare un compromesso interno e con l'Unione europea in materia, quel referendum era rimasto lettera morta o comunque oggetto di un complesso negoziato tra Ue e Svizzera che era in corso da tempo. La vittoria del Sì complica le cose. Ma per i promotori di "Prima i nostri", che parlano di "vittoria storica", il trionfo di oggi rappresenta un ulteriore, chiaro messaggio al governo, all'Unione e al parlamento federali. Prima di essere resa effettiva, però, la modifica costituzionale approvata in Ticino dovrà essere avallata dall'Assemblea federale di Berna, a cui spetta valutare la sua conformità al diritto nazionale. Insomma: una partita complessa

Le risposte in Italia 
Un nuovo incontro tra Jean Claude Juncker ed il presidente svizzero Johann Schneider-Amman è in programma per fine ottobre. L'obiettivo finale dei negoziati è "un accordo accettabile per entrambe le parti", dice Schinas, ma "abbiamo ancora un lungo cammino da fare prima di arrivarci". Mentre tra i frontalieri cresce il disagio, tra la consapevolezza di essere indispensabili per l'economia ticinese e quella di essere finiti al centro di un voto 'politico'. Come prevedibile, anche Matteo Salvini si è buttato sulla polemica: "Non mi stupisco che in un momento di crisi come questo, gli svizzeri dicano prima gli svizzeri, così come gli austriaci dicano prima gli austriaci. Mi stupisce, invece, che in Italia abbiamo governi che non fanno gli interessi degli italiani. Noi invece diciamo prima gli scafisti".

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