Spese militari e commercio di armi: tutti i numeri del 2016
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Spese militari e commercio di armi: tutti i numeri del 2016

I Paesi che esportano e che importano di più, i numeri, le prospettive di un mercato che non entra mai in crisi

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Secondo il SIPRI Year Book, dossier annuale redatto dallo Stockholm International Peace Research Institute (l’osservatorio svedese che monitora i traffici d’armi internazionali), sebbene la produzione di armi e servizi militari sia diminuita negli ultimi anni, il commercio di armamenti è cresciuto più che mai: il volume dei trasferimenti internazionali di sistemi d’arma è infatti aumentato del 14 per cento tra i quinquenni 2006-10 e 2011-15.

 

Ecco un estratto saliente del SIPRI Year Book 2016:

 

La spesa militare mondiale del 2015 è stimata a 1.676 miliardi di dollari, equivalente al 2,3 per cento del PIL mondiale o a 228 dollari per persona. In termini reali, la spesa totale è superiore di circa l’1 per cento rispetto al 2014. Le spese militari hanno continuato a diminuire in Nord America ed Europa centrale, seppur più lentamente che negli anni passati. Le spese sono diminuite anche in America latina e Africa, in quest’ultima invertendo una tendenza durata molti anni. Le spese militari hanno invece continuato ad aumentare in Asia e Oceania, in Europa orientale e nei paesi mediorientali.

 

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Produzione di armi e servizi militari

 

Le vendite dei primi 100 produttori di armi e delle aziende che forniscono servizi militari sono diminuite per il quarto anno consecutivo nel 2014. Le loro entrate combinate per il 2014 ammontano a 401 miliardi di dollari, l’1,5 per cento in meno rispetto al 2013. Tuttavia, nel 2014 il giro d’affari delle compagnie classificate da SIPRI come Top 100 è stato il 43 per cento maggiore rispetto al 2002. Ne consegue che il tasso di declino è rallentato negli ultimi anni.

 

La classifica delle prime 100 aziende continua a essere dominata dalle compagnie con base negli USA e in Europa orientale, con una quota congiunta di 80,3 per cento delle vendite detenuta dalle Top 100 per il 2014. Questa posizione di forza, per quanto danneggiata dalla crisi finanziaria del 2008 e dalla fine delle grandi operazioni militari a guida USA in Medio Oriente, resterà probabilmente invariata nel prossimo futuro. Grazie a un aumento combinato del 10 per cento, le maggiori entrate delle aziende russe hanno parzialmente controbilanciato il declino di quelle con base in occidente.

 

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Produttori emergenti

 

Altri “produttori affermati” che compaiono nella lista dei primi 100 hanno aumentato le proprie vendite del 6 per cento nel 2014, principalmente grazie alla crescita dell’azienda polacca PGZ (del 98,4 per cento in termini reali). Australia e Giappone hanno aumentato le vendite di armi rispettivamente del 17,5 e del 14,7 per cento. Le aziende con base nei quattro stati classificati come “produttori emergenti” (Brasile, India, Corea del Sud e Turchia) hanno realizzato un aumento delle entrate collettivo del 5,1 per cento nel 2014, mitigando la diminuzione delle vendite delle Top 100. Queste aziende sono avvantaggiate per via dell’importante acquisto di armamenti da parte dei propri paesi, ma ora offrono i loro prodotti anche su scala internazionale.

 

Nel 2014 il Brasile si è assicurato il maggiore aumento di vendite di armi (24,7 per cento) seguito da Corea del Sud (10,5) e Turchia (9,5). Al contrario, si riscontra una diminuzione del 7,1 per cento delle vendite delle aziende indiane. La diminuzione del PIL in paesi le cui entrate dipendono largamente dal petrolio, come Russia, Arabia Saudita e Venezuela, potrebbe cambiare le dinamiche che negli scorsi quattro anni hanno influenzato le prime 100 aziende, mentre i budget militari si riequilibrano alle entrate nazionali. Tuttavia, le tensioni in Asia orientale e Medio Oriente potrebbero portare gli stati a continuare a dare priorità alle spese militari e all’approvvigionamento di armi.

 

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Trasferimenti internazionali di armi

 

Il volume dei trasferimenti internazionali di sistemi d’arma è aumentato del 14 per cento tra i quinquenni 2006-10 e 2011-15. I cinque maggiori fornitori nel periodo 2011-15 (USA, Russia, Cina, Francia e Germania) rappresentano il 74 per cento del volume delle esportazioni. USA e Russia sono i maggiori fornitori di armi dal 1950. Insieme a quelli dell’Europa occidentale hanno storicamente dominato la lista dei primi 10 e non si registrano segnali di cambiamento.

 

Tra i due quinquenni il gruppo ha aumentato la quota sul totale mondiale. A questi però si è aggiunta la Cina, diventata ormai uno dei principali esportatori di sistemi d’arma al mondo. A livello regionale, tra i due quinquenni si registra un aumento del flusso di armi verso il Medio Oriente (61 per cento), l’Africa (19 per cento), l’Asia e Oceania (26 per cento). I trasferimenti di armi verso l’Europa sono invece diminuiti del 41 per cento.

 

Asia e Oceania hanno ricevuto il 48 per cento di tutte le importazioni di sistemi d’arma nel quinquennio 2011-15. Dei cinque principali paesi di destinazione di sistemi d’arma tre si trovano in Asia e Oceania: India, Cina e Australia. Nel 2015 molti dei conflitti in corso erano direttamente collegati all’acquisto di armi dall’estero.

 

Le importazioni di armi in Medio Oriente e Nord Africa hanno subìto un aumento significativo negli ultimi cinque anni. L’impiego da parte degli stati mediorientali di armi importate nel conflitto in Yemen del 2015 ha scatenato un dibattito sulla moralità (se non sulla legalità) di esportare armi verso gli stati della regione.

 

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Embarghi multilaterali sulle armi

 

Nel 2015 erano in vigore 38 embarghi multilaterali sulle armi: 15 imposti dall’ONU, 22 dall’UE e uno dalla Lega degli Stati arabi. Degli embarghi europei, 11 attuavano direttamente decisioni ONU, 3 modificavano la portata geografica o settoriale di embarghi ONU e 8 non avevano alcuna corrispondenza con l’ONU. L’unico embargo della Lega Araba sulle armi (in Siria) non aveva un equivalente nel sistema ONU.

 Nel 2015 l’ONU ha imposto un embargo sulle armi al gruppo armato Houthi in Yemen e ha modificato significativamente l’embargo sulle armi contro l’Iran; l’UE invece non ha imposto alcun nuovo embargo durante l’anno. Nel 2015 sono state segnalate diverse violazioni degli embarghi ONU relative alle esportazioni di armi dall’Iran verso la Libia, effettuate senza l’autorizzazione della commissione ONU incaricata delle sanzioni. Solo l’ONU dispone di meccanismi di monitoraggio sistematico degli embarghi sulle armi.

 


 

Il trattato sul commercio di armi

 La Prima conferenza degli stati membri (CSP1) del Trattato sul commercio delle armi (Arms Trade Treaty, ATT) si è svolta a Cancun, in Messico, dal 24 al 27 agosto 2015. Nonostante il disaccordo su questioni fondamentali durante la fase preliminare, sono state prese decisioni procedurali importanti per l’attuazione dell’ATT, compresa la scelta della sede del suo segretariato. Tuttavia, restano diversi ostacoli da superare prima che l’ATT riesca ad avere effetti pratici: importanti stati fornitori e/o destinatari delle armi, come Cina, India, Russia e Arabia Saudita, non partecipano al Trattato e gli USA devono ancora ratificarlo. Inoltre, per implementare il trattato sarà necessario accrescere le capacità dei paesi membri e il tasso di adesione, in particolare tra gli stati africani e asiatici.

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