Smog off limits: i cinesi inforcano le bici
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Smog off limits: i cinesi inforcano le bici

L’inquinamento in Cina minaccia non solo la salute, ma anche la pace sociale. Così il governo corre ai ripari e invita i cittadini a riprendere a pedalare

Per ovviare a un inquinamento sempre più fuori controllo, il governo di Pechino ha varato un documento dal titolo eloquente: «Codice di condotta per i cittadini che lottano per respirare», nel quale invita gli abitanti delle metropoli a usare le biciclette, a camminare, anziché utilizzare l’auto, a non consumare troppo carbone e a limitare l’utilizzo dell’aria condizionata nelle case. L’inquinamento cinese è legato soprattutto al fatto che la Cina è dipendente dal carbone per il 79 per cento del suo fabbisogno energetico.

Ma anche il traffico ultracongestionato delle città ha un ruolo importante, elemento di assoluta novità nella recente storia cinese: negli anni 80, le città del Dragone erano invase dalle biciclette. E torneranno a esserlo, visto che, anche su indicazione del governo, il bike sharing si appresta a siglare in Cina un nuovo record mondiale, con almeno 650 mila bicilette a disposizione degli utenti.
Pechino prende sul serio la lotta all’inquinamento. Nell’ultimo piano quinquennale ha stanziato quasi 420 miliardi di euro per interventi di protezione ambientale, innanzitutto perché la classe media richiede standard di vita più elevati. Poi perché l’inquinamento, non solo atmosferico, ma anche di terreni e corsi d’acqua, crea enormi problemi di sicurezza alimentare. Infine per garantire «l’armonia sociale», dato che delle 180 mila proteste sociali all’anno, la maggior parte ormai (non esiste il numero preciso, trattandosi di un «segreto di Stato») sono manifestazioni contro fabbriche chimiche e impianti inquinanti. In alcuni casi le proteste hanno costretto il governo a rinunciare a progetti per la costruzione o l’allargamento di stabilimenti industriali.
Per chi vive in Cina, esistono app per smartphone capaci di segnalare in tempo reale il livello di Pm 2,5 (un mix di polveri sottili che consente la misurazione della qualità dell’aria) nelle città. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, il limite massimo di Pm 2,5, a cui una persona può essere esposta giornalmente è di 25 microgrammi per metro cubo. A Pechino e Shanghai quel livello arriva spesso a 500, addirittura 600, tanto che i rivelatori dell’ambasciata americana nella capitale cinese avvisano che la situazione è da considerarsi «hazardous», pericolosa.

In quelle stesse giornate, frequenti in Cina, il governo cinese invia sms ai cittadini invitandoli a non uscire di casa. Talvolta anche le scuole sono chiuse. Non manca chi sulle problematiche ambientali articola il suo business. Per Philips e la sua gamma di depuratori d’aria la Cina è il secondo mercato al mondo dopo gli Stati Uniti: un mercato destinato a crescere del 36 per cento all’anno superando i 15 miliardi di dollari (11 miliardi di euro) entro il 2016.     (Simone Pieranni)
 

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