Mille e una Siria
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Mille e una Siria

La presenza di diverse etnie e gruppi religiosi rende l'approccio al Paese arabo estremamente complicato - Il focus: armi chimiche  - Il duro Assad  - La posizione dell'Italia

Un arcobaleno. Così appare la mappa della Siria realizzata per il Gulf/2000 Project dalla Columbia University . Colori che si sovrappongono e sfumano, rendendo visibile a colpo d'occhio l'incredibile frammentazione di un Paese che è tutto fuorché unitario e proprio per questo - come sottolinea il Washington Post  - è estremamente "complicato".

La mappa disegnata dalla Columbia University colora la popolazione siriana a seconda delle differenze linguistiche ed etniche di gruppi che provengono da quella parte del Medio Oriente dominata da Siria, Libano e Israele. E la convivenza tra i diversi "colori" non è sempre così pacifica. Ci sono delle enclave così come ci sono delle sovrapposizioni tra gruppi diversi. Lo stesso governo siriano, capeggiato da Bashar al-Assad, è il governo di una minoranza, quella alawita, una setta della religione islamica che si contrappone ai sunniti.

Seguendo le indicazioni della mappa arcobaleno, il gruppo maggioritario è quello colorato in giallo e rappresenta gli arabi sunniti. Le gradazioni marroni, invece, indicano i curdi, che si sono schierati con i ribelli contro il regime di Damasco. E poi ci sono gli armeni (colore lilla), i drusi (colore viola), gli arabi cristiani (colore fucsia), gli ebrei (gradazioni di arancio) e gli alawiti (gradazioni di verde). 

Questa colorazione diversa si concretizza a livello politico in scontri e guerre intestine sin dalla notte dei tempi. Bashar al-Assad regna con il suo clan alawita (che rappresenta circa il 12 per cento della popolazione siriana) e i sunniti non possono tollerarlo. Ma, allo stesso tempo, gli alawiti temono che se dovessero voltare le spalle al loro raìs, incorrerebbero nelle decapitazioni a filo di spada da parte dei sunniti. Ecco perché questo lealismo quasi incrollabile nei confronti di Assad.

La mappa suggerisce due diverse interpretazioni. La prima, secondo il Washington Post, è la cosiddetta teoria di Fareed Zakaria , espressa dal commentatore della CNN in un video qualche giorno prima che si cominciasse a parlare di un possibile intervento militare in Siria. Secondo Zakaria, considerando l'origine artificiale (leggasi coloniale) dei confini siriani, nel corso dei secoli le potenze occidentali avrebbero cercato di mettere alla testa del Paese una minoranza che fosse più facilmente controllabile dall'esterno.

Questo non funziona granché se andiamo a vedere la storia della dinastia Assad, perché suo padre prese il potere con un colpo di Stato, ma può comunque spiegare un clima generale di scontro permanente, che è il leitmotiv della Siria dell'ultimo secolo.

Insomma, un divide et impera in chiave moderna, che però non ha fatto altro che esacerbare i rapporti tra le diverse etnie e i gruppi presenti sul territorio siriano. Secondo l'editorialista della CNN, quello a cui assistiamo in Siria da quasi tre anni è "un inevitabile riequilibrio del potere tra le varie etnie e gruppi religiosi", con i sunniti che vogliono spodestare gli alawiti, in stile Iraq post 2003, quando a parti inverse la maggioranza sciita prese il potere in modo violento, sottraendolo alla minoranza sunnita.

In sostanza, Zakaria crede che di fronte a simili scontri qualsiasi intervento sarebbe del tutto inutile, perché non fermerebbe né le violenze né i massacri, che sono parte di "un processo inarrestabile".

Dall'altra parte, però, esiste un secondo modo di guardare alla mappa della Columbia University. Si potrebbe pensare che quella a cui stiamo assistendo sia una guerra di libertà, esplosa sulla scia della Primavera araba e che solo in seconda battuta rientri nella categoria dei conflitti settari. Insomma, una guerra vera e propria, non di sunniti contro alawiti, ma di ribelli che desiderano spodestare un raìs.

Una guerra che ha ulteriormente acuito le differenze etniche e religiose che caratterizzano la popolazione, differenze che però in Siria ci sono sempre state e che alla fin fine hanno sempre convissuto. Questa volta i ribelli combattono non contro gli alawiti, ma per buttare giù un dittatore figlio di un dittatore.

Quale teoria è quella più vicina alla realtà? Difficile a dirsi, ma la mappa-arcobaleno della Siria consiglia di essere molto prudenti prima di esprimere un giudizio, perché il Paese è talmente complicato da essere difficilmente comprensibile, almeno a prima vista.

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Anna Mazzone