bombardiere russo turchia
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Russia-Turchia, 10 punti per capire le ragioni dello scontro

All’ombra del jet abbattuto ci sono i ribelli turcomanni, l’espansionismo russo e i rapporti commerciali, il territorio da spartire in Siria e Iraq

Se non fosse una tragica realtà, questa stagione di guerra e sangue internazionale sembrerebbe la trama di un film eccezionale. Neanche George Lucas, Orson Wells, Oliver Stone o Steven Spielberg messi insieme lo avrebbero saputo concepire meglio.

Un nemico vestito di nero crudele e implacabile, animato dal desiderio di sottomettere il mondo intero sotto il suo vessillo, che terrorizza popoli e infligge loro pene medievali. I buoni che, in nome di una lotta contro il male oscuro, sotterrano le proprie inimicizie e uniscono le forze per sommergere di bombe gli uomini in nero. Ma il nemico non soccombe, anzi resiste e alimenta ancor più il terrore. Ed è proprio allora che i buoni si dividono e tornano a farsi la guerra tra loro.

L’abbattimento di un caccia militare russo da parte della contraerea turca è purtroppo l’ultima scena di una vergognosa farsa da parte della comunità internazionale, che finge di voler sconfiggere lo Stato Islamico quando invece persegue tutt’altro obiettivo, diverso ciascuno per parte propria. Una comunità internazionale che la settimana prima si stringe la mano al G20 e quella dopo si spara sui cieli della Siria. Che rifornisce di armi le stesse persone che poi dovrebbe combattere e che da tutto ciò trae profitti immensi, anche sui mercati finanziari.

Perciò, analizzare le dinamiche di una guerra sempre più internazionale - verrebbe la tentazione di dire mondiale - e dividere il campo tra alleati e avversari, è compito arduo e infelice. Ma, nonostante ciò, vi sono comunque alcune certezze anche in questa sceneggiatura di morte ambientata in Medio Oriente.

Ecco quali sono:

1 - L'intervento della Russia

L’intervento della Russia ha sconvolto completamente gli equilibri della guerra e ha alzato il livello dello scontro, portandolo da uno tra eserciti di terracotta a uno tra eserciti di ferro. Mosca si è ostinatamente infilata dentro un territorio pericoloso, abitato da un nemico infido e resiliente, da cui persino gli Stati Uniti e il Regno Unito si tengono bene alla larga.

 

2 - Il generale sciita

Il 24 novembre, insieme alla notizia dell’abbattimento di un caccia e dell’elicottero per il recupero dei piloti (almeno due sono i morti confermati), a Mosca è arrivata anche la comunicazione secondo cui sarebbe stato gravemente ferito Qassem Suleimani, il generale iraniano che con le sue truppe scelte dirige e coordina molte delle operazioni di terra dell’esercito siriano, di Hezbollah e delle milizie volontarie pro Assad. Se confermato, sarebbe un colpo duro per il fronte sciita-siriano, che perderebbe una leadership esperta e carismatica.

3 - Le truppe turche sul campo

Di fronte a questa strenua resistenza dei ribelli, il Cremlino deve perciò impegnare sempre più direttamente i propri soldati. E scopre che anche la Turchia è già sul campo, se non altro per contiguità territoriale, dal momento che non solo sta combattendo direttamente le milizie curde del PKK, ma favorisce anche le sorti di molte milizie ribelli grazie ai passaggi sicuri al confine siriano, dov’è sorta una nuova economia di guerra che si alimenta di contrabbandi di ogni genere, dalle armi al petrolio, dagli uomini ai passaporti.

4 - I ribelli turcomanni

 Tra queste milizie, Ankara protegge anche i turcomanni, gli autori del barbaro video in cui sparano al paracadutista russo mentre atterra e poi ne mostrano il corpo inerme. I veri protagonisti di questo episodio bellico sono proprio loro: i ribelli turcomanni sono concentrati soprattutto nella zona di Bayırbucak; sono espressione di un popolo che in questa regione conta circa ottanta, forse centomila anime (lo 0,6% della popolazione); militano tra quelle armate che combattono Assad e che la Russia sta duramente attaccando nel quadrante Idlib-Aleppo. All’origine dell’”incidente diplomatico” tra Mosca e Ankara, dunque, c’è anche questo elemento microscopico.

 

5 - L'espansione russa sul territorio

Se allargassimo la lente d’ingrandimento si vedrebbe poi che Mosca, in vista di un futuro stato a guida russa, ha già installato veri e propri possedimenti nella zona, un po’ più a sud lungo la costa siriana, dove i russi peraltro sono di casa da decenni. Ankara, però, non ha alcuna intenzione di rassegnarsi all’idea di ottenere da questa guerra meno di quanto aveva prima e non vuole cedere la propria influenza per favorire una superpotenza, per quanto amica. Perciò, non si tira indietro neanche quando c’è da attaccare direttamente la Russia, convinta che l’Alleanza Atlantica - di cui Ankara fa parte e Mosca invece no - non possa far altro che assecondare il suo gioco.

 

6 - Si ridisegnano i confini geopolitici

Tanto la Russia quanto la Turchia sanno che in conseguenza della guerra siro-irachena questi due paesi presto non esisteranno più. L’Iraq e il suo governo appaiono rassegnati all’idea di dover perdere il nord del proprio territorio in favore di un Kurdistan de facto e di un’area sunnita che dovrà essere regolata, una volta finita la guerra, in ambito internazionale. Anche perché l’esercito dello Stato Islamico si può abbattere, ma la sua popolazione resta. Questo spiacerà a molti, sicuramente all’Iran, che ragionevolmente può almeno mantenere la speranza di strappare in Iraq una federazione anziché una scissione in più stati. Ma il percorso appare comunque segnato, anche se non sarà certo breve. Nonostante tutto, almeno sarebbe la pace.

 

7 - Il destino della Siria

La Siria avrà invece un destino più complicato. Se lo schema iracheno è osservabile, quello siriano è di là da venire. Ricomporre il mosaico di alleanze e odi tra le popolazioni che sinora erano state tenute insieme e contenute dalla tirannide di Assad, non appare più possibile. Perciò, meglio dividere subito quello che non si può riunire. Mosca, in questo caso, avrebbe avuto ragione del proprio intervento e si siederebbe al tavolo della pace da vincitore.

La Turchia invece avrebbe molto da perdere, soprattutto nel caso in cui la negoziazione del dopoguerra dovesse essere condotta da Mosca, che potrebbe non voler concedere ad Ankara, rea di volerne ostacolare i progetti, gli ampi spazi che invece il presidente Erdogan insegue, a cominciare dall’annessione delle regioni turcofone.

 

8 - Le relazioni economiche tra Russia e Turchia

 La Russia è uno dei più forti alleati di Ankara e la “pugnalata alle spalle”, come Putin ha definito l’abbattimento dell’aereo da caccia, potrebbe costare caro a Erdogan, in ragione delle forniture di gas, delle tecnologie per la costruzione della centrale nucleare di Akkuyu, e più in generale delle relazioni economiche che legano i destini turchi a quelli russi. Ma se la Russia ha bisogno di questo mercato e cercherà di smorzare l’ira in ragione di un interesse superiore, la Turchia vuole dimostrare che la partita siriana è anche un suo affare e non cederà prima di aver ottenuto l’assicurazione che le regioni turcofone della Siria finiranno un giorno sotto il controllo diretto di Ankara.


 

9 - Bashar Al Assad

 Tutto questo al netto del presidente Bashar Al Assad, che osserva paziente la scomposizione e ricomposizione della sua Siria da parte di attori internazionali che ormai detengono i suoi destini. Anche qui Mosca sarà pronta a cedere al momento opportuno, per la gioia di Erdogan e della Turchia. Insomma, il cinismo è la vera religione da opporre all’Islam radicale in questa sporca guerra.

10 - Lo stato islamico

Ci sarebbe poi da dire qualcosa sull’esercito dello Stato Islamico, il vero mistero del Medio Oriente, solo contro tutti eppure ancora lontano dallo essere sconfitto. Succederà, ovviamente. Ma intanto quest’accozzaglia di militari, fanatici religiosi, disperati e sanguinari tagliagole, è riuscita da sola a minare le granitiche certezze dell’Occidente, propagandando i fasti perduti dell’era dell’Islam califfale, facendo venire a galla le contraddizioni e le debolezze della comunità internazionale e distruggendo il Medio Oriente disegnato dalle potenze europee solo un secolo fa. Alla fine dei conti, il film che stiamo osservando potrebbe avere questo titolo: “Il Califfato che visse due volte”.

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Luciano Tirinnanzi