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Questa volta l'accordo di pace tra Farc e Bogotà non è un bluff

La garanzia della solidità del processo di pace sta nel luogo dove è stato siglato l'accordo: Cuba, storico finanziatore delle guerriglie latinamericane

Le fondamenta perché l'accordo di pace tra le Farc colombiane e il governo colombiano di Juan Manuel Santos possa reggere anche nei prossimi anni, ponendo fine alla più lunga guerra civile di tutto il continente latinoamericano, appaiono, questa volta, più solide. L'accordo tra il presidente colombiano e il comandante delle Farc Timoshenko (il cui vero nome è Rodrigo Londono Echeverri) è stato infatti siglato a Cuba, il Paese che per decenni ha finanziato e aiutato tutti i gruppi guerriglieri latinoamericani.

Che sull'accordo, insomma, ci metta la faccia il fratello di Fidel, è una garanzia di solidità. È la prova provata che qualcosa potrebbe cambiare anche in Colombia e forse anche la conseguenza di quel riavvicinamento tra Cuba e Stati Uniti i cui effetti potrebbero dispiegarsi anche in altri Paesi latinoamericani dove, anche dopo il 1989, è proseguita una guerra civile a bassa intensità dove gli attori in gioco, guerriglieri, formazioni paramilitari ed eserciti regolari, non avevano ormai da anni più la speranza di annientare il nemico, combattevano per mantenere le posizioni. 



Quel che resta delle rivoluzioni in America Latina

Che sull'accordo, ci metta la faccia il fratello di Fidel, è una garanzia di solidità. È la prova provata che qualcosa potrebbe cambiare anche in Colombia e forse anche la conseguenza del riavvicinamento tra Cuba e Stati Uniti

L'unico elemento ancora dubbio di questo accordo - dove l'altro Paese mediatore era la Norvegia - rimane la questione pratico-politico delle conseguenza giudiziarie del conflitto, il sottile confine tra immunità per chi si è macchiato di reati di sangue (dai guerriglieri alle formazioni paramiliari finanziate da governo e terratenientes) e giustizia. È un problema che in Italia, dopo la seconda guerra mondiale, fu risolto con un'amnistiamolto amplia nei confronti di chi - tra le fila della Repubblica sociale -  si era macchiato di reati di guerra. Fu, allora, nonostante le inevitabili polemiche, l'unico modo per voltare pagina.

I meccanismi giuridici creati per garantire "la verità, la convivenza, la riparazione per le vittime, la giustizia e la non ripetizione del conflitto" sono ancora da definire. Ma ci sarà l'istituzione di numerosi tribunali speciali per giudicare i crimini commessi dai combattenti e la formazioni, composti da magistrati colombiani, ma con l'assistenza di giuristi stranieri. L'intesa prevede anche risarcimenti per le vittime e l'amnistia per i combattenti - sia per i membri delle Farc che per le forze paramilitari colombiane - tranne quanti si sono macchiati di crimini di guerra particolarmente gravi.

Su questa questione, ci sarà inevitabilmente una discussione per capire come evitare di trasformare un'amnistia necessaria in un colpo di spugna generalizzato che potrebbe produrre, nell'opinione pubblica, strascichi di risentimento e rivolte difficilmente gestibili. C'è anche un termine temporale affinché le negoziazioni sui punti più critici dell'accordo si concludano in un tempo ragionevole: sei mesi, termine oltre il quale tutte le formazioni armate colombiane dovrebbero consegnare le armi. Per la Colombia, dove le Farc controllano ancora oggi circa un terzo del territorio, per lo più nella selva, sarebbe una svolta epocale che consentirebbe anche di realizzare una guerra contro il narcotraffico che, fino a oggi, è stata resa complessa dalla presenza dei guerriglieri nelle aree dove ci sono i cocaleros, i contadini raccoglitori di foglie di coca. 

L'intesa firmata si aggiunge agli accordi già definiti riguardo agli altri punti della trattativa, come la riforma rurale (maggio del 2013), la partecipazione politica degli ex guerriglieri (novembre 2013) e la produzione e vendita di droga (maggio 2014), lasciando la via spianata per la questione del disarmo della guerriglia e il cessate il fuoco definitivo. Timoshenko da parte sua ha sottolineato che il sistema giudiziario creato per garantire che non vi sia impunità totale dovrà occuparsi non solo delle attività della guerriglia, ma anche degli altri protagonisti degli scontri violenti, come le forze di sicurezza e le organizzazioni paramilitari.

La mediazione di Cuba, e il sostegno degli Stati Uniti,  sono la miglior garanzia affinché questo accordo per porre fine a un conflitto che iniziò nel 1964 non sia l'ennesimo flop.


Il patto a L'Habana

YAMIL LAGE/AFP/Getty Images
Raul Castro abbraccia il prresidente colombiano Juan Manuel Santos e il capo guerrigliero Timoleon Jimenez

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