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Psicosi islamica negli Usa: e se, anziché Ahmed, si fosse chiamato John?

Il caso del giovane arrestato a Dallas per un orologio che un insegnante ha scambiato per una bomba riapre il dibattito sulla discriminazione in America

Chissà che cosa sarebbe accaduto se, anziché Ahmed Mohammed, il ragazzino di 14 ammanettato e arrestato mercoledì, in un liceo alla periferia di Dallas, si fosse chiamato John Brown e avesse avuto trisavoli rigorosamente wasp e irlandesi. Probabilmente nulla. E probabilmente la sua invenzione, un orologio artigianale che il giovane Ahmed aveva portato in classe per mostrarlo orgogliosamente agli insegnanti, sarebbe stata accolta con tribudio e comunque mai sarebbe stata scambiata per un ordigno esplosivo.

Effetti collaterali della psicosi anti-musulmana in America. Conseguenze di un clima avvelenato di cui il primo ad accorgersi è stato, non a caso, Barack Obama, il presidente nero, figlio di un musulmano kenyota, che non è riuscito a sanare la storica contrapposizione razziale in America, ma che - di fronte a casi di cronaca così eclatanti - è sempre pronto a twittare solidarietà, cogliendo la palla al balzo con perfetto tempismo politico. 

«Bell'orologio, Ahmed. Vuoi portarlo alla Casa Bianca? Dovremo insegnare a più ragazzini come te ad amare la scienza. È quello che rende grande l'America!» gli ha subito scritto il comandante in capocon un messaggio ritwittato in poche ore, in tutto il mondo, da 373 mila follower, a dimostrazione di un fiuto politico, comunque la si pensi, non comune.

 E dire che l'orologio autoprodotto da Ahmed era stato mostrato prima anche dal docente di ingegneria. Eppure, quando quando la suoneria è entrata in azione durante l'ora di un altro insegnante, il ragazzo è stato arrestato, portato al vicino commissariato per un'interrogatorio, e senza nemmeno attendere che cosa avessero da dire gli inquirenti, sospeso dalla scuola per tre giorni. Ci è voluto quel «il caso è chiuso» del capo della polizia, Larry Boyd, pronunciato il giorno dopo l'arresto del ragazzo, per cominciare a mettere ordine in un puzzle impazzito, di sospetti e possibili ossessioni securitarie di cui a pagare le spese sono spesso le minoranze etniche. 

«Mio figlio vuole solo inventare cose buone per l'umanità ma siccome si chiama Mohammed ed è appena trascorso un altro 11 Settembre è stato maltrattato» ha sintetizzato il padre Mohammed, che si è ritrovato sotto casa (senza volerlo) un nugolo di cronisti pronti a raccoglierne la testimonianza. Pare che il ragazzino, dopo quanto avvenuto, stia meditando di cambiare scuola. E le organizzazioni antirazziste americane sono tornate all'attacco, denunciando un clima dove chiunque, per il colore della pelle o l'appartenenza religiosa, può essere catapultato in un incubo. In questo caso, a lieto fine.

Ben Torres/Getty Images
Ahmed Mohamed

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Paolo Papi