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Perché con Donald Trump il soft power americano non funziona più

Turisti e studenti in fuga da un paese in cui non si sentono più sicuri

L'immagine degli Stati Uniti nel mondo sta pagando le conseguenze della sfacciata retorica nazionalista di Donald Trump. Secondo i dati di un sondaggio realizzato dal Pew Reseach Centre, la percezione dell'America da parte del resto del mondo sarebbe drasticamente peggiorata da quando la guida degli Stati Uniti è passata nelle sue mani.

I numeri del declino

I numeri sono disarmanti: raggiungendo più di 40mila persone in 37 nazioni diverse, i ricercatori americani sono arrivati alla conclusione che solo il 22 per cento degli intervistati si fida delle scelte di politica internazionale di Trump. Poco più di un terzo di quel 64 per cento che, invece, appoggiava il suo predecessore Barack Obama. Lo scetticismo nei confronti delle idee di politica estera della nuova amministrazione è ancora più marcato in Canada e Messico, ma anche in Europa e in Asia, mentre sia in Russia che in Israele Trump piace decisamente più di Obama. 

Le conseguenze del crollo dei consensi

Il sondaggio di Pew ha messo in chiaro un forte disappunto nei confronti di una serie di dossier: la costruzione del muro al confine col Messico, una politica di immigrazione più restrittiva, i passi indietro sui negoziati commerciali e sul clima. Decisioni, queste, che per l'opinione pubblica internazionale comfermano quando Trump sia un leader forte, ma anche arrogante, intollerante, poco qualificato, poco carismatico, e forse anche un po' pericoloso.

Turisti in fuga

Nell'estate del 2017 gli Stati Uniti hanno registrato una contrazione nel numero di turistiin entrata del 3,5 per cento rispetto all'anno precedente. E ancora prima che il crollo di visite prendesse forma, la Global Business Travel Association aveva stimato una perdita netta per l'economia americana di almeno 1,3 miliardi di dollari (e 4.200 posti di lavoro) per il 2017 proprio per introiti perduti nel comparto turistico. 

L'esodo degli studenti

I turisti non sembrano essere gli unici a tenersi alla larga dagli Stati Uniti. Anche gli studenti stranieri che si iscrivono nelle università americane sono sempre di meno. Le ultime statistiche parlano di una contrazione del 7 per cento, che diventa ancora più preoccupante quando si esaminano le ragioni che l'hanno provocata: il 68 per cento degli atenei ha accolto meno stranieri o perché i visti per i candidati sono stati o emessi con grave ritardo o rifiutati. Nel 2016 le università che segnalavano problemi simili erano solo il 33 per cento del campione. Ancora più sbalorditivo il fatto che il 57 per cento degli atenei si è sentito penalizzato dalla "nuova atmosfera negativa" che si respira negli Stati Uniti. Nel 2016, solo il 17 per cento degli intervistati aveavo segnalato questa difficoltà.

Un declino prevedibile

"La fuga degli studenti dagli atenei americani era prevedibilissima, per almeno tre motivi", spiega Mario del Pero, docente di Storia delle Relazioni Internazionali a Sciences Po. "Anzitutto entrare negli Stati Uniti dall'11 settembre in poi è diventato più complicato e costoso per tutti. In secondo luogo, le politiche di Trump e il suo lessico rozzamente nazionalista hanno contribuito a disincentivare tanti giovani a completare gli studi in America, paese che per alcune nazionalità in particolare è diventato ostile. Infine, i Campus statunitensi soffrono ormai anche per una competizione globale particolarmente agguerrita. Ed è ovvio che se a studenti che non si sentono più benvenuti in America si offrono anche alternative di ottimo livello in Europa e in Asia, le immatricolazioni oltre Atlantico ne risentano". 

L'immagine degli americani non è ancora a rischio

A guardare bene i sondaggi l'impressione generale è che l'immagine degli americani non sia ancora a rischio. Il 58 per cento degli intervistati da Pew conferma un'opinione favorevole del paese, del suo popolo, della sua cultura e dei suoi valori. Il problema, quindi, sembra essere Trump e l'immagine negativa che si sta costruendo nel mondo. 

E così, mentre l'America vede erodersi il suo soft-power, il suo appeal e il suo prestigio all'estero, il dilemma con cui Washington si confronta da decenni diventa più attuale che mai. Come ricorda Del Pero, "è dagli anni '70 che l'America cerca di consolidare il consenso interno sfruttando una politica estera interventista e costosa giustificata dalla necessità di proteggere il paese dalle minacce che arrivano dall'estero. E per ovvie ragioni forzando troppo la mano su questa linea si finisce con l'alienarsi il sostegno internazionale. Come allineare i due consensi, all'interno e all'estero, rendendoli complementari è sempre stato un problema per gli Stati Uniti, e non è un caso se il popolarissimo Obama (all'estero) lo fosse molto meno in patria, mentre per Trump vale esattamente il contrario". Riallineare i due consensi per salvare la propria immagine è oggi più urgente che mai. Per questioni di prestigio, di soft-power ma anche di bilancio. Il Presidente Trump, però, sembra più interessato ai propri elettori che a chi lo osserva fuori dal confine americano.



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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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