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FRANCOIS GUILLOT/AFP/Getty Images
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Parigi, l'orrore nel racconto dei testimoni

Le storie di chi stanotte era allo stadio, al Bataclan o nelle strade della città

In fuga dal concerto

Cesar Lardon ha poco piu di vent'anni. Ieri sera era al concerto nel teatro Bataclan durante l'attacco terroristico che ha sconvolto Parigi.Questo il suo drammatico racconto all'agenzia Ansa.

Il concerto era cominciato da un'ora, forse un po' meno, quando abbiamo sentito dei colpi molto secchi e molto forti. All'inizio ho pensato fossero petardi, o qualcosa del genere. Mi sono voltato e ho visto delle persone che hanno cominciato ad urlare e ci siamo tutti gettati a terra. E tutti a quel punto abbiamo capito. C'erano delle persone con armi da fuoco e a quel punto è scattato il panico. Non so come descriverlo, ho sentito una sorta di vulnerabilità... È durato cinque, lunghissimi minuti, in cui non potevamo fare nulla, soltanto ascoltare i colpi d'arma da fuoco e le persone che si riparavano dietro di me. Io ho avuto la fortuna di stare nelle prime file del concerto. I terroristi sono saliti al secondo piano. I colpi d'arma da fuoco si sono fermati per uno o due minuti. In quel momento la folla ha iniziato a dirigersi verso l'uscita che si trova alla sinistra del palco. Ho potuto raggiungere l'uscita anche se in modo difficoltoso, camminando sui corpi delle persone. C'erano persone a terra. Sono corso verso le scale e quando sono arrivato fuori ho visto altre persone a terra. A quel punto ho cominciato a correre, cercando di allontanarmi il più possibile dal Bataclan. Mi sono rifugiato da alcune persone che abitavano lì vicino".

"Ho visto che sparavano a vista. Cioé sparavano senza fare alcuna distinzione. Ma non la definirei un'esecuzione sommaria, nel senso che non hanno allineato la gente contro un muro per sparargli. Sparavano alle persone che si trovavano davanti a loro. Colpivano le persone che si paravano loro di fronte e basta. Per ucciderle. (ANSA). 

Poliziotti ovunque

"Boulevard pieni di ambulanze, polizia ovunque e tanta tensione". Niccolò, italiano, fotografo di un'agenzia francese, è arrivato sul luogo dell'attentato - quello alla sala concerti Bataclan - qualche minuto dopo le prime deflagrazioni. "Sono arrivato prima a Place de la Republique e poi sono riuscito ad avvicinarmi fino a una cinquantina di metri dal Bataclan. La tensione era palpabile, anche tra i poliziotti. Erano ovunque. Nelle strade vicine stazionavano tantissime ambulanze e sul posto sono arrivati anche i militari. Ho visto - racconta all'ANSA - tanta gente che correva, persone ferite. Nei bar della zona, tutti aperti, sono stati allestiti dei mini-ospedali di fortuna per soccorrere le persone riuscite a scappare dalla sala concerti, locale storico a Parigi". Una scena, tra le tante, è rimasta scolpita nella mente di Niccolò. "C'era un cadavere disteso a terra, lo copriva una coperta. Un poliziotto mentre gli metteva una targhetta di riconoscimento al polso si è tolto il casco. Mi ha colpito, ho 'scattato'".

Nascoste dietro il bancone di un bar

"Sto andando a Parigi a riprendere mia figlia: ieri sera era in un ristorante vicino al Petit Cambodge ed ha visto i terroristi passare e poi sparare. È fuggita e si è messa in salvo con un'amica. È sotto shock ed anch'io lo sono". È il racconto, all'aeroporto di Fiumicino, della signora Antonella, di Roma, in partenza per Parigi per raggiungere la figlia 17enne, del Liceo Virgilio, che è nella capitale francese per uno scambio didattico, previsto fino al 20 dicembre. 

"Da quello che mi ha raccontato al telefono - prosegue la signora - mia figlia e l'amica sono scappate e si sono nascoste in una sorta di american bar, dietro un bancone: sono rimaste lì fino all'una/due di notte finché la polizia non ha dato il via libera per lasciare l'area, ma non sono riuscite a raggiungere l'appartamento. Sono andate in un albergo. Solo questa mattina, con un taxi, sono riuscite a raggiungere la loro abitazione".

Vivere a due passi dalla follia

"Stamattina c'è silenzio. Il perimetro dell'isolato è delimitato dalle strisce rosse e bianche. La scientifica sta lavorando. Tute bianche e tute nere armate, insieme. Non possiamo uscire per ora. Fuori una scena quasi di guerra: sangue nei marciapiedi e vetri rotti". È il racconto all'Ansa di Aurora Sanseverino, italiana che da anni vive a Parigi con la famiglia, due bimbi di cinque e 11 mesi. La sua casa è al centro del quadrilatero della morte nel decimo arrondissement fra rue de la Fontaine au Roi, rue Bichat, rue du Faubourg du Temple dove stanotte si è scatenata la furia degli attacchi a colpi di arma da fuoco contro ristoranti e bar.

"La vita ricomincia eccetto nel mio quadrilatero dove il tempo è sospeso. Con alcuni vicini ci siamo ritrovati nel cortile del palazzo. La portinaia ha visto, abita al piano terra e il portone di casa è di vetro. Racconta del giovane ferito e accasciato a terra e della polizia, delle ambulanze e la notte insonne", racconta Aurora. "Noi abitiamo lì. A pochi metri da dove è successa questa follia. Abbiamo sentito gli spari e poi le sirene, incessanti. Non abbiamo chiuso occhio. Ci ero passata davanti poco prima ieri sera, tornando dalla riunione della scuola di mio figlio, che è proprio lì accanto, a pochi metri dal Petite Camboge". 

Allo stadio per la partita

"Ero allo stadio per la partita quando abbiamo sentito l'esplosione ma non abbiamo visto niente. Non ci hanno spiegato nulla mentre eravamo dentro lo stadio, hanno aspettato la fine della partita per evitare la fuga della folla. C'era molta polizia e altrettanti elicotteri. Quando siamo usciti dallo stadio ci hanno spiegato la situazione, anche perché abbiamo chiesto spiegazioni visto che ci veniva impedito a prendere le nostre moto per tornare a casa".

A raccontarlo è Houssen Roudesly, studente universitario tunisino che vive a Parigi e che era allo Stade De France per Francia-Germania.

Sparavano e urlavano Allah Akbar

 "Sparavano in pieno sulla folla e urlavano Allah Akbar": così un testimone racconta "l'inferno" vissuto a Bataclan. "Sono arrivati degli uomini, hanno cominciato a sparare vicino all'entrata" utilizzando "fucili a pompa".

"Tutti si sono buttati a terra, quelli continuavano a sparare, un inferno", ha raccontato a France Info. Un altro giovane a Le Figaro parla del "caos" nella sala del Bataclan: "una canzone stava per finire quando ho sentito il suono di esplosioni come dei petardi, ho visto un uomo con un arma automatica sparare in aria, tutti si sono buttati a terra". Da quel momento, ha aggiunto, "e' l'istinto che prende il sopravvento, a ogni raffica cercavamo di allontanarci il piu' possibile da chi sparava".

La paura della mamma in Italia

 "C'erano ambulanze ovunque, la città era deserta. Io correvo, guardavo la mappa e rispondevo al telefono. Non capivo più niente. Alla fine ci siamo rifugiati in un albergo e all'alba siamo tornati nel nostro hotel con un taxi". Questo il drammatico racconto di Elisabetta Franco, 27 anni, di Taggia (Imperia), che ieri sera si trovava a Parigi col fidanzato Marco Pais, durante l'escalation di violenza.

"Ci trovavamo in un locale jazz di Rue Tivoli e poche ore prima siamo passati vicino a quel ristorante assalito dai terroristi. Quando siamo usciti per fumare un sigaretta, abbiamo visto sullo smartphone decine di telefonate senza risposta di amici, genitori e parenti". Prosegue Elisabetta: "Ho subito chiamato casa, pensando che fosse accaduto qualcosa e mia madre è scoppiata in lacrime. Ci urlava di fuggire. 'Ammazzano le persone', gridava. Cosi' siamo scappati via. I ponti erano deserti. C'era la gente che si rifugiava nei condomini e noi abbiamo trovato ospitalita' in un albergo vicino Notre Dame, perche' il nostro hotel, nei pressi del Quartiere Latino, non era raggiungibile. C'erano tutte le strade chiuse". 

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