Omicidio Nemtsov, attenzione alle accuse
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Omicidio Nemtsov, attenzione alle accuse

Putin mandante dell’omicidio? Alcune ipotesi sono ancora più inquietanti rispetto alla pista che porta al Cremlino. Ecco tre scenari possibili

Per Lookout news

Mentre l’opinione pubblica occidentale si tuffa a capofitto sul caso Nemtsov, accusando apertamente Vladimir Putin e il suo governo di essere i mandanti dell’omicidio, sono le parole dell’ex leader sovietico Mikhail Gorbaciov a fare un po’ di chiarezza sulla vicenda. Gorbacev, vale la pena ricordarlo, non è certo uno strenuo difensore del presidente Putin ed è piuttosto l’uomo che con le sue riforme - all’insegna della trasparenza (glasnost), del dialogo con gli USA e della ristrutturazione (perestroika) del Paese - contribuì più di tutti al crollo dell’URSS.

 “Il delitto sul ponte è un tentativo di spingere la situazione verso una complicazione, forse anche di destabilizzare il Paese, di rafforzare l'opposizione”, afferma sul tema Gorbacev, indicando così una mano esterna al Cremlino e forse anche alla Russia stessa.

 Che quello di Boris Nemtsov sia un delitto politico è palese, ma conviene riflettere bene sui vantaggi che sarebbero derivati al governo da una simile pubblicità. Vladimir Putin ha certamente fatto della durezza e del machismo la cifra stilistica del suo potere, ma la prudenza non gli è estranea.

Chi ha ucciso Boris Nemtsov (e perché)


Putin, la tigre siberiana
Sotto i suoi governi - tra presidenza e premierato è in carica dal 1999, tra i più longevi capi di Stato - abbiamo assistito alla sconfitta di quella parte di oligarchi che non si sono allineati alla sua politica, al terrorismo ceceno, alla guerra in Ossezia, alla ricostruzione economica e militare del Paese. Tutti dossier gestiti con l’aggressività di una tigre siberiana, e dai quali il presidente è uscito vincitore.

 Ma va ricordata anche la prudenza adottata dalle Torri Gemelle fino al conflitto odierno in Siria e in Iraq, in mezzo ai quali troviamo un costante avvicinamento politico-diplomatico all’Europa e all’Ucraina, che deve aver fatto arrabbiare non poco gli Stati Uniti.

 Vero è che in mezzo a tutto questo emergono gli omicidi Litvinenko e Politkovskaja, che non hanno mai avuto la soddisfazione di conoscere il responsabile, ma il loro peso e la loro importanza - in una parola, i loro segreti - andavano ben oltre quello di Boris Nemtsov.

Così Putin ha messo a tacere le opposizioni


Gli argomenti di Nemtsov
Ieri, in piazza, il popolo ha manifestato, ribadendo tutte le richieste che erano nel manifesto politico di Nemtsov: un sistema di accesso più democratico per tutti i partiti alle elezioni, una giustizia efficiente e pulita, fine della propaganda e di ogni forma di censura, riforma del sistema giudiziario, riduzione dei costi nel settore militare, investimenti nella sanità e nell'istruzione, annullamento delle “contro-sanzioni” che hanno portato all'aumento dei generi alimentari, fine della guerra contro l’Ucraina.

 Gran parte di quelle richieste degli “amici di Nemtsov” sono le medesime che vengono poste ogni giorno dalle opposizioni italiane in piazza e in parlamento, e non sono certo argomenti così pericolosi da giustificare un omicidio nei confronti di chi li esprime. Vladimir Putin, in un periodo di tali difficoltà interne ed esterne, avrebbe tratto giovamento da un simile episodio? Forse qualcosa non torna. Vero è che la vittima stessa temeva per la sua vita, ma accusare Vladimir Putin in Russia è come dire “piove, governo ladro” in Italia.

Tre scenari possibili
Al momento gli scenari possibili, al netto delle prove sinora raccolte, sono tre, ai quali occorre però fare un preambolo: essere all’opposizione non significa per forza essere moderati. L’opposizione, in Russia come in Ucraina, in Francia come in Italia, si compone spesso anche di ultranazionalisti, frange di estremisti, anarchici o, nel caso della Germania, direttamente di neonazisti. Non va dimenticato, inoltre, che l’opposizione in Russia non è fatta dalle Pussy Riot o dalle Femen, ma da quella parte di oligarchi che non sono più in ottimi rapporti con il presidente, così come da ex militari insoddisfatti.

Ciò detto, il primo scenario vede l’omicidio di Boris Nemtsov compiuto per ordine diretto di Valdimir Putin, per far capire a chi gli si oppone che mettersi contro di lui “fa male alla salute”. In questo caso, bisognerebbe indirizzare le ricerche all’interno dell’FSB, il servizio segreto erede del KGB di cui Putin stesso faceva parte, in quanto l’omicidio - e questo è ormai acclarato - è stato compiuto da un vero professionista.

Il secondo scenario vede Nemtsov ucciso per contrasti interni alle opposizioni russe, in cui Putin non è coinvolto direttamente, e le ricerche vanno allora indirizzate all’interno delle lotte intestine della politica minoritaria, che vuole creare un terremoto politico per destabilizzare il governo. In questo caso, va considerato anche l’aspetto relativo alla guerra in Ucraina.

 Il terzo scenario vede invece un vero e proprio complotto per mettere in cattiva luce lo stesso Vladimir Putin e dimostrare la tesi precostituita che la Russia è una dittatura ferocissima e che l’Occidente deve avversarla in ogni modo.

Del resto, che vi sia in atto un tentativo da parte degli Stati Uniti per destituire il leader russo non è un segreto: la guerra in Ucraina è conseguenza di una forzatura di Washington, che intende scippare il Paese e l’Europa orientale al controllo energetico di Mosca, così come le sanzioni che l’UE ha comminato obtorto collo alla Russia sono la prima conseguenza di questa politica, che ha nel calo del prezzo del petrolio il suo prosieguo. A questo scenario si riferisce probabilmente Michail Gorbacev.

 

La “pistola fumante”
Il fatto poi che la pistola che ha ucciso Nemtsov sia già stata identificata (notizia ancora da verificare) come una semiautomatica Makarov, stesso tipo di arma in dotazione delle forze armate russe e identico modello con il quale venne assassinata Anna Politkovskaia nel 2006, pone seri dubbi sulla natura dell’omicidio. Può un professionista lasciare la propria firma in modo così palese?

 Dunque, calma e sangue freddo. La posizione dell’Occidente che vede nella Russia di Putin una mostruosa dittatura è in parte imprudente e da rivedere. La Russia non è certo un campione di democrazia ma va pure detto, come afferma un analista italiano di San Pietroburgo: “Non vedo posti di blocco a ogni dove o gente che mostra un'evidente paura ad affrontare certi temi, com’è tipico delle dittature serie. Per esempio, posso vedere su internet testate come la CNN o BBC, che non sono affatto oscurate. Che questo sia un posto dove sei controllato a vista, dove i gay vengono cercati casa per casa per poi picchiarli, dove si muore di fame e dove si nutrono ambizioni belliche finalizzate a conquistare il mondo, sono solo miti. Il problema della Russia non è tanto nella mancanza di libertà, quanto nella corruzione capillare, nell'evasione fiscale, nell'inadeguatezza delle infrastrutture e nell'alcolismo”.

Quelle che giungono invece dal presidente ucraino Petro Poroshenko, “un amico distrutto a colpi di arma da fuoco, penso non sia un caso” sono le parole di un presidente in guerra che non esita a bombardare e a sparare sulla propria gente. Se c’è una risposta alla mano che ha barbaramente ucciso Boris Nemtsov, forse va cercata proprio all’interno dei meccanismi che regolano il conflitto ucraino, dove i cadaveri sono ancora caldi e dove 6mila persone sono morte per una questione molto meno nobile della libertà di espressione.

 

In piazza dopo la morte di Metsov

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Una foto di Boris Nemtsov alzata durante la manifestazione a Mosca - 1 marzo 2015

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Luciano Tirinnanzi