Il nemico in casa: gli occidentali che combattono con l'Isis
Miliziani dell'Isis (Ansa)
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Il nemico in casa: gli occidentali che combattono con l'Isis

Gli ultimi due casi parlano di due ragazzi, uno gallese e l'altro francese: in totale sono almeno quindicimila gli jihadisti stranieri che fanno la guerracon i miliziani islamici

Il nemico è in casa. Non ha ancora colpito tra le mura domestiche, non sembra essere pronto a farlo. Per ora. Ma in futuro? Secondo le Nazioni Unite i 'foreign fighters' partiti alla volta della Siria e dell'Iraq per combattere accanto allo Stato Islamico (Is) o ad altri gruppi estremisti sarebbero almeno quindicimila. Tra loro anche Muthana, 20 anni, studente di medicina di Cardiff, riconosciuto dal padre nel video di decapitazione dell'ostaggio Peter Kassig. O Maxime Hauchard (Abu Abdallah Al-Faransi), cittadino francese di 22 anni convertito all'Islam cinque anni orsono, riconosciuto da Parigi un recente intervista che aveva rilasciato a Bfm Tv.  Tutti jihadisti nati e cresciuti nell'opulento occidente. 

Un inglese e un francese tra i boia di Isis

100 miliziani islamici provenienti dagli Usa
Sarebbero quasi duecento gli americani partiti alla volta di Siria e Iraq. La preoccupazione delle autorità riguarda il fatto che possano compiere attentati sul suolo americano. Le loro identità sono per lo più sconosciute. Possono quindi, come è già avvenuto in passato, andare in Siria, essere addestrati all'uso delle armi e degli esplosivi,  tornare a casa negli Stati Uniti, per poi fare la spola tra l'America e il Medioriente.

Finora nessuno ha pensato (o ha avuto l'ordine) di compiere una strage in una città americana, ma le decapitazioni sono state accompagnate da un messaggio ben chiaro: siamo tra di voi e se Obama non la smette di bombardare l'Isis, l'America verrà colpita.

Tutti ricorderdano la storia di Moner Mohammad Abu-Salha, il 22enne della Florida, che  si è fatto saltare in aria guidando un camion pieno di esplosivo, lanciato a tutta velocità contro un ristorante in Siria. Era andato a combattere la jihad contro i lealisti di Assad, primo e finora unico (per quanto si sa) kamikaze americano nella guerra che insanguina il paese mediorientale da anni.

Prima della sua ultima missione, il ragazzo aveva diffuso un video in cui salutava i genitori e minacciava l'America. Moner Mohammad Abu-Salha era andato e tornato dalla Siria, aveva trascorso un lungo periodo negli Usa prima di tornare per morire in Medioriente. E se durante il suo soggiorno in America avesse compiuto un attentato?

Il primo americano morto combattendo con l'Isis
È la domanda che si sono fatti gli americani quando hanno saputo della fine di Douglas McAuthur McCain, "just a regular american kid" (un ordinario ragazzo americano) come l'hanno descritto i suoi amici di San Diego ai giornalisti che chiedevano particolari sulla vita del primo americano morto combattendo per il nemico, per l'Isis. 33 anni, originario dell'Illinois, Douglas aveva vissuto la sua vita in modo quasi nomade, passando da una scuola all'altra, da un lavoro all'altro, e alla fine, da un continente all'altro.

L'adolescenza passata a guardare i cartoni animati dei Simpsons, a tifare per Michael Jordan e per i Chicago Bulls, a giocare a baseball e a passare le serate a Pizza Hut. Tutto così normale. A parte, poi, i primi problemi con la giustizia. Cose piccole: possesso di marijuana, piccoli furti.

A un certo punto, nella ricerca di un'identità, la conversione all'Islam. All'inizio ben distante dal fondamentalismo, per poi abbracciarlo più tardi. Dopo un viaggio in Canada, un anno fa, Douglas inizia a postare foto dei miliziani jihadisti sulla sua pagina di Facebook. Poi, la scorsa primavera, prende un aereo, atterra in Turchia e entra in Siria. Morirà in uno scontro a fuoco con una formazione dell'Esercito Libero della Siria, gli oppositori di Assad, ma anche i nemici dell'Isis. Nei suo portafogli 800 dollari e il passaporto americano che potrà identificarlo.

Quanti sono gli occidentali che combattono con l'Isis ?
Oltre ai 100 americani, ci sarebbero 400 britannici, 700 francesi, 300 tedeschi, 200 o più spagnoli, una quarantina di italiani. Gli altri arriverebbero dai paesi musulmani, in maggioranza dal Maghreb: Marocco, Tunisia, Algeria, dalla penisola arabica.

Il fenomeno degli Occidentali fa paura. Perché rispetto ai tempi di Osama Bin Laden e delle Torri Gemelle, l'Isis sembra avere una maggiore capacità d'attrazione dei giovani musulmani che vivono nelle città europee ed americane. Un fenomeno molto limitato, assolutamente marginale rispetto alla grande massa di fedeli islamici, ma - secondo esperti di sociologia delle religioni e di sicurezza - da non sottovalutare.

Frustrazione sociale e personale, mancata integrazione, ricerca di un'identità forte, necessità di trovare un proprio ruolo esistenziale: sono questi motivi che hanno spinto questi giovani occidentali ad abbracciare la causa dell'Isis. Compresi i ragazzi americani. Alcuni dei quali sono stati fermati prima di unirsi ai miliziani islamici in Siria.

I volontari americani
Maureen Conley, 19 anni, è stata arrestata all'areoporto di Denver in Colorado. Aveva un biglietto per la Turchia e voleva andare a combattere la jihad. Michael Wolfe, invece, è stato fermato in Texas mentre stava per partire per la stessa destinazione. Con i suoi risparmi (5.000 dollari) voleva raggiungere la Siria con la moglie e i i due figli per aderire alla guerra santa.

Adam Dandach, conosciuto anche con il nome di Fadi Fadi Dandach, è finito in manette all'aeroporto di Orange County dopo aver detto alla polizia che gli chiedeva spiegazioni quale erano le sue intenzioni: raggiungere l'Isis e uccidere americani, se i miliziani glielo avessero chiesto. Aveva un passaporto falso dopo che la madre aveva nascosto quello vero per impedirgli di partire

Young Americans, combattenti stranieri dell'Isis. Il nemico in casa.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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