Obama, agli americani non interessa la Siria
News

Obama, agli americani non interessa la Siria

I sondaggi affermano che l'intervento militare non è gradito all'opinione pubblica. E c'è chi dice: non è negli interessi strategici degli Usa

Gli americani sono stanchi di guerre. In un decennio ne hanno affrontato due "semi-classiche"- Afghanistan e Iraq - e mezzo (se si pensa all'intervento in Libia), più la lunga lotta contro al Qaeda negli altri paesi, santuari dell'organizzazione terroristica: Pakistan, Yemen, Somalia. Non hanno voglia di doverne combattere un'altra. Il sondaggio dell'Ipsos Reuters non poteva essere più chiaro: secondo la maggioranza degli intervistati, anche se ci fossero le prove schiaccianti che vengano utilizzate armi chimiche del regime diAssad, l'America non dovrebbe intervenire con un'azione militare nella guerra civile siriana.

Solo una minoranza è favorevole all'intervento

Il supporto nei confronti di un'azione militare è diminuito nelle ultime settimane nonostante sia stato accertato l'utilizzo delle armi chimiche nel conflitto. Nell'ultimo sondaggio, solo il 4% sarebbe favorevole all'invio di truppe di terra americane, il 9% sarebbe d'accordo con l'invasione di una forza multinazionale, l'11% con l'imposizione di una No - Fly Zone e il 12% con una campagna aerea fatta di bombardamenti.

E, quindi, quale è l'opzione militare più gradita all'opinione pubblica? Non intervenire, in nessun modo. Lo chiede il 37% del campione. Le bombe americane sulla Siria non piacciano agli stessi americani. Solo il 25% degli intervistati ha detto: se Obama dà l'ordine di attacco fa la cosa giusta. Ma la maggioranza non lo crede. Pensa addirittura che sia stata una mossa sbagliata dare armi ai ribelli. Troppo pericoloso, visto che sono molte le fazioni fondamentaliste che combattono in Siria.

Con un'economia in ripresa, ma non ancora in buona salute; con la preoccupazione di milioni di persone di sprofondare (o ritornare) nell'inferno della disoccupazione o dell'indigenza, una guerra come quella siriana è l'ultima cosa nei pensieri dell'americano medio. Chi chiede di intervenire sono per lo più politici, avversari di Barack Obama, che hanno voluto affondare in questo modo il coltello nella piaga dell'indecisa strategia portata avanti dal presidente nel dossier siriano.

Lo ha fatto John McCain, ma non molti altri. Neppure Capitol Hill sembra aver molta voglia di far imbarcare l'America in questa avventura.

L'interesse americano è in una guerra civile siriana senza vincitori e vinti

Edward Luttwak con la solita lucidità ha voluto dare un consiglio a Barack Obama: non intervenire, non ti conviene. Un'azione militare americana in Siria è contraria agli interessi strategici degli Usa.

La tesi del politologo così ben conosciuto al pubblico italiano è la seguente: in Siria, in questo momento si stanno scannando tutte le forze nemiche degli Usa nell'area: da una parte il regime siriano, che combatte con l'aiuto dell'Iran e degli Hezbollah e dall'altra un'opposizione armata in cui i gruppi fondamentalisti islamici filo Al Qaeda la fanno da padrone. Perché intervenire? Perchè ricordare loro che l'America è il nemico comune? Perché dare una mano all'uno piuttosto che all'altro?

Secondo Luttwak, agli Stati Uniti fa gioco lo status quo bellico. La guerra civile non deve avere vinti o vincitori. Perché, a questo punto, chiunque prevalesse, sarebbe un problema per Washington. Se vince Assad, per la potenza americana sarebbe uno schiaffo, se vincono gli islamisti, sarebbe un autogol. Quindi bisogna mettere il conflitto in una sorta di stand by: dare le armi ai ribelli ma quando il regime appare troppo indebolito e sull'orlo della caduta, chiudere il rubinetto, sospendere gli aiuti all'opposizione. Lasciarli combattere tra di loro. Che è quello che chiede la maggior parte degli americani a Barack Obama. Nessun intervento militare a stelle e strisce.

I più letti

avatar-icon

Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

Read More