Il Pentagono: stiamo battendo l'Isis in Iraq
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Il Pentagono: stiamo battendo l'Isis in Iraq

Alla vigilia del'offensiva contro Mosul i generali americani usano toni ottimistici

Secondo il Pentagono, l'Esercito del Califfato è in difficoltà in Iraq. Sta perdendo terreno e la sua capacità offensiva è ormai quasi nulla. La strategia condotta finora dalla coalizione internazionale ha pagato. I miliziani sono sulla difensiva, la loro forza è in declino. I generali americani per la prima volta appaiono ottimisti.


L'offensiva su Mosul

Il conflitto sarà ancora lungo, ma, dopo un inizio incerto,  i primi risultati sembrano arrivare. E, altri ne arriveranno presto. In una conferenza stampa al Dipartimento della Difesa sono stati rivelati alcuni dei particolari dell'offensiva che l'esercito iracheno lancerà tra aprile e maggio (comunque prima del 17 giugno, data d'inizio uffiicale del Ramadan) contro Mosul, la seconda città dell'Iraq, conquistata dall'Isis diversi mesi fa.

All'operazione parteciperanno circa 20.000 soldati iracheni, tre brigate dei peshmerga curdi e - ha, di fatto, ammesso il portavoce del Pentagono che ha parlato con i giornalisti - anche truppe americane. Guideranno dal terreno i raid aerei dell'aviazione statunitense e accompagneranno gli iracheni nell'avanzata verso la città.

Davanti a loro ci sarano i miliziani dell'Isis. Il loro numero, secondo le stime del Pentagono, varia tra i 1.000 e i 2.000. Opporranno una forte resistenza, ma è evidente che di fronte a una forza molto superiore, difficilmente riusciranno a tenere Mosul.

Vedremo se tutto andrà liscio come hanno raccontato i funzionari del Pentagono. L'esercito iracheno è poco addestrato e con poche armi. Alla fine è quindi probabile che nell'offensiva siano impiegate le truppe d'élite, al massimo 3.000 soldati. Diventerà  quindi fondamentale il ruolo dei peshmerga curdi e delle forze speciali Usa.

Non tutto va bene sul fronte iracheno

Nonostante i toni positivi dei generali americani, non tutto va però per il verso giusto contro l'Isis in Iraq. Settimana scorsa, i miliziani sono riusciti a circondare una parte della città di al-Baghdadi, nella provincia di Anbar. E' uno dei punti più delicati del fronte, visto che è popolata da una forte maggioranza sunnita.

La città si trova a tre chilometri di distanza dalal base aerea di Ain al-Asad, dove sono stati inviati 320 soldati americani con il compito(ufficiale) di addestrare i militari iracheni. Da tempo, si pensa che quello potrebbe essere (se non lo è già stato) il primo punto di contatto, di scontro faccia a faccia tra i marines e i miliziani dell'Isis.

Qualche giorno fa, per contenere gli islamisti, per la prima volta nel conflitto,  sono stati impiegati degli elicotteri Apache. Il comando Usa li ha inviati a supporto degli iracheni. I loro missili hanno colpito le postazioni dell'Isis.

Una guerra terrestre

La guerra americana in Iraq, da guerra aerea, sta diventando sempre di più una guerra di terra. Quello che Barack Obama avrebbe voluto evitare, e che i suoi generali ritenevano invece un passo indispensabile per puntare alla vittoria, sta diventando realtà.

La prossima offensiva di Mosul ci dirà fino a che punto è arrivato il coinvolgimento dei soldati americani sul terreno. Ma ci spiegherà anche se l'Isis avrà perso la guerra. Almeno in Iraq.

Abu Bakr Al Baghdadi
ANSA Youtube
Il Califfo dello Stato islamico, Al Baghdadi, in una moschea di Mosul

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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