Mid- term: un referendum su Obama
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Mid- term: un referendum su Obama

Le elezioni di Medio Termine di oggi dovrebbero consegnare il Congresso ai repubblicani. I numeri della sfida

La lotta è serrata e l'esito non è scontato, ma tutti i segnali sembrano indicare una vittoria dei repubblicani nelle elezioni di Medio Termine. Gli ultimi sondaggi parlano chiaro e se verranno confermati dai risultati delle urne, i democratici subiranno una storica sconfitta. Tutta colpa di Barack Obama.

In questo appuntamento elettorale sembra essere l'avversione per il presidente il fattore decisivo. Il tradizionale elettorato conservatore appare mobilitato. Non lo è invece quello che ha permesso a Obama di conquistare la vitoria nel 2012. I giovani, le minoranze etniche sembrano essere disinteressati al Mid Term. Non è difficile comprenderlo, visto il grado di credibilità che ha il Congresso presso l'opinione pubblica: ancora più basso rispetto a quello di Obama.

Gli stati in bilico

Però milioni di persone oggi andranno a votare. E determineranno l'andamento degli ultimi due anni del mandato di Obma. Se vincerà il Gop avremo un fantasma alla Casa Bianca; se i democratici non soccomberanno, il presidente avrà qualche spazio di manovra in più.

I repubblicani hanno già in mano la Camera dei rappresentanti. L'incertezza è sul Senato. Per conquistarlo serveno sei seggi. La partita si gioca in nove stati, i cui seggi sono attualmente in mano ai democratici. In tre stati - Montana, West Virginia e South Dakota - per i candidati del Gop sembra profilarsi una passaggiata. Mancano però altri tre seggi. Devono essere presi negli altri sette stati in bilico: Alaska, Arkansas, Colorado, Iowa, Louisiana, New hampshire e North Carolina.

Se i repubblicani fanno l'en plein, è un trionfo. Se però non riescono a prenderli tutti devono stare molto attenti a non perdere altrove. In Georgia, Kansans e Kentucky rischiano. In Kansas, stato ultraconservatore, l'indipendente Greg Orman ha un vantaggio dello 0,7% sul senatore repubblicano Pat Roberts. In Georgia, il repubblicano David Perdue è avanti solo del 2,3% sulla democratica Michelle Nunn, che crede nella rimonta. In caso di ballottaggio si voterà il 6 gennaio, tre giorni dopo l'insediamento del nuovo Congresso.

Wall Street punta sui repubblicani

Insomma, alla vigilia delle elezioni c'è ancora molta incertezza sull'esito finale, anche se tutte gli indizi dicono repubblicano. Per questa campagna elettorale sono stati spesi 4 miliardi di dollari. Non è poco: 10 volte di più di quanto il governo federale abbia deciso di stanziare per la lotta a Ebola. Wall Street ha deciso di puntare sul Gop. Il mondo degli affari si era finora barcamenato tra i due partiti, ma quando ha visto che il vento tirava dalla parte dei repubblicnai ha deciso di investire in finanziamenti per la campagna elettorale dei candidati dell'elefantino.

La sfida dei governatori e i referendum locali

Nell'Election Day si voterà anche per l'elezione dei governatori di 36 stati. Le sfide più affascinanti ci saranno in Florida, dove si sfidano il repubblicano Rick Scott e l'ex repubblicano ora democratico ed ex governatore dello stato Charlie Crist; in Wisconsin, dove la democratica Mary Burke cercherà di sconfiggere l'attuale governatore, il repubblicano Scott Walker, famoso per le sue battaglie contro i sindacati; in Arizona, stato a maggioranza repubbllicana, in prima fila per la questione immigrazione, dove l'uomo d'affari, il democratico Fred Duval sfida il repubblicano Doug Ducey.

Indiversi stati si voterà anche per referendum locali. Quattro i principali temi. In Oregon, alaska e District of Columbia si vota per la legalizzazione della marijuana; In Colorado, North dakota e Tennessee si vota sulla normativa sul''aborto, mentre in South Dakota, Alaska, Arkansas e Nebraska gli elettori saranno chiamati a dire la loro sull'aumento del salario minimo. In Colorado e Oregon, infine, si voterà sull'etichettatura obbligatoria degli alimenti geneticamente modificati.



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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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