Barack Obama
EPA/ANDREW HARRER / POOL
News

Elezioni di Mid-term: tutti gli errori della presidenza Obama

Sui punti caldi dell'agenda interna e internazionale le oscillazioni dell'inquilino della Casa Bianca potrebbero favorire il trionfo dei repubblicani

Ogni elezione ha i suoi paradossi. Tanto più una tornata cruciale come quella cosiddetta di “midterm” negli Stati Uniti, domani, dopo sei anni di Barack Obama presidente e a due dalle nuove presidenziali. Un paradosso è l’importanza della consultazione, dalla quale dipende la politica interna ed estera degli Stati Uniti fino al 2016 nonché l’ipoteca sull’identikit del successore di Barack, rispetto all’apparente/evidente indifferenza degli americani al voto. Disaffezione, e possibile diserzione dalle urne, che potrebbe favorire la progressiva rimonta dei repubblicani. Il GOP, cioè il Partito Repubblicano, già controlla il Congresso e potrebbe conquistare il Senato (sarebbe la prima volta in vent’anni che il partito all’opposizione rispetto al Presidente dominerebbe entrambe le Camere). Si rinnovano in totale 435 membri della Camera dei Rappresentanti e un terzo dei 100 senatori (33 più 3 rimasti vacanti per morte o dimissioni). Obama sarebbe altro che un’anatra azzoppata. Non potrebbe sviluppare con coraggio tutto ciò che gli resta da fare nell’agenda, non solo in campo economico ma anche in quello dei diritti e, soprattutto, dell’immigrazione (tema sul quale è stato costretto a frenare e smentire le iniziali promesse di riforma dopo che i suoi annunci avevano scatenato un generale “arrembaggio” ai confini col Messico).

Sul fronte economico, i repubblicani contestano al presidente democratico la riforma della sanità. Ma qui la proporzione di forze è bilanciata. Non lo è, invece, riguardo al giudizio sulla politica estera. Gli Stati Uniti soffrono una drammatica crisi di leadership mondiale, avvertita in patria come una rovinosa perdita di prestigio e potere dopo che l’Isis, lo Stato Islamico, è riuscito a conquistare uno Stato a cavallo di più confini che in America è paragonato per dimensioni all’Indiana. Qualcuno è arrivato addirittura a citare l’insoddisfazione verso Obama di un ex presidente la cui leadership era particolarmente fragile, Jimmy Carter, per dire che “perfino” Carter si è accorto di questa debolezza dell’attuale inquilino della Casa Bianca. È vero che Obama è stato eletto dalla maggioranza degli americani anche per disimpegnare le truppe dalle zone calde del pianeta, come osserva Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, ma un presidente degli Stati Uniti dev’essere flessibile e reattivo agli eventi, mentre le oscillazioni di Obama e l’incapacità, spesso, di assumere decisioni, o addirittura gli annunci poi smentiti come quello della guerra alla Siria di Assad, hanno alla fine ritagliato un’immagine da Presidente Tentenna che è una pietra tombale sulla sua popolarità. Ecco perché molti candidati al Senato e molti candidati democratici nei 36 Stati in cui si vota per il governatore si sono ben guardati dal sollecitare la presenza del Presidente al loro fianco nella campagna elettorale. Brutto segno.

Mid-term: un fantasma alla Casa Bianca

Obama vanta qualche successo, ma controverso, in economia, mentre soffre la psicosi per gli errori commessi sul caso Ebola. Altro tema che a noi può apparire secondario ma che soprattutto in certi Stati non lo è per niente, è quello delle restrizioni all’acquisto di armi dopo le polemiche per le stragi “facili” nelle scuole. Obama ne ha fatto una sua battaglia. Ma non è una battaglia popolare, per esempio nel New England, tendenzialmente o attualmente democratico, ma dove la difesa della proprietà privata resta un principio avvertito come fondamentale. Certo, i repubblicani vincerebbero agevolmente se anche loro non fossero gravati da handicap: la litigiosità interna fra Tea Party e moderati, e l’assenza di un vero leader, che già ora possa ambire alla presidenza nel 2016. C’è insoddisfazione verso i leader repubblicani del Congresso. Ma gioca a favore del GOP la tradizionale propensione dell’elettorato a “bastonare” il Presidente, per spronarlo, nelle elezioni di medio termine. Obama ha ammesso pubblicamente che più alto sarà l’assenteismo, più i democratici rischieranno la sconfitta. Potrebbe, alla fine, esserci un crollo rovinoso. Gli Stati chiave del duello: Colorado e Iowa, che rischiano di sfuggire di mano ai democratici. Occhi puntati pure su Florida, Arkansas, Maine e Wisconsin. Un indipendente, Greg Orman, corre contro il senatore uscente repubblicano, Pat Roberts, nel Kansas. Le vicende particolari si sposano con quelle generali. E di genere. Un estremo tentativo di riguadagnare consensi ha fatto Obama in questi giorni dicendo che le donne sono poco pagate rispetto agli uomini sul lavoro e dovrebbero godere di più diritti (maternità, asilo nido). Perché si sa, la maggioranza delle donne è per Obama e per i democratici. Mentre gli uomini sono più repubblicani. Ma basterà fare l’occhiolino all’elettorato femminile per farsi perdonare i troppi errori di una presidenza così scialba?    

I più letti

avatar-icon

Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

Read More