Ferguson e la questione razziale in America
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Ferguson e la questione razziale in America

Ancora scontri nella cittadina del Missouri: la protesta punta ormai l'indice contro il sistema giudiziario statunitense considerato razzista

Il giorno dopo il verdetto del Grand Jury di Ferguson, il New York Times racconta come l'America sia ancora divisa tra bianchi e neri soprattutto nella giustizia (o ingiustizia). Paul McLemore, il primo poliziotto nero del New Jersey (era per le strade di Newark nel 1967 quando scoppiò la rivolta degli afroamericani), poi divenuto un avvocato per i diritti civili non ha dubbi: il sistema giudiziario americano è pervaso  'dal razzismo dei bianchi'.

Ferguson: perché il poliziotto che ha ucciso Michael Brown non è colpevole

La giustizia di bianchi e neri
McLemore è lapidario come lo sono alcune cifre che spiegano come la divisione tra bianchi e neri sia netta e profonda. Lo ha dimostrato un recente sondaggio dell'Huffington Post Yougov secondo il quale per il 62% dei neri l'agente che ha sparato a Michael Brown è colpevolementre lo è solo per il 22% dei bianchi interpellati.

Sempre il New York Times riporta altri numeri. Allla fine del 2013 il 3% della popolazione maschile afroamericana era imprigionata, mentre lo era solo lo 0.5% di quella bianca. Un bambino nero su quindici ha un parente in prigione, mentre i rapporto per i bianchi è uno ogni 111 abitanti.

Tutto questo per dire che nonostante il primo presidente afroamericano della storia, nonostante la nascita di una middle class nera, la questione razziale è sempre (stata) all'ordine del giorno negli Stati Uniti. Ferguson è solo l'ultimo più eclatante caso di una lunga serie.

Le cronache di queste ore ci dicono che la rivolta andrà avanti. Se quella violenza verrà bloccata, quella pacifica - che è più diiffusa, capillare e strutturale - non si fermerà. L'America dei diritti non riesce e non vuole digerire il verdetto del Grand Jury di Ferguson.

Il poliziotto si difende
Darrel Wilson, l'agente che ha ucciso Michael Brown e che non è stato incriminato, ha deciso di farsi intervistare dalla televisione per dire la sua versione dei fatti. Davanti alle telecamere di George Stephanopoulos, ex portavoce di Bill Clinton e ora anchor man della  ABC, il poliziotto ha detto di essere stato aggredito dal giovane afroamericano e ha smentito di avergli sparato quando lui aveva le braccia alzate. "Ho fatto quello che dovevo perchè so fare il mio lavoro" - ha detto Wilson.

La sua intervista è stata benzina su fuoco della rivolta. Per la seconda notte consecutiva a Ferguson ci sono stati scontri e devastazioni. L'intensità è stata inferiore rispetto alla notte precedente, ma è probabile che i prossimi giorni siano ancora caratterizzati da violenze e incidenti. La protesta si è diffusa nel resto degli Stati Uniti. Per lo più pacifica, ma in qualche caso ci sono stati vandalismi. Come a Oakland in California, dove auto ed edifici sono stati  danneggiati.

La seconda notte di rivolta
Barack Obama è intervenuto ancora. In un discorso a Chicago ha chiesto alle comunità nere di mantenere la calma, ma ha anche implicitamente criticato la decisione del Grand Jury di non incrminare l'agente Wilson. Ha promesso che il suo ministro della giustizi seguirà ancora il caso per accertere se c'è la possiiblità di intervenire come autorità federale.

Le manifestazioni che si sono tenute nelle città americane avevano due slogan: 'Black lives matter'  (le vite dei neri sono importanti) e 'Hands up, don't shoot' (mani in alto, non sparate). L'avvocato della famiglia di Michael Brown ha tenuto una conferenza stampa per denunciare il giudizio arbitrario della giuria. "Uno studente al primo anno di legge avrebbe fatto un lavoro più accurato e onesto di quanto abbia fatto il procuratore capo" - ha detto Benjamin Crump.

Ora bisogna vedere se le proteste continueranno. La vicenda di Michael Brown ha fatto esplodere ancora una volta le tensioni razziali negli Stati Uniti. Gli appelli alla calma sembrano aver funzionato. Le distruzioni si sono registrati a Ferguson e non in altre parti del paese, come era successo in passato. Ma senza giustzia non c'è pace, come dicevano alcuni slogan risentiti in questi giorni. L'America dei diritti sembra proprio non voler accettare il verdetto della giuria di Ferguson.

La protesta di Ferguson

Getty Imagines / Scott Olson
Un edificio distrutto a Ferguson

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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