Bradley Manning colpevole, non evita una dura condanna
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Bradley Manning colpevole, non evita una dura condanna

La Corte Marziale lo dichiara non colpevole di "complicità con il nemico", ma lo condanna per 19 capi d'accusa tra cui spionaggio per aver passato le carte a Wikileaks - Tutto sul caso Wikileaks

Il processo contro il soldato accusato di aver passato migliaia di documenti riservati a Wikileaks si chiude con una dura condanna. Se è vero che i giudici militari l'hanno assolto dell'accusa più grave, complicità con il nemico, tradimento - reato per cui è previsto l'ergastolo - è anche vero che il numero di capi d'imputazione per cui è stato ritenuto colpevole - 19 su 22, tra cui alcuni relativi allo spionaggio - sono tanti e possono riservano al giovane dell'Oklahoma una condanna a decine di anni di prigione, più di 100 secondo alcuni osservatori, tanto da poterla considerare un'indiretta condanna al carcere a vita.

Le sentenza è stata letta nella piccola aula della Corte Marziale di Forte Meade davanti a un piccolo gruppo di persone, una trentina circa, per lo più sostenitori dell'imputato.

L'esito del processo era molto atteso negli Usa ed è stata seguito da tutti i media. Chi tifava per Manning ha esultato quando si è saputo che era stato assolto dall'accusa più grave, ma questo sentimento di euforia ha presto lasciato il passo alla consapevolezza che la pena potrebbe essere quasi simile a un ergastolo. Nella mattina di mercoledì (il pomeriggio in Italia) si saprà quale sarà il destino del 25enne.

La sua è la storia di un giovane del profondo Midwest che diventerà il protagonista di una delle più clamorose fughe di notizie nella recente storia americana. Giovane analista in Iraq, inizia ad odiare quella guerra e decide di fare qualche cosa contro l'intervento bellico americano. Il risultato di questa decisione sarà l'invio clandestino a Wikileaks, l'organizzazione di Julian Assange, di migliaia di documenti classificati e riservati del Pentagono e del Dipartimento di Stato.

L'arresto

Nel maggio del 2010, Bradley Manning contatta in rete Adrian Lemo, un ex hacker molto famoso (venne arrestato nel 2003 per essere penetrato nel sistema informatico del New York Times) di cui il soldato aveva letto la storia, Il giovane militare sostiene diverse conversazioni con Lemo, raccontandogli la sua difficile condizione di isolamento in Iraq.

Gli spiega che la guerra è ben diversa da come pensava prima di partire per il Medioriente. Gli racconta che in lui è maturata l'idea che quel conflitto fosse sbagliato, come poi dirà durante la deposizione al processo. Gli svela di essere colui che aveva passato al sito diretto da Julian Assange il famoso filmato Collateral Murder, il video che mostrava l'uccisione di due cameraman della Reuters da parte di un elicottero americano in Iraq, scambiati per terroristi perché i due avevano una telecamera sulle spalle e i militari pensavano che fosse un lancia missili,

Lemo allora avvisa avvisò l'Fbi e Manning viene arrestato. Il suo computer viene scandagliato e gli inquirenti scoprono che il soldato aveva scaricato illegalmente migliaia di documenti. Secondo Adrian Lemo, non può essere stato da solo a “rubare” tutti quei documenti, ma il soldato negherà sempre di avere avuto complici.

La detenzione e il processo

Bradley Manning viene prima trasportato in una prigione militare in Kuwait e poi trasferito negli Stati Uniti. Il processo inizia due anni dopo l'arresto. Dopo 24 mesi, il giovane del Midwest, diventato ormai famoso in tutto il mondo. Molti si mobilitano per la sua liberazione. Intellettuali e artisti (in prima fila il regista Michael Moore), Premi Nobel per la Pace come il vescovo sudafricano Desmond Tutu, attivisti, semplici cittadini: sul sito FreeBradleyManning compaiono decine di appelli.

I suoi avvocati vogliono che venga scarcerato, affermano che il ragazzo è stati trattato in modo crudele, torturato. In isolamento per 23 ore al giorno, costretto a svegliarsi ogni cinque minuti, o a dormire nudo, controllato con continue e improvvise ispezioni, il soldato avrebbe passato in questi condizioni un anno nel carcere dei marines di Quantico, in Virginia.

La situazione sarebbe migliorata dopo le prime denunce dei suoi avvocati e il trasferimento a Fort Leavenworth, in Kansas. Ma non di molto. La sofferenza e la pressione fisica e mentale a cui è stato sottoposto è stata notevole. Guardato a vista  per il timore che possa (potesse) commettere suicidio (ma secondo i suoi legali anche questo regime farebbe parte del trattamento inumano a cui è sottoposto), Manning è stato rinchiuso in una cella nella quale non può tenere effetti personali, non può usare lenzuola e cuscino (ma ha a disposizione due coperte) e dove non può leggere libri o giornali. 

Nonostante il lieve miglioramento di trattamento, Bradley Manning è ancora sottoposto a un regime carcerario molto duro. Tanto che nel 2012, il relatore contro la tortura dell'Onu, Juan Mendez ha accusato formalmente gli Stati Uniti di trattamento crudele e inumano nei suoi confronti. Quando riceve visite, il ragazzo viene messe in catene e chi lo vede in carcere lo descrive come in pessime condizioni psicofisiche 

Le tesi dell'accusa

Il pubblico ministero della Corte Marziale ha una precisa tesi: secondo lui, il soldato Bradley Manning non poteva non sapere che divulgando quei documenti avrebbe aiutato al Qaeda nella sua guerra contro gli Stati Uniti. E'l'accusa più grave. Alla fine di febbraio del 2013, il giovane di Oklahoma di dichiara colpevole di 10 capi d'accusa su 22, i più leggeri. Durante la sua deposizione al processo (segreta, ma che viene divulgata attraverso un audio pubblicato dalla Freedom of Press Foundation), spiega ai giudici di aver voluto rendere pubblici quei documenti per aprire un dibattito internazionale sulla politica estera americana e su quelle due guerre: Afghanistan e Iraq.

Alla fine, la decisione della corte: si salva dal capo d'imputazione più grave, ma non da una probabile condanna esemplare. In epoca di ripetute fughe di notizie relative la sistema di sicurezza degli Usa (vedi il caso Snowden) poteva essere altrimenti?

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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