Un altro Bush alla Casa Bianca?
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Un altro Bush alla Casa Bianca?

Sono passate solo poche settimane dalle elezioni e i repubblicani già pensano alla rinvincita. Mitt Romney sembra essere destinato a uscire di scena, il GOP cerca una nuova identità politica e Jeb, il terzo Bush pensa a correre per la Casa Bianca

E se nel 2016 ci fosse un altro duello Bush-Clinton, come nel 1992? Non tra George H. e Bill (come 20 anni fa), ma tra (rispettivamente) il secondo figlio e la moglie del Numero 41 e del Numero 42. Jeb e Hillary. Un sogno, per chi ama la saga delle grandi famiglie di potere americane. Una realtà, se l'ex governatore della Florida (fratello di George W.) e l'attuale Segretario di Stato dovessero decidere di candidarsi.

Della Clinton, abbiamo già detto. Di Jeb Bush sappiamo che ha già compiuto i primi passi. Secondo fonti ben informate, avrebbe tenuto una riunione riservata in una albergo di Washington con alcuni dei suoi più importanti consiglieri di quando era a capo del governo della Florida. Al gruppo si sarebbe aggiunto Neil Newhouse, l'uomo che ha curato i sondaggi per Mitt Romney, segnale che Bush sarebbe intenzionato a studiare a fondo i pro e i contro della campagna elettorale dell'ultimo candidato del GOP.

Quattro anni sono tanti, ma una candidatura si costruisce. E Jeb sarebbe nella prima fase del lavoro: verificare con i suoi collaboratori più fidati se - allo stato attuale - il suo desiderio di essere il terzo Bush a entrare alla Casa Bianca dalla porta principale possa tramutarsi in realtà. La sua discesa in campo sarebbe il segnale che l'establishment del partito intende riprenderne le redini in mano, dopo la fase di ascesa del Tea Party e del protagonismo dell'outsider Mitt Romney.

Jeb Bush potrebbe avere grandi chance per diversi motivi: grande tradizione politica, appoggi nel gotha industriale e finanziario, un profilo moderato e un possibile feeling (nato con l'esperienza in Florida) con l'elettorato latino - destinato a diventare sempre più importante nei prossimi anni - che potrebbe essere interessato a votare per un personaggio che è sempre stato vicino alla comunità ispanica degli Stati Uniti.

Vedremo. Per ora, il GOP cerca di ritrovare un'identità, dopo la sconfitta nelle presidenziali. Un'impresa non facile, visto che i dirigenti repubblicani devono capire come interpretare e rappresentare la nuova geografia politica del Paese, in cui le minoranze (unite) disegnano un mappa sociale ben diversa rispetto al passato. In questo senso, l'uscita di scena di Mitt Romney sembra essere definitiva.

L'ex candidato, di fatto, è già un uomo del passato. Nel futuro del Partito Repubblicano non dovrebbe esserci spazio per lui. Mai veramente amato dalla base e dall'establishment del GOP, l'ex governatore del Massachusetts è stato seguito e appoggiato durante la campagna elettorale perché a un certo punto sembrava essere veramente in grado di battere Barack Obama. E'stata la sua unica virtù. Che scompare, con la sua sconfitta. Non lascia alcuna eredità politica o ideologica, ne un gruppo di potere all'interno del partito; non avrà alcun incarico istituzionale (come invece è accaduto, per esempio, a John McCain, senatore al Capitol Hill).

Secondo alcuni analisti, Mitt Romney ha tagliato i ponti alle spalle (con il GOP) quando ha detto che Barack Obama aveva vinto la sfida con lui perchè si era "comprato" con le sue promesse i giovani e gli immigrati. Per un partito alla ricerca di sè stesso come il repubblicano, quell'uscita è apparsa una facile assoluzione da parte di Romney dealla colpa (politica) di non aver capito lo spirito (dei tempi) della nazione.

In realtà, tra il GOP e il repubblicani, il divorzio appare consenziente. Dopo quella frase, Romney non ha più parlato di politica. E' andato a Disneyland con i nipotini, ha diffuso una sua foto con la moglie per il Giorno del Ringraziamento, si è fatto ritrarre in un posa molto rilassata a una pompa di benzina in California. Dovrebbe tornare al business, chiusa questa sua lunga parentesi politica. Il Partito Repubblicano, invece, deve aprirne una nuova. Gli obiettivi sono prima le elezioni di Medio Termine e poi la sfida per la Casa Bianca nel 2016. Sarà il momento di Bush Terzo?

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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