Nisman voleva arrestare Cristina Kirchner
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Nisman voleva arrestare Cristina Kirchner

La bozza col mandato d'arresto nei confronti del presidente argentino è stata ritrovata nella casa del magistrato morto misteriosamente due settimane fa

Il procuratore Alberto Nisman, trovato morto due settimane fa con un colpo in testa nel bagno della sua abitazione di Buenos Aires, aveva intenzione di chiedere l'arresto del presidente argentino Cristina KirchnerGli inquirenti hanno trovato infatti, in un cestino della lussuosa abitazione del magistrato, una bozza del mandato d'arresto che il giudice aveva preparato per accusare il capo dello Stato latinoamericano di favoreggiamento nei confronti dei responsabili della strage del 1994 nella sede dell'associazione ebraica Amia. In cambio della possibilità di ottenere petrolio a basso presso da Teheran, Kirchneralcuni dei suoi più stretti collaboratori (tra cui il ministro degli Esteri Héctor Timermanavrebbe fatto tutto il possibile, secondo l'ipotesi del magistrato, per ritirare le accuse contro contro gli alti dirigenti e i responsabili dell'attentato appartenenti al regime degli Ayatollah. Uno scambio politico-commerciale con Teheran che Kirchner e il suo entourage hanno sempre negato, ma al quale larga parte dell'opinione pubblica argentina e dei giornali di opposizione continuano a credere. 

La rivelazione ha avuto in Argentina l'effetto di una bomba politica lanciata sulla Casa Rosada. A rendere ancora più incadescente questa inchiesta è stato il goffo tentativo di Jorge Capitanich, il capo di gabinetto di Cristina Kirchner, di mettere a tacere le voci su un possibile coinvolgimento del presidente, arrivando a strappare platealmente una settimana fa, durante una conferenza stampa, una copia del Clarin, il più diffuso quotidiano argentino, che per primo aveva parlato del ritrovamento della bozza con il mandato d'arresto. Un gesto plateale che ha scatenato la rabbia dell'opposizione e che, ora, dopo l'effettivo ritrovamento del mandato d'arresto, ha costretto lo stesso Jorge Capitanich a un altrettanto goffo tentativo di scuse nei confronti dei giornalisti del quotidiano.

I DUBBI SUL CASO
I dubbi sul caso Nisman restano ancora intatti. È stato un suicidio, come ha cercato di dire a caldo (poi ritrattando) il presidente?
O un omicidio? Se è vero che le tracce del Dna trovate dalla scientifica sulla pistola che ha ucciso Nisman appartenevano tutte al magistrato, è altrettanto vero che le domande ancora aperte sono molte: non ha funzionato qualcosa nel dispositivo di sicurezza composto da dieci agenti della scorta che da anni vigilava sul magistrato?  Come mai le telecamere a circuito chiuso dell'ascensore di servizio nell'edificio dove viveva il magistrato non erano in funzione il giorno della tragedia?


LA DIFESA DELLA NISMAN
C'è poi una questione, tutta politica, che ha sollevato lo stesso presidente Kirchner per cercare di allontanare da sé i dubbi di un suo coinvolgimento. Quali erano i rapporti che il giudice Nisman aveva con Horacio Antonio Stiusso, un ex agente dei servizi segreti argentini negli anni della dittatura militare e poi, negli anni 90, potentissimo braccio destro di Carlos Menem? Perché Stiusso - che negli anni costruì anche una rete di informatori per tenere sotto scacco larga parte della classe politica argentina - frequentava così spesso l'ambasciata americana? Era un uomo della Cia, come pensa larga parte dell'opinione pubblica? E come mai frequentava così assiduamente il giudice? Il sospetto, ma anche la linea difensiva di Kirchner, è che il giudice prendesse ordini indirettamente dai servizi segreti americani, acerrimi nemici della presidenta. Che l'inchiesta contro di lei insomma si fondasse proprio sulle informazioni che il potente Stiusso, come scrive il New Yorker, passava al giudice. Null'altro. Una spy story internazionale, nel quale la vittima, Nisman, era tutt'altro che innocente. (PP)

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