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Migranti: è sempre emergenza sulla rotta dei Balcani

10 mila profughi ancora bloccati al confine tra Grecia e Turchia, mentre i Paesi UE continuano a non trovare un accordo: giovedì nuovo summit

Dopo il nulla di fatto al vertice europeo della scorsa settimana, la gestione dei flussi di profughi e migranti che attraverso i Paesi balcanici cercano di raggiungere quelli nordeuropei resta a dir poco caotica. In particolare, la tensione resta alta al confine tra Grecia e Macedonia, dove almeno diecimila tra uomini, donne e bambini rimangono bloccati in attesa di trovare una destinazione: una situazione d'emergenza smentita dalla Commissione UE, ma invece evidenziata dagli osservatori esterni.

Nel frattempo, la Turchia viene accusata dall'Unione Europea di non fare ancora abbastanza per frenare i flussi migratori, mentre la Croazia e la Slovenia sono pronte a bloccare i transiti non appena l'Austriadovesse decidere di non accogliere più i profughi mediorientali, con il governo di Vienna ormai in netto contrasto con quello di Berlino sulla stretta decisa per limitare l'esame delle domande di asilo.

Nuova riunione, ma vecchie discordie
I ministri degli Interni dei 28 torneranno a incontrarsi giovedì 25 febbraio per discutere del rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne anche sui cittadini dei Paesi dell'Unione, della creazione di una Guardia costiera europea e per fare il punto sull'ultimatum dato alla Grecia per rispondere alle richieste UE, ma nessuno crede che sia semplice e rapido arrivare a una soluzione.

La prima sfida da affrontare, ha sottolineato al proposito il portavoce dell'esecutivo europeo Margaritis Schinas, "è quella di applicare e rendere operative le decisioni già approvate o sul tavolo". Ed è anche per questo che in occasione della riunione di giovedì una delegazione ristretta di ministri dell'Unione Europea formata da Germania, Austria, Slovenia, Croazia e Grecia, discuterà sul da farsi con i colleghi di Serbia e Macedonia. "Vogliamo capire qual è esattamente la situazione sul terreno, chi getta i migranti sulle spalle degli altri Paesi e chi no", hanno riferito in vista dell'incontro alcune fonti UE, secondo cui la leggera diminuzione dei flussi registrati dalla Turchia verso le coste greche è dovuta "più che altro a cause fisiologiche derivanti dalle cattive condizioni meteo" e non a specifiche azioni delle autorità turche, come invece previsto dall'attuazione dell'apposito Piano d'azione. Un tema, quello della strategia seguita dal governo di Ankara, che sarà trattato con il ministro turco sempre in occasione della riunione del 25 febbraio e in vista del summit UE-Turchia che pare ora destinato a slittare al 7 o all'8 marzo.

Un Centro europeo contro il traffico dei migranti
In attesa che i ministri si confrontino, iniziando almeno a porre le basi per una strategia comunitaria, il commissario UE agli Affari Interni, Dimitris Avramopoulos, ha intanto lanciato dal quartier generale di Europol all'Aja il nuovo Centro europeo per combattere il traffico dei migranti, una struttura destinata a sostenere concretamente gli sforzi degli Stati membri nello smantellare le reti criminali che si arricchiscono sulle spalle della povera gente in fuga da miseria e conflitti. Ma senza un accordo generale tra i Paesi a monte, qualsiasi iniziativa è destinata a perdere inevitabilmente di efficacia nella sua azione.

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Redazione