Trump messico
John Moore/Getty Images - 6 Aprile 2018
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Messico, perché Trump schiera la Guardia Nazionale

Dovrebbe servire come "deterrente", dice il dipartimento di Sicurezza interna. Il dispiegamento coordinato con i governatori degli Stati interessati: Texas, Arizona e California (quest'ultimo però si oppone al provvedimento)

Non solo il muro. A fermare il flusso di migranti irregolari al confine con il Messico ci sarà anche la Guardia NazionaleDonald Trump non ha esitato a mettere in campo i riservisti americani per fermare quella che ha definito una "carovana" di immigrati messicani dalla frontiera sud.

Ha anche definito "fondamentalmente incompatibile con la sicurezza e la sovranità del popolo americano" la mancanza di legalità attuale.

Immediato l'appoggio dei governatori di Texas e Arizona, repubblicani, che parlano di "misura necessaria per contenere il massiccio flusso migratorio". Prende tempo, invece, la California.

Ma Trump, solo tre giorni prima di firmare il memorandum che schiera la National Guard of the United States, si era spinto oltre, esortando il Congresso ad approvare al più presto ("immediateley" aveva twittato) una "legge sul confine, usando l'opzione nucleare, se necessario, per fermare il vasto afflusso di persone e droghe. Gli agenti del Border Patrol (e l'ICE) sono GRANDI - aveva aggiunto sul social - ma le deboli leggi democratiche non consentono loro di svolgere il proprio lavoro. Agisci ora, Congresso o il nostro paese sarà derubato" aveva concluso il capo della Casa Bianca.

Il provvedimento si aggiunge alla costruzione del muro, uno dei punti centrali della campagna elettorale di Trump, ma anche di scontro con i rappresentanti democratici al Congresso e con lo stesso Messico, dove è iniziata la campagna elettorale, in visto del voto tra tre mesi.

La Guardia Nazione: chi la compone e cosa fa

Il ricorso alla National Guard (NG) è previsto in casi di necessità, quando è messa in pericolo la sicurezza del Paese o in occasione di calamità naturali, come uragani, alluvioni o precipitazioni eccezionali. I riservisti sono stati impiegati, ad esempio, per soccorrere la popolazione dopo l'uragano Katrina nel 2005, le abbondanti nevicate che paralizzarono 8 stati nel 2007, o ad Haiti devastata nel 2010. Gli uomini della militia possono essere dispiegati anche all'estero, come avvenuto in Iraq e Afghanistan.

I militari della Army National Guard (esercito) e della Air National Guard (aeroporto) di ciascuno Stato sono a tutti gli effetti equiparabili all'US Army, l'esercito statunitense, sia nell'addestramento che nell'equipaggiamento. Dipendono dai singoli Governatori e vengono attivati in caso di guerra o emergenze dal Congresso, dal Presidente o dal Segretario della Difesa, integrando le forze regolari, oppure dal Governatore dello stato di appartenenza in caso di emergenze contingenti.

Perché Trump ha mobilitato la NG

"La situazione alla frontiera meridionale ha raggiunto un punto di crisi". Così il capo della Casa Bianca ha motivato la firma del memorandum che prevede lo schieramento della National Guard al confine con il Messico.

Le truppe della NG alla frontiera sud lavoreranno insieme al Border Patrol, la polizia di frontiera. Non è ancora chiaro il numero di militari che saranno schierati né la loro permanenza al confine, che verranno ufficializzati nel giro di pochi giorni. Più chiari i loro compiti: serviranno soprattutto come "deterrente", come annunciato dal dipartimento di Sicurezza interna, che ha spiegato che il dispiegamento avverrà in coordinamento con i governatori degli Stati interessati (Texas, Arizona e California), per supportare le forze già in campo. Dipenderanno dunque dai governatori, ma saranno pagati con fondi federali.

Anche il Dipartimento di Giustizia annuncerà a breve "iniziative per riportare la legalità alla frontiera sud", come dichiarato dal Procuratore generale degli Stati Uniti, Jeff Sessions, anche se sarà necessario che il Congresso approvi "una legge chiara, giusta ed efficace che ponga fine all'illegalità e crei un sistema che supporti l'interesse nazionale".

I compiti

I riservisti non potranno avere contatti fisici con i migranti né potranno occuparsi delle procedure alla frontiera. Potranno invece supportare gli agenti locali soprattutto con la sorveglianza aerea e attraverso il controllo della frontiera da terra. Non potranno arrestare o usare la forza con gli immigrati, a meno di non essere attacchi in modo diretto.

Il dispiegamento della Guardia Nazionale al confine col Messico non è una novità assoluta. Nel 2006 l'ex Presidente George W. Bush (già membro della NG) varò la Operation Jump Star, che aveva coinvolto 6.000 riservisti nel controllo aereo, nella raccolta di informazioni e nella costruzione di una barriera lungo il confine.

Anche Barack Obama aveva deciso l'impiego di truppe della NG al confine nel 2010, sempre con compiti di sorveglianza dai cieli.

Il no della California

Mentre Texas e Arizona hanno accolto con favore la decisione di Trump, la California prende tempo. Il governatore dell'Arizona, Doug Ducey, e del Texas, Greg Abbott, repubblicani, hanno definito il provvedimento del Presidente "necessario" per contenere il "massiccio" flusso migratorio.
Il Texas ha già attivo un nucleo della National Guard dal 2015 e Abbott ha ringraziato e appoggiato il memorandum che "rafforza l'impegno del Texas per la sicurezza della nostra frontiera e per la difesa dello Stato di diritto". Ducey ha dato il "benvenuto" alla decisione di Trump, puntando invece il dito contro i predecessori che hanno "ignorato questo problema per troppo tempo".

Contraria, invece, la California che si è già opposta all'impiego dei propri militari della National Guard per la realizzazione del muro al confine col Messico. Il governatore si è preso qualche giorno per fornire una risposta chiara, anche in attesa di conoscere (e possibilmente concordare) numero e compiti dei riservisti.

La reazione del Messico

Il governo del Messico ha chiesto chiarimenti formali al dipartimento di Stato e al dipartimento per la Sicurezza interna Usa. A confermare la linea di prudenza, adottata per ora dal vicino "scomodo" degli Stati Uniti, è stato l'ambasciatore messicano a Washington, Geronimo Gutierrez, che alla Cnn ha chiarito:  "Certamente non è qualcosa di gradito per il governo messicano, ma ci aspettiamo di avere un'idea più chiara".

Molto più dura potrebbe essere la reazione nelle prossime settimane, quando entrerà nel vivo la campagna elettorale, appena iniziata, che porterà il Paese a eleggere il nuovo governo, il 1° luglio prossimo.

Già nelle scorse settimane, infatti, il candidato populista di sinistra Lopez Obrador, dato per favorito nei sondaggi, aveva lanciato un chiaro messaggio all'amministrazione Trump. Il Presidente statunitense aveva accusato il Messico di fare "davvero poco, se non nulla, per impedire alle persone di passare attraverso il confine meridionale e poi entrare negli Usa", minacciando di "fermare la loro gallina dalle uova d'oro, il Nafta" e invocando il muro. Obrador, abile nel cavalcare l'ostilità dei messicani nei confronti di Trump, nel primo comizio della campagna elettorale ha risposto: "Saremo molto rispettosi del governo degli Stati Uniti. Ma esigeremo a nostra volta rispetto per i messicani. Il governo messicano non sarà la piñata (la "pentolaccia" da colpire, NdR) di nessun governo straniero".

I flussi migratori

Non appena insediatosi ufficialmente alla Casa Bianca Donaldo Trump, tra gennaio e febbraio del 2017, si era assistito a un calo sensibile di ingressi illegali negli Usa. Negli ultimi mesi, invece, sono ripresi i flussi migratori, con 36.695 persone fermate alla frontiera a febbraio, contro le 23.555 dello stesso mese di un anno fa. A marzo, invece, i migranti arrestati sono stati 50.300 rispetto ai 16.600 di un anno fa.

"Abbiamo recentemente visto i numeri degli attraversamenti illegali del confine risalire ai livelli precedenti, dopo il minino degli ultimi 40 anni registrato in aprile dell'anno scorso" ha spiegato la segretaria alla Sicurezza interna, Kirstjen Nielsen, ricordando che di recente i numeri erano scesi ai minimi dal 1971. La stessa Nielsen, però, ha dichiarato che non sarà permesso che si torni alla situazione precedente all'insediamento di Trump: "I trafficanti - ha aggiunto - sanno che queste persone non possono, per legge, essere facilmente rimandante nei loro Paesi". Da qui la necessità di una nuova normativa, invocata dalla Casa Bianca.
Secondo i dati di Nielsen un migrante su 10 tra i fermati fa subito domanda d'asilo, spiegando di rischiare la vita nel Paese di provenienza. Un dato in sensibile crescita rispetto a cinque anni fa, quando a presentare domanda era solo un migrante su 100.

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Eleonora Lorusso