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Macron sotto attacco hacker: ma a chi serve?

Sembra quasi certa la fonte russa del "MacronLeaks". Ma forse a Mosca serve più lui al potere di Marine Le Pen

L’attacco hacker che ha colpito Emmanuel Macron, candidato alle presidenziali francesi, era nell’aria.

Nella notte tra venerdì 5 e sabato 6 maggio molte mail interne al partito En Marche! contenenti documenti e conversazioni di diverso tipo sono state caricate prima sul sito Pastebin e poi anche su WikiLeaks facendo così scoppiare il "MacronLeaks".

Ma il segretario generale di En Marche!, Richard Ferrand, già nel marzo scorso aveva pubblicamente denunciato la campagna diffamatoria messa in atto da parte di testate russe di lingua francese: Russia Today e SputnikNews in testa.

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Per questo gli osservatori e fonti d’intelligence adombrano l’idea che dietro l’attacco informatico ci siano hacker russi. Le caratteristiche operative e i recenti fatti legati alle elezioni americane sembrano accreditare l’ipotesi.

Naturalmente il Cremlino ha sempre negato ogni responsabilità, ribadendo il principio di non ingerenza nelle questioni interne di altri paesi, un principio che a Mosca sta molto a cuore anche in senso inverso.

I rapporti Mosca-Le Pen
Se tuttavia sul piano teorico volessimo ammettere per plausibile quest’ipotesi, dovremmo cercare di rispondere prima di tutto alla domanda principale: cui prodest? A chi serve?

La vulgata suggerisce che Marine le Pen sia il candidato preferito dal Cremlino, per aver lasciato intendere una posizione più morbida rispetto alle sanzioni che oggi colpiscono la Russia a causa della crisi Ucraina.

Può darsi. Ma siamo alle dichiarazioni d’intenti. La stessa paventata preferenza da parte russa per Donald Trump rispetto a Hillary Clinton è oggi smentita dal mancato re-setting tra le due superpotenze e dall’imprevedibilità del nuovo presidente americano che è tornato a supportare la Nato (questa la ragione principale del suo prossimo viaggio europeo il 25 maggio a Bruxelles) a dispetto di quanto detto apertamente in campagna elettorale.

Il nodo dell'Ucraina
A guardare bene, dal momento che Macron è un uomo di alta finanza, capisce di bilanci, e vuole dare una svolta dinamica all’Unione Europea, sembra lui il miglior candidato ad un approccio scettico verso l’inclusione dell’Ucraina nel campo occidentale.

L’Ucraina è infatti un disastro finanziario al confronto del quale la Grecia impallidisce. Salvata due volte dal baratro dal FMI nel 2008 e nel 2010, con quasi 40 miliardi di dollari di debito in obbligazioni sui mercati internazionali, deve anche due miliardi di dollari a Gazprom.

L’Ucraina non è il Montenegro, da pochissimo entrato a far parte della Nato ma senza risorse proprie, per il quale l’Occidente può fare lo sforzo economico in cambio di un presidio ai confini orientali in funzione antirussa.

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Non è detto quindi che un Macron razionale sia per Putin una minaccia rispetto a una Le Pen che, come Trump, è un leader imprevedibile e umorale.

Tutto è da dimostrare insomma. Vedremo l’eventuale impatto sul voto di domenica di tutta la vicenda, ma anche e soprattutto sulle mosse successive del futuro presidente, al quale è appena stato ricordato di essere un potenziale bersaglio della cyber-guerra.

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Alessandro Turci

Alessandro Turci (Sanremo 1970) è documentarista freelance e senior analyst presso Aspenia dove si occupa di politica estera

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