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L'Isis via dal Libano: cosa significa per la guerra ai Jihadisti

La via d'uscita offerta ai militanti del Daesh verso Deir al-Zour ha irritato Iraq e Usa ma ha restituito il confine all'esercito di Beirut

L'esercito libanese, appoggiato dagli Stati Uniti, ha annunciato il 19 agosto un'offensiva militare per liberare la frontiera con la Siria dai jihadisti dell'Isis.

La notizia è arrivata mentre il gruppo Hezbollah libanese e l'esercito siriano stavano lanciando un'operazione simile per eliminare i miliziani islamisti dal lato siriano del confine con Libano, nella fascia occidentale dei monti Qalamun.

Diverse migliaia di rifugiati siriani vivono nei campi della regione dello Juroud Arsal, una zona semi-desertica situata all’inizio della catena del Qalamoun, tra Siria e Libano.

La campagna, attesa a lungo, ha di fatto richiesto la cooperazione tra le due parti, ma le autorità libanesi hanno insistito sul fatto che non si sono coordinate con il governo del presidente siriano Bashar Assad.

Qualsiasi operazione congiunta tra l'esercito libanese e l'esercito siriano o Hezbollah potrebbe compromettere il notevole aiuto militare statunitense che il Libano riceve.

L’offensiva

Per una settimana l'esercito libanese, sul proprio territorio, e quello di Damasco e le milizie Hezbollah su quello siriano, hanno assaltato le forze dell'Isis presenti nell'area dal 2014.

Il 28 agosto è stato raggiunto un accordo per l'evacuazione dei jihadisti in cambio della restituzione dei corpi di nove soldati libanesi che erano stati rapiti nel 2014.

Gli islamisti dello Stato islamico sono stati caricati assieme alla famiglie su 17 autobus con aria condizionata, oltre a 11 ambulanze per i feriti. Il convoglio si è diretto poi verso la provincia siriana di Deir ez-Zour, ancora in mano all’Isis, e la cittadina di confine Abu Kamal.

La lunga occupazione di Arsal

I nove militari siriani morti, restituiti al governo libanese, erano parte di un gruppo di 30 soldati e poliziotti sequestrati nell'agosto del 2014, quando centinaia di miliziani dell'Isis e del Fronte al-Nusra attraversarono il confine dalla Siria e si riversarono sulla città libanese di Arsal, nella valle della Bekaa.

Dei trenta ostaggi, 16 sono stati liberati da al-Nusra nel dicembre 2015 in uno scambio di prigionieri con Beirut, che rilasciò un numero imprecisato di combattenti islamici. Quattro furono uccisi nel giro di poco tempo, decapitati o fucilati, un quinto morì per le ferite riportate negli scontri.

Inizia l’evacuazione

Il ritorno a casa dei militari, vivi o morti, era diventata una questione nazionale in Libano, e lo stesso presidente Michel Aoun si era impegnato in quel senso. Per questo sia il governo libanese che Hezbollah hanno accettato l’accordo con l’Isis.

Il 29 agosto gli autobus che trasportavano i jihadisti e i loro congiunti hanno attraversato il territorio controllato dalle forze di Damasco e hanno raggiunto il posto di controllo di Al-Hamima, all'ingresso della provincia di Deir ez-Zour, il cui omonimo capoluogo è l'ultima grande città siriana ancora controllata dallo Stato islamico.

Ma sia l’Iraq, che temeva infiltrazioni sul suo territorio, sia soprattutto gli Stati Uniti si sono opposti. L’aviazione americana ha bombardato la strada e un ponte verso Deir ez-Zour, e costretto parte dei pullman a vagare nel deserto per giorni. Poi gli islamisti sono riusciti comunque ad arrivare sul territorio da loro controllato.

Il ruolo di Hezbollah

Tutta la vicenda ha riaperto le divisioni settarie del Libano.

Il primo ministro libanese, il sunnita Saad al-Hariri ha sottolineato che non vi sarebbe stato alcun coordinamento con l'esercito siriano.

Il gruppo sciita Hezbollah, sostenuto anche dall'Iran, invece ha fornito al presidente siriano Bashar al-Assad un sostegno militare fondamentale nella guerra civile, anche sul confine siro-libanese, e ha mandato migliaia di forze per sostenere regime.

Proprio sulla catena del Qalamun, dal 2015, ha condotto alcune delle sue più dure campagne contro i jihadisti sunniti.

La collaborazione con l’esercito libanese contro l’Isis ha spinto ora Hezbollah a insistere con il governo libanese per una normalizzazione dei rapporti con Damasco.

Obiettivo: il controllo del confine

L’offensiva si è inserita quindi in un disegno strategico di ampio respiro, regionale. L’11 luglio il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah ha dichiarato: "È giunto il momento di porre fine alla minaccia dei miliziani da Arsal”. E così è stato.

Ma molto più importante del ritorno dei corpi dei soldati, è la rimozione dello Stato islamico dalla frontiera libanese. Alla fine “il governo siriano e il governo libanese ottengono ciò che vogliono: un migliore controllo su quel confine”, ha commentato Robert Ford, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Siria e ora professore a Yale, in un intervento sul New York Times.

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Chiara Clausi