Libia: ucciso Mokhtar Belmokhtar, la primula rossa d’Africa
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Libia: ucciso Mokhtar Belmokhtar, la primula rossa d’Africa

Il terrorista è stato eliminato da un raid aereo lanciato dal Pentagono. La notizia è stata confermata dal governo di Tobruk

Per Lookout news

Mokhtar Belmokhtar, il terrorista più ricercato d’Africa, è stato ucciso nella notte tra sabato 13 e domenica 14 giugno in un raid aereo lanciato dal Pentagono nella parte orientale della Libia. La notizia è stata confermata dal governo di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale.
 
Tornato in Nord Africa dopo aver combattuto per anni in Afghanistan, dopo la caduta di Gheddafi nel 2011 Belmokhtar era diventato uno dei trafficanti più potenti del Nordafrica. Considerato il responsabile dell’attacco al centro di produzione di gas algerino In Amenas, dove nel 2013 erano stati uccisi 40 operai e rapiti diversi stranieri, in passato è già stato dato per morto in diverse occasioni.
 
Chi è Mokhtar Belmokhtar

Mokhtar Belmokhtar non era Osama Bin Laden: anche se entrambi sono stati veterani dell’Afghanistan, Belmokhtar non era un jihadista, non era un leader di Al Qaeda, né un mistico vocato alla lotta contro l’Occidente. Era piuttosto un predone e un signore della guerra algerino nato a Ghardaia appena quarant’anni fa, molto scaltro e pervicacemente orientato al business, che qualcuno ha voluto assimilare a un capo clan mafioso.

Un’altra sua caratteristica era quella di essere pericolosissimo, per via delle sue frequentazioni. Belmokhtar, infatti, era ben noto alla CIA fin dai primi anni Novanta, quando fu avvistato nei campi di addestramento dell’Afghanistan, poi abbandonati per combattere il governo dell’Algeria a fianco del GIA (Gruppo islamico armato di Algeria), da dove è stato cacciato nel 2003.

Dopo aver riparato in Mali, qui iniziò ad accumulare parecchio denaro (e consenso) attraverso il contrabbando di sigarette – che gli valse l’appellativo di Mr. Marlboro – e grazie a rapimenti sistematici: turisti, operatori umanitari, minatori e lavoratori occidentali gli permisero di incamerare fortune e organizzare un piccolo esercito di fedelissimi per gestire personalmente tali traffici.

Ha passato anni a scorazzare in tutto il Sahara a cavallo o sui pick-up rubati, fino a che non ha fatto il salto di qualità con la guerra di Libia, sfruttando il caos nordafricano per razziare armi e mezzi. Fatto che gli ha permesso di incrementare i propri affari e qualificarsi come uomo di riferimento per i ribelli in tutto il Sahel.

Non solo: prima di altri, ha compreso che la domanda di cocaina in Europa era raddoppiata ed, essendo il Mali testa di ponte per il Vecchio Continente, ha investito anche in questo business altamente redditizio.

Dal narcoraffico al Corano

Anche se Belmokhtar era imparentato con alcuni capi clan di AQIM, la saldatura con Al Qaeda nel Maghreb Islamico era più che altro da considerarsi come una joint venture: con i jihadisti, sempre più bisognosi e desiderosi di ricevere armi, si possono fare ottimi affari e allora va bene anche intestarsi il nome di una brigata o denominarla “Battaglione del Sangue”, come fosse una questione di marketing. Ciò nonostante, il suo excursus dimostra che egli rispettava davvero la jihad, leggeva assiduamente il Corano e andava fiero delle ferite di guerra in nome di Allah.
 
Sia Langley sia gli agenti francesi e inglesi hanno avuto non poche difficoltà a monitorare gli spostamenti del nomade algerino attraverso i confini di sabbia dell’immenso Sahara. Uno degli ostaggi di Belmokhtar, il diplomatico canadese Robert Fowler (rapito nel 2009) affermò in proposito: “Non ho mai avuto la minima idea di dove diavolo ci trovassimo”. Questo anche perché la scelta di vita di Mr. Marlboro è improntata ai sistemi tradizionali, ragion per cui non è mai stato tradito dalle intercettazioni telefoniche e ha eliminato i telefoni satellitari, per non correre alcun rischio. Fowler riferì di non aver mai avuto “prove di lussuria o attaccamento ai beni materiali: dormivamo nella sabbia e mangiavamo riso o pasta secca”.
 
E, in effetti, chi lo ha visto mesi fa aggirarsi nella città di Gao al fianco di centinaia di militanti di AQIM, ha parlato di lui in termini elogiativi: “vestito come Maometto con tunica tagliata all’altezza degli stinchi”, “trasmetteva umiltà”, “un leader disciplinato che ascolta tutti i punti di vista”. Non solo: Belmokhtar ha distribuito giocattoli ai bambini, ha pagato l’affitto a chi ne aveva bisogno e offerto denaro per l’acqua e altri beni ai bisognosi. Poi è sparito di nuovo. Quando il 20 gennaio 2013 una bomba francese ha raso al suolo una villa a Timbuctu, dove si era scoperto che Belmokhtar e altri leader ribelli si riunivano regolarmente, la delusione per aver mancato il bersaglio è stata forte.

Il simbolo di una nuova Al Qaeda?

Quello che appare da questo quadro, insomma, è stata per anni la presenza liquida di una primula rossa diventata un simbolo proprio per il suo essere ambiguo e imprendibile. Se anche accettassimo la teoria secondo cui egli è stato, in effetti, un uomo di spicco di Al Qaeda, ne dovremmo dedurre che l’organizzazione terroristica è radicalmente cambiata: della vecchia Al Qaeda di Osama Bin Laden, Belmokhtar così come altri nuovi leader hanno mantenuto le medesime tattiche di guerra, puntando però a obiettivi diversi. Non più in cerca di un califfato islamico mondiale, bensì di un’affermazione progressiva, economica e militare, ben radicata in Africa e tesa a screditare l’Occidente.

Libia: ucciso in un raid americano Mokhtar Belmokhtar

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Luciano Tirinnanzi