L’Afghanistan tra talebani e ISIS: i dubbi sull’exit strategy americana
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L’Afghanistan tra talebani e ISIS: i dubbi sull’exit strategy americana

Gli USA garantiranno finanziamenti a Kabul fino alla fine del 2016. Ma di fronte agli attacchi islamisti abbandonare il Paese non sarà semplice

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Nei giorni della visita del presidente Ashraf Ghani negli Stati Uniti, dall’Afghanistan continuano ad arrivare notizie di attentati e attacchi. Solo nelle ultime ore sono stati segnalati almeno tre focolai di tensione. Nella provincia meridionale di Khost l’esplosione di un ordigno ha provocato la morte di almeno sei bambini che stavano per iniziare una partita di cricket. Nella provincia centrale di Maidan Wardak, nel distretto di Sayad Abad, questa notte un commando di uomini armati ha attaccato tre veicoli che stavano percorrendo la strada che collega Kabul e Ghazni. Il bilancio dell’offensiva, dietro cui forse potrebbe esserci un’azione non dei talebani bensì di cellule legate allo Stato Islamico, è di 13 morti. Infine, un blitz di droni americani ha ucciso almeno nove militanti talebani pakistani nella provincia afghana di Nangarhar, al confine con il Pakistan.

 Con in mano questo bollettino di guerra, Ghani conta oggi di ottenere dal presidente americano Barack Obama rassicurazioni sul prolungamento dell’impegno militare degli Stati Uniti in Afghanistan. I rapporti tra i due sono buoni. Ghani, d’altronde, è per metà “occidentale”. Ha un dottorato alla Columbia University di New York, dal 1991 al 2001 ha lavorato presso la Banca Mondiale, sua moglie e i suoi figli hanno anche la cittadinanza americana. Lasciatosi alle spalle gli attriti con l’ex presidente afghano Hamid Karzai, Obama punta su di lui per rendere il più indolore possibile l’exit strategy degli Stati Uniti dall’Afghanistan.

 

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Per centrare questo obiettivo Washington è pronta a investire altri miliardi di dollari per l’addestramento di 330.000 militari e poliziotti afghani. Circa 4,1 miliardi verranno inviati da qui alla fine del 2015 e 3,8 miliardi nel 2016, a cui andranno ad aggiungersi altri 800 milioni per permettere al nuovo governo afghano di adottare un piano di riforme per lo sviluppo economico e sociale del Paese. Dunque gli Stati Uniti non abbandoneranno l’Afghanistan. Dall’attacco alle Torri Gemelle nel 2001 quasi un milione di soldati americani sono stati inviati sul fronte afghano. In questi 14 anni di guerra i morti sono stati 2.215 e i feriti più di 20mila feriti. Attualmente i soldati americani impegnati sono circa 10.000, che passeranno a 5.500 entro la fine del 2015 fino al ritiro definitivo nel 2016.

 Ghani spera però di ottenere da Obama un ulteriore prolungamento della missione militare americana in Afghanistan. Lo spettro dell’implosione per il Paese, d’altronde, è un rischio concreto come dimostrano non solo i continui attacchi dei talebani ma anche le incursioni sempre più frequenti di cellule affiliate allo Stato Islamico. La presenza di ISIS in Afghanistan è stata denunciata dall’ambasciatore afghano presso l’ONU Zahir Tanin e confermata da UNAMA, la missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan.

 Al momento ISIS non avrebbe ancora messo radici profonde, ma la sua ascesa in Iraq e Siria presto potrebbe far presa su un numero sempre maggiore di gruppi armati sfruttando le scissioni interne tra i talebani. Mentre è accertato che lo Stato Islamico ha già messo le mani sui traffici di eroina che dall’Afghanistan attraversano il Medio Oriente arrivando fino ai Balcani. Un business d’oro, che potenzialmente potrebbe garantire all’organizzazione del Califfo Al Bagdhadi entrate pari a 1 miliardo di dollari all’anno.


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Rocco Bellantone