L'addio di Varoufakis, ultimo capolavoro di Tsipras
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L'addio di Varoufakis, ultimo capolavoro di Tsipras

Il premier greco offre ai creditori la testa del suo ministro delle Finanze. E apre a un governo di unità che parta dalle ragioni del No

Se n'è andato da vincitore, Yanis Varoufakis, il ministro delle Finanze greco che ha rappresentato il suo Paese nel corso delle fallimentari trattative con i creditori internazionali. Se n'è andato, in qualche modo, a testa alta, «per aiutare Alexis Tsipras a rilanciare i negoziati» come ha scritto sul suo cliccatissimo blog, dopo essere diventato in Europa la «bestia nera» dei negoziatori, il «saccente» ex pupillo di John Galbraith che voleva spiegare persino al ministro tedesco Wolfgang Schäuble perché l'«austerity» non solo stava spiegando il suo popolo, ma sta condannando l'Europa a una precoce autodistruzione istituzionale e monetaria di cui gli ultimi a soffrire - diceva - sarebbero stati gli stessi tedeschi e tutti coloro che avevano prestato denaro alla Grecia.

È difficile immaginare che la teatrale mossa dell'ormai ex ministro delle Finanze  - di cui avevano chiesto la testa molti dei suoi colleghi europei -  non sia stata preventivamente concordata col primo ministro greco. Ed è altrettanto chiaro che, uscito di scena il ministro che ieri sera si è presentato in muscolare T-shirt per commentare il risultato referendario, prelude in Grecia a un rimpasto che promuova, come negoziatori con l'Europa, uomini meno esposti, meno dediti ai colpi di teatro rispetto all'ex professore itinerante e new global che si recava in motocicletta al ministero di Atene e girava in strada, senza scorta, armato solo del suo zainetto in spalla, come un qualsiasi studente Erasmus in giro per il mondo.

IL CAPOLAVORO TATTICO DI TSIPRAS
Il nome che come successore circola in queste ore ad Atene è quello di Efklidis Tsakalotos, cinquantacinque anni, attuale vice-ministro degli Esteri greco ed ex professore di Economia dell'Università di Kent. Già presente ai tavoli negoziali con i partner europei, ha sempre mantenuto un profilo basso rispetto al muscolare e vulcanico Varoufakis. Un profilo certamente meno problematico - anche sul piano caratteriale - per condurre una trattativa che oggi, dopo la vittoria del No, appare come un salto nel buio, e non solo per la Grecia ma per tutta l'Europa, un «navigare» - per usare le parole di  Mario Draghi - «in acque sconosciute» dove persino l'adozione di una moneta parallela da parte di Atene e  l'effetto domino su tutti i Paesi dell'area sud del Mediterraneo appaiono scenari tutt'altro che irrealistici.

È l'ultimo capolavoro tattico di Alexis Tsipras, dopo aver incassato il simbolico abbraccio del suo popolo: offrire (da vincitore) la testa del suo odiato e amato ministro delle Finanze per dimostrare di voler seriamente un accordo, di non voler tornare alla dracma, di voler seriamente ridisegnare, tutti insieme, un nuovo modello di governance europea che tenga conto dell'insostenibilità del debito di uno o più Paesi dell'Unione.

Il capolavoro tattico di Alexis Tsipras sta tutto qui: mostrare ora, dopo la vittoria, il volto ragionevole del suo governo, dopo aver voluto - e non è stata una scelta casuale - che i festeggiamenti per la vittoria del No fossero accompagnato dallo sventolio nazionalista delle bandiere greche, non quelle rosse di Syriza. Un «filotto politico», quello di Tsipras, che non eviterà al suo popolo ulteriori sofferenze, ma che gli consente ora di tendere ora la mano, da vincitore, a tutte le forze di opposizione, compresa quella di Nea Demokratia  dell'ex primo ministro dimissionario Samaras sul quale (sbagliando) avevano puntato tutte le loro carte, dopo una sperata vittoria del Sì, i negoziatori europei.

IL FUTURO DI VAROUFAKIS
Il destino di Varoufakis è comunque roseo. Se ne va da vincitore. Lo attende un futuro da conferenziere, da professore itinerante in giro per il mondo chiamato a spiegare - in qualità di testimonial di «un altro mondo possibile» - l'irragionevolezza di un sistema europeo dove i creditori del governo greco e i negoziatori istituzionali della Commissione appaiono talmente interscambiabili da rendere evidente il fallimento del progetto europeo.  «Stiglitz, Rifkin, Krugman, Piketty rischiano la seconda fila» scrive oggi Aldo Cazzullo sul Corsera. Il mondo ha una nuova star: Yanis Varoufakis.

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Paolo Papi