La persecuzione degli atei in Medio Oriente
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La persecuzione degli atei in Medio Oriente

Essere ateo in alcuni Paesi mediorientali è una sfida allo Stato e alla società che può costare la galera o l’esilio

“Il numero degli atei sta crescendo dappertutto ed è così anche nel mondo arabo. Noi giovani di questi Paesi sappiamo molto bene che la religione non risolverà i nostri problemi”. Kacem El Ghazzali, un ragazzo di ventidue anni che vive a Zurigo, è scappato dal Marocco a causa delle sue idee sulla religione. Aveva aperto un blog che parlava di ateismo, senza nascondere la sua identità, come fanno diversi ragazzi arabi che affrontano questo tema su internet. “Ho ricevuto diverse minacce di morte sul mio indirizzo di posta eletronica. Il mio nome e la mia foto sono circolati su internet. Sono stato espulso dalla scuola e ho affrontato un processo con l`accusa i blasfemia, poiché ho mancato di rispetto al re del Marocco che, nel mio Paese, ha anche il titolo di principe dei fedeli”

Anche Alber Saber sta pagando un prezzo molto alto a causa delle sue idee. Questo ragazzo egiziano di 27 anni è stato arrestato con l’accusa di avere ridicolizzato la religione su Facebook. Il processo è in corso ed è possibile che Alber Saber sia ritenuto colpevole di aver violato l’articolo 98 del codice penale. Questa norma punisce il reato di “promuovere l’estremismo con l’intenzione di creare dissenso ed insultare le religioni abramitiche”. Se il giudice stabilirà la sua colpevolezza, c’è il rischio che questo cittadino egiziano debba rimanere sei anni in prigione.

In Turchia, il famoso pianista Fazil Say rischia di passare 18 mesi in carcere con l’accusa di blasfemia. Anche in questo caso il problema nasce da alcune frasi irrispettose scritte sui social network. In uno dei tweet incriminati, l’artista si prende gioco di un Imam che aveva recitato il richiamo alla preghiera in pochi minuti, chiedendosi se il religioso avesse avuto fretta di finire perché non vedeva l’ora di bere una bottiglia di alcool o di passare un po’ di tempo con la sua amante.

Il problema di dichiararsi atei in Medio Oriente non è soltanto legislativo, ma anche sociale. Kacem mi racconta che nella blogosfera e nei forum atei si conoscono tutti e spesso si confidano sulla difficoltà di rivelare le proprie idee ai conoscenti, agli amici e alla famiglia. Sebbene esistano “diversi musulmani liberali che rispettano la scelta di essere atei”, ci sono alcuni gruppi che condannano a morte chiunque decida di abbandonare l’Islam. Tuttavia, più che la paura, sono le conseguenze familiari e sociali che impediscono a tanti ragazzi di dichiararsi atei.  Avere un figlio che non crede in Dio è motivo di vergogna per molte famiglie e così i ragazzi devono lasciare la casa dei genitori e affrontare diverse difficoltà sociali ed economiche.

Kacem mi spiega che la sua famiglia ha dovuto prendere le distanze dalle sue idee quando si trovava in Marocco e che ha deciso di tornare a parlare con i genitori soltanto dopo essere arrivato in Svizzera. “Quando parliamo cerco di non trattare questo argomento e di non discutere delle ragioni che mi hanno portato a lasciare il Marocco. Mia madre ancora non si spiega perché abbia deciso di abbandonare l’Islam”.

L’obiettivo principale di Kacem non è convincere altri ragazzi ad abbandonare la propria religione, ma ottenere dei cambiamenti legislativi che consentano a chi si dichiara ateo di non subire persecuzioni a causa delle proprie opinioni. “Credo semplicemente nella libertà di parola” mi spiega “e non posso fare a meno di combattere perché tutti possano esprimere il proprio punto di vista, senza correre alcun rischio”.

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Matteo Colombo

Vive tra Ankara e Il Cairo per studiare arabo e turco. Collabora con  diversi siti di politica internazionale. Le sue grandi passioni sono  l’Egitto, la Siria e la Turchia

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