La crisi di Al Jazeera, megafono dei nuovi potenti
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La crisi di Al Jazeera, megafono dei nuovi potenti

Il calo di audience del network satellitare del Qatar - noto un tempo per la sua indipendenza - ha una spiegazione: l'eccessiva vicinanza ai nuovi governi di Egitto e Tunisia nati dopo la primavera araba che ha favorito le tv private di opposizione

 

Prima del 2011 Al Jazeera era la rete All-news più popolare per milioni di arabi, al punto di essere diventata il canale simbolo della nuova libertà. Il suo logo compariva su numerosi cartelli nelle piazze rivoluzionarie e c’era addirittura chi sosteneva che le rivolte non sarebbero state possibili senza questo canale, unico a dire quello che le altre emittenti tacevano.

Al Jazeera piaceva ai telespettatori perché diffondeva le notizie, a differenza delle televisioni nazionali controllate o vicine alle dittature. L’emittente qatariota era una tv moderna anche nello stile e nei contenuti. Aveva un palinsesto più completo rispetto alle televisioni non governative, che trasmettevano soltanto sermoni religiosi o video musicali, offrendo anche programmi di approfondimento che davano spazio ad opinioni  contrapposte. Per questo era riuscita in pochi anni ad essere un punto di riferimento dell’informazione araba ed  a diventare la voce del popolo che era sceso in piazza durante le rivoluzioni.

Oggi Al Jazeera perde spettatori, soprattutto nei Paesi della primavera araba. In Tunisia l’audience dell’emittente qatariota è passata dal 10,7% del 2011 al 4,8% del 2012. La penetrazione televisiva (il rapporto tra chi è sintonizzato su un canale e il totale della popolazione) è  invece calata dal 4,34% dei mesi precedenti alla rivoluzione al 2,38% del 2013. Secondo uno studio della Northwestern University del Qatar, il numero di spettatori egiziani sarebbe  sceso del 20% rispetto al 2011.Una contrazione che si spiega soprattutto con il successo delle tv private, spesso molto critiche nei confronti del Presidente Morsi.

Oggi Al Jazeera non è altro che una delle tante televisioni che fanno informazione nel panorama televisivo arabo. La rivoluzione ha permesso di aprire molti altri canali privati che fanno concorrenza alla Tv qatariota, molti dei quali trasmettono  soltanto in uno   dei  Paesi. Molti telegiornali delle emittenti non governative vengono  percepiti come critici nei confronti del Governo ed hanno conquistato  una popolarità ed un’autorevolezza simile a quella  che aveva Al Jazeera. Anche la qualità dei programmi delle Tv nazionali è molto alta, ormai paragonabile a quella dell’emittente panaraba. Se ai tempi delle dittature trasmettere attraverso il satellite consentiva di  sfuggire alla censura e di raggiungere un vasto pubblico, oggi è diventato un problema, perché non permette di creare programmi specifici per un pubblico che ha  gusti diversi da Paese a Paese.

Un’altra ragione di questo calo potrebbe essere che Al Jazeera è ormai percepita da molti telespettatori come la voce dei nuovi Governi egiziano e tunisino, nonostante formalmente questa Tv si presenti ancora come un canale aperto a tutte le opinioni . Una circostanza confermata anche dall’ex corrispondente della Tv araba da Beirut, che, sul giornale “Der Spiegel”, spiega come l’emittente  qatariota sia ormai diventata “il megafono del Presidente Morsi” in Egitto. Secondo diversi giornalisti che hanno lasciato questa televisione, Al Jazeera è ormai sempre più uno strumento della politica estera del Qatar, uno Stato che ha avuto ed  ha un ruolo attivo nel supportare alcuni gruppi, soprattutto islamisti, che operano nella regione.

 

I Governi islamisti al potere in Egitto e Tunisia sono sempre meno popolari nei Paesi della primavera araba. Secondo un recente sondaggio  il grado di approvazione del Presidente Morsi è sceso dal 78% dei primi 100 giorni al 45%. Ad opporsi al Governo dei Fratelli Musulmani sono specialmente le persone più scolarizzate, ossia il pubblico che prima seguiva al Jazeera e  ora preferisce le altre Tv private.

 

La crisi della televisione satellitare è dovuta ad un cambiamento  profondo  della società di questi Paesi e del suo pubblico televisivo, sempre più esigente e sfaccettato. Non basta più essere contro il Governo per fare ascolti, ma bisogna anche saper leggere i mutamenti in corso in società  composte ormai da spettatori abituati ad un’informazione aperta a diverse opinioni. Per far fronte a questo cambiamento la Tv del Qatar, che compirà 18 anni nel 2014, dovrà decidere cosa farà da grande, ossia scegliere se diventare la BBC araba o un’altra  televisione militante del mondo arabo.

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Matteo Colombo

Vive tra Ankara e Il Cairo per studiare arabo e turco. Collabora con  diversi siti di politica internazionale. Le sue grandi passioni sono  l’Egitto, la Siria e la Turchia

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