Italiani rapiti in Libia: "Un sequestro a fini di lucro"
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Italiani rapiti in Libia: "Un sequestro a fini di lucro"

Secondo Mario Mori, ex direttore SISDE, occorre collaborare con l'intelligence locale. “Trattare subito coi predoni prima che finiscano ai terroristi”

A 48 ore dalla notizia del rapimento degli italiani Bruno Cacace e  Danilo Calonego, i tecnici della società di costruzioni Con.I.Cos sequestrati da uomini armati a Ghat nel sud-ovest della Libia al confine con l’Algeria, aumentano le preoccupazioni per l’incolumità dei nostri connazionali.

Il rischio principale è che i due presto possano diventare oggetto di scambio, finendo nelle mani di uno dei tanti gruppi terroristici che opera in quest’area del Paese. “Penso che in questa prima fase – spiega il generale Mario Mori, in passato direttore del SISDE e oggi direttore scientifico di Lookout Newssi tratti di un sequestro di natura economica. Nella zona del sud-ovest della Libia al confine con l’Algeria, così come in tutta l’area del Paese confinante a sud con Niger e Ciad, è molto forte la presenza di predoni in genere di etnia tuareg. Quello in corso potrebbe dunque essere un sequestro a fini di lucro. In generale, Ghat si trova in una zona molto particolare, infestata da una serie di gruppi armati. Uno di questi, al-Murabitun, è guidato dal famoso criminale Mokhtar Belmokhtar e ha legami con Al Qaeda. Ma qui, negli ultimi mesi, hanno anche riparato molti miliziani legati a ISIS, in fuga da Sirte e da altre zone del nord della Libia. Il pericolo, già nell’immediato, è che la situazione si possa complicare ulteriormente. E ciò potrebbe accadere se ci sarà un passaggio di mano dei nostri connazionali dai predoni che li hanno rapiti a dei gruppi terroristici”.


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L’ultimo precedente che riguarda l’Italia, d’altronde, non è affatto rassicurante. Nessuno ha dimenticato, infatti, ciò che è accaduto ai quattro dipendenti della società Bonatti di Parma, sequestrati nella zona di Mellitah nel luglio del 2015. Solo nel marzo del 2016 due di loro sono tornati a casa, mentre gli altri sono rimasti uccisi nel tentativo di ottenerne la liberazione.


Undated still image from a video showing Mokhtar Belmokhtar speaking at an unknown location

(Mokhtar Belmokhtar, il criminale più temuto che opera nel Sahel)

 “Anche adesso la nostra posizione – prosegue il generale Mori – è molto delicata. C’è però una cosa da tenere in considerazione. La zona di Ghat è occupata politicamente da elementi che fanno riferimento al Governo di Accordo Nazionale del premier designato dalle Nazioni Unite Faiez Al Serraj. Questo esecutivo è sostenuto dall’Italia, motivo per cui esistono possibilità di dialogo sfruttando la collaborazione di elementi dell’intelligence che in questo momento opera al servizio del nuovo governo libico. È sempre meglio in questi casi fare operare chi conosce il terreno e le realtà locali. Agendo in maniera immediata con questi interlocutori possiamo sperare di ottenere qualcosa. Questa è l’unica via percorribile. Ma dobbiamo farlo rapidamente. È inutile girarci intorno. L’Italia è nota perché paga per ottenere il riscatto dei suoi connazionali sequestrati. Quindi, se decidiamo di mantenere questo tipo di impostazione, è meglio offrire subito qualcosa piuttosto che aspettare. Perché trattare con dei predoni terroristi è molto più difficile che trattare con dei semplici predoni”.

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Rocco Bellantone