Cina Trump-Kim Jong-un
NICOLAS ASFOURI/AFP/Getty Images - 8 giugno 2018
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Summit Trump - Kim Jong-un: le conseguenze per la Cina

Pechino teme ricadute economiche e strategiche dell'incontro di Singapore: a rischio la leadership sull'area

Xi Jingping è uno dei "mediatori" nella crisi coreana tra Trump e Kim Jong-un, ha caldeggiato una distensione e sostiene l'incontro tra il presidente americano e il leader nordcoreano, eppure l'esito dello storico faccia-a-faccia, previsto a Singapore il 12 giugno, potrebbe avere conseguenze per la Cina.

Le ricadute sono sia di natura "diplomatica", perché prevedono un riassetto degli equilibri nel sud est asiatico, sia di tipo economico e militare. La Cina, infatti, potrebbe perdere la leadership nell'area e l'influenza che esercita al momento su Pyongyang, di cui è stata il principale alleato commerciale e strategico. Con la "beffa" che gli Stati Uniti non ritirerebbero comunque le proprie truppe, come detto chiaramente dai vertici del Pentagono. Anzi, potrebbero concentrarsi sulla questione delle isole contese tra Cina e Giappone.

La Corea del Nord, inoltre, potrebbe decidere di smettere i missili a lunga gittata, che tanto preoccupano Washington, ma non quelli a breve raggio, in grado di raggiungere proprio la Cina.

Il riassetto militare

Le attenzioni, in vista del summit di Singapore, sono tutte rivolte al piano di denuclearizzazione e di progressiva dismissione di buona parte dell'arsenale militare nordcoreano. Kim Jong-un ha compiuto i primi passi, con il via allo smantellamento del sito nucleare di Punggye-Ri a fine maggio, davanti a una delegazione di giornalisti occidentali e tecnici internazionali.

L'operazione, però, non è che un primo passo (soprattutto formale), perché la Corea del Nord può ancora contare su circa 10.000 esperti che, con le conoscenze maturate e che hanno portato a realizzare tra le 50 e le 60 testate atomiche, altri ordigni della stessa natura.

Gli Stati Uniti si aspettano un processo di vera smilitarizzazione, soprattutto nucleare, in cambio della garanzia di sicurezza chiesta dalla Corea del Nord. Ma nello stesso tempo hanno già annunciato che non lasceranno la penisola e in particolare i propri contingenti in territorio sudcoreano: "Non commettiamo errori: l'America è presente nell'area indo-pacifica per rimanerci. Quello è un teatro che rappresenta una nostra priorità" ha detto senza giri di parole il segretario alla Difesa statunitense, James Mattis.

Parole pronunciate in occasione del forum della difesa di Shangri-La (Singapore) qualche giorno fa, alle quali sono seguite precise indicazioni dei nuovi obiettivi strategici americani.

La tensione nelle isole contese

Se il futuro della Corea del Nord è all'ordine del giorno dell'incontro tra Trump e Kim Jong-un, l'intera situazione nella zona asiatica è sotto la lente degli Stati Uniti, che già pensano all'immediato futuro. In particolare alle tensioni per le isole contese tra Cina e Giappone, storico e fedele alleato di Washington. Si tratta di isole strategiche nel Mar cinese meridionale, dove Cina, Giappone, Vietnam e Filippine rivendicano a vario titolo la sovranità e si contendono i confini marittimi.

Mattis ha accusato Pechino di aver violato le norme internazionali dispiegando armamenti con precisi obiettivi militari. Immediata la risposta: "Lo spiegamento di truppe o armi sulle nostre isole e barriere coralline rientra nei nostri diritti sovrani, questo è consentito dalla legge internazionale" ha dichiarato il vicepresidente dell'Accademia delle Scienze militari dell'esercito cinese, He Lei.

Ma la questione è tutt'altro che risolta, perché il Pentagono ritiene che la Cina stia costruendo illegalmente isole artificiali da adibire a basi militari per estendere contemporaneamente le proprie acque territoriali e quindi la propria giurisdizione.

La crisi è strettamente connessa a quanto sta accadendo in Corea.

La Corea e le conseguenze per la Cina

Secondo Corey Wallance, analista esperto in sicurezza asiatica alla Freie University di Berlino, la stabilità della penisola coreana può permettere agli Usa di "dedicarsi alla competizione strategica con la Cina". Parole che hanno trovato conferma esplicita in quelle di Mattis: "Nonostante la Cina affermi il contrario, il dispiegamento di sistemi d'arma è strettamente legato al loro uso militare allo scopo di intimidazione e coercizione".

Secondo Wallance e altri osservatori, il disgelo e l'avvio di colloqui con la Corea del Nord avrà come effetto quello di liberare decine di migliaia di forze Usa al momento impiegate nella penisola coreana.

Queste truppe sono state dislocate fino ad ora con il compito ufficiale di proteggere la Corea del Sud, ma potrebbero ora essere ricollocate in altri Paesi del sud est asiatico, come Giappone, Singapore, Australia e Filippine, con il nuovo obiettivo di contenere l'influenza cinese. "Gli Stati Uniti non faranno i bagagli per tornare a casa" ha spiegato Wallance alla CNN. 

Nuove alleanze commerciali

Le conseguenze di una nuova era nei rapporti della Corea del Nord con gli Usa potrebbero essere molto importanti per la Cina anche a livello economico e questa non è una buona notizia per Pechino. Di recente era circolata l'indiscrezione, non confermata, di un'intesa commerciale tra Washington e Pyongyang per aprire una serie di fast food (si era fatto il nome di McDonald's) nel Paese.

Ma non si tratterebbe che di una piccola parte dei nuovi affari che potrebbero essere avviati tra i due Paesi. Finora la Cina ha rappresentato il vero e unico alleato della Corea del Nord, ma con la distensione diplomatica è inevitabile che arriveranno anche accordi commerciali ed economici, il cui valore potenziale è aumentato in seguito alla "guerra dei dazi" tra Usa e Cina.

Pyongyang potrebbe negoziare accordi migliori con Washington rispetto a quelli già in essere con Pechino, che fino ad ora rappresentavano una "concessione" da parte del maggior alleato nordcoreano.

La "minaccia militare" nordcoreana

L'obiettivo dichiarato del presidente Trump è quello di arrivare a una denuclearizzazione della Corea del Nord, per azzerare la potenziale minaccia che questa rappresenta per gli Stati Uniti, con le sue testate a lungo raggio.

Ma anche nel caso in cui Kim Jong-un accetti di privarsi di una parte così importante del suo arsenale, secondo gli esperti rimarrebbe in possesso di razzi a breve gittata, dunque in grado di raggiungere paesi confinanti e vicini proprio come la Cina (o il Giappone). Una prospettiva che piace poco sia a Pechino, che dunque non allenterebbe la guardia, sia al Giappone, che potrebbe sempre contare sul suo alleato statunitense, anche sul suolo nipponico.

Esiste, infine, un ultimo scenario che potrebbe impensierire sia la Cina che gli Usa, legato alla possibilità che Pyongyang mantenga parte del proprio arsenale. Ovvero l'ipotesi che il mantenimento dei missili a breve gittata da parte della Corea del Nord possa spingere il Giappone e la Corea del Sud a sviluppare a loro volta programmi nucleari per difendersi da eventuali aggressioni.

Questo potrebbe portare a una enorme destabilizzazione nell'intera regione asiatica, dagli effetti imprevedibili.

Cosa aspettarsi da Singapore?

Alla luce di queste osservazioni, cosa aspettarsi dal vertice tra Trump e Km Jong-un? Probabilmente il miglior esito per tutti sarebbe il raggiungimento di un accordo "intangibile", senza effetti immediati concreti, ma che abbia il solo scopo di "raffreddare la temperatura" e riportare un clima di maggiore distensione internazionale, senza vincolare alcuno.

Ciò è ancora più valido per la Cina che, finché durerà il clima di incertezza tra Stati Uniti e Corea del Nord, potrà continuare a seguire la politica adottata finora nel Mar cinese meridionale, ovvero continuare con il proprio rafforzamento nell'area, realizzare e migliorare il proprio potenziale militare, e continuare a esercitare la propria influenza economica e commerciale nell'area dell'Asia e del Pacifico.

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Eleonora Lorusso