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Il padre di Aylan a Kobane per seppellire il bambino, il fratellino e la moglie

L'uomo è già rientrato nella martoriata città curdo-siriana. Uno zio appena rifugiato in Germania: "Il mondo deve guardare quella foto e vergognarsi"

Dopo aver rifiutato l'offerta di asilo in Canada, AbdullahKurdi - il padre di Aylan, il bambino affogato sulla spiaggia di Bodrum, la cui foto ha scosso tutta Europa - è già rientrato a Kobane con i corpi dei familiari (oltre al piccolo di tre anni, il fratellino Galip di cinque e la moglie) per dare loro sepoltura dopo il tragico naufragio del barcone su cui viaggiavano insieme verso l'isola di Kos. L'uomo è giunto nella martoriata città curdo-siriana attraverso la frontiera turca di Suruc, accompagnato da alcuni deputati turchi dell'Akp (il partito del presidente Erdogan) e del filo-curdo Hdp, tra cui Dilek Ocalan, la nipote del leader in prigione del Pkk.



Subito dopo la tragedia che gli ha distrutto la famiglia, l'uomo aveva lanciato un appello perché la comunità internazionale faccia il possibile per evitare che altre persone soffrano come lui: "Voglio che il mondo intero ci ascolti dalla Turchia, dove siamo arrivati fuggendo dalla guerra. Sto soffrendo tantissimo, faccio questa dichiarazione per evitare che la stessa cosa succeda ad altri", le parole di Abdullah Kurdi, mentre l'immagine del corpo senza vita di Alyan diventava un simbolo della tragedia in corso

Anche lo zio del bambino ha sottolineato la volontà di non far cadere il tutto nell'oblio: "Il mondo intero deve vedere la foto di Aylan, la deve guardare e vergognarsi. E' scioccante, lo so, ma perché la morte dei miei poveri nipoti non sia stata inutile, è importante che la guardiate ancora e ancora. Indignatevi e ricordatevela per sempre", ha dichiarato in un'intervista a RepubblicaMohammad Kurdi, fratello di Abdullah. Che ha anche raccontato: "Volevano venire in Germania e fare la domanda di asilo politico qui. Abdullah aveva provato a ottenere il permesso per andare in Canada, perché a Vancouver vive nostra sorella Tima, ma non c'è riuscito".

Mohammad Kurdi ha percorso a sua volta la rotta balcanica in un recente passato: "Quattro mesi fa sono partito dallo stesso punto sulla costa turca dove si sono imbarcati Abdullah, la moglie e i miei due nipoti. Poi la Grecia, la Macedonia, la Serbia, l'Ungheria e infine la Germania. Ho camminato a piedi per 20 giorni di fila. E' stato un viaggio molto pericoloso e pieno di insidie, è un miracolo che sia ancora vivo... Mi chiedo perché i vostri governi non mandino barche europee sicure a prendere i migranti che a migliaia affollano le coste turche e che finiscono nelle mani dei trafficanti di uomini. In questo modo nessuno morirebbe più in mare".


L'arrivo delle salme tra lacrime e soldati

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OZAN KOSE/AFP/Getty Images

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Redazione