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Il generale Haftar mette le mani sul petrolio libico

Le forze armate fedeli al generale della Cirenaica sostenuto dall'Egitto hanno sottratto al governo Serraj i terminal Ras Lanuf ed Es Sider

Per Lookout news

Da sempre in Libia chi controlla il petrolio ha in mano il potere. Era inevitabile pertanto che i combattimenti, al netto della battaglia per la presa di Sirte dove restano asserragliati ancora centinaia di jihadisti dello Stato Islamico, sarebbero tornati a concentrarsi nei territori della cosiddetta Mezzaluna Petrolifera.

 In questo tratto di costa, situato tra Sirte e Bengasi, alle prime ore di domenica 11 settembre contingenti dell’LNA (Libyan National Army), le forze armate fedeli al generale Khalifa Haftar, sono avanzate in direzione dei terminal petroliferi di Ras Lanuf ed Es Sider, sottraendone il controllo alla Guardia Petrolifera (PFG, Petrol Facilities Guard) guidata da Ibrahim Jedhran, in passato leader dei separatisti della Cirenaica e oggi invece alleato del governo di unità nazionale (GNA, Government of National Accord) del premier designato dalle Nazioni Unite Faiez Serraj.

 Secondo il resoconto del colonnello Ahmad Mesmari, uno dei portavoce dell’LNA, i militari di Haftar hanno adesso il controllo degli ingressi alla città di Ajdabiya (crocevia strategico per l’export di petrolio, ndr) e dei porti petroliferi di Es Sider e Ras Lanuf, mentre scontri sono in corso per la presa dei terminal di Zuwaytina e Al-Brega. Bombardamenti aerei si sono registrati inoltre nelle ultime ore a ovest di Ajdabiya e nel distretto Ganfuda a Bengasi.

 L’offensiva dell’LNA è stata effettuata nell’ambito dell’operazione Al-Barq Al-Khatif (Sudden Lightning) e i militari di Haftar nella loro avanzata non avrebbero trovato “quasi alcuna resistenza”. Tra i miliziani di Jedhran vi sarebbe stato infatti solo un morto, mentre la maggior parte si sarebbe data alla fuga lasciando incustoditi sul posto blindati e altri veicoli militari. La situazione sta dunque volgendo velocemente a favore delle milizie dell’LNA, come dimostrerebbero anche le dichiarazioni di Salah Al-Atewish, capo della tribù Magharba stanziata nell’area di Ajdabiya, il quale avrebbe invitato tutti i suoi membri a sostenere il generale Haftar.

 

Perché sono importanti i terminal di Es Sider e Ras Lanuf
La perdita del controllo dei terminal di Es Sider e Ras Lanuf rappresenta un duro colpo per il governo Serraj tanto sul piano politico quanto su quello strettamente economico. Nell’area in cui si trovano i due porti non sono infatti operativi solo i terminal per le esportazioni petrolifere, ma anche una raffineria, complessi petrolchimici, una base militare, un aeroporto civile, gli edifici della NOC (National Oil Company, la compagnia pubblica degli idrocarburi) e di diverse società energetiche straniere, giacimenti, pozzi e un’area residenziale in cui vivono circa 25.000 persone.

 

Fin quando hanno funzionato a pieno regime, i terminal di Es Sider e Ras Lanuf hanno coperto metà della produzione nazionale petrolifera libica, pari a circa 700.000 barili al giorno. Le attività sono state interrotte alla fine del 2014 a causa dei continui attacchi sferrati da milizie islamiste affiliate allo Stato Islamico o ad Ansar Al Sharia. In questo lasso di tempo i porti sono stati difesi dalle milizie della Guardia Petrolifera che nel luglio scorso ha trovato un accordo con il governo di Serraj per riaprire i terminal e far ripartire le esportazioni petrolifere sotto il controllo del nuovo governo.

 Adesso l’irruzione nella Mezzaluna Petrolifera delle forze di Haftar complica ulteriormente i piani di Serraj, soffocando nuovamente le ambizioni di riunificazione del Paese nutrite dalle Nazioni Unite. L’esecutivo sostenuto dall’ONU, con base a Tripoli e comando militare a Misurata, già non può contare sulla gestione totale della NOC, di fatto spaccata a metà con due sedi rivali: una si trova nella capitale e risponde al GNA; l’altra è invece a Bengasi ed è diretta da uomini di fiducia del governo parallelo di Tobruk del premier Abdullah Al-Thinni, espressione della Camera dei Rappresentanti e su cui vige il controllo di Haftar.

 Con i terminal più importanti nelle mani del generale della Cirenaica, lo scenario che si prospetta per la Libia già nel breve periodo è quello di uno scontro frontale tra le forze fedeli a Tobruk e quelle che invece appoggiano Serraj. Nel momento in cui Sirte cadrà definitivamente, tra Tripoli e Bengasi non ci saranno infatti più ostacoli.

 In palio c’è una produzione petrolifera nazionale assestata ad oggi a circa 200.000 barili al giorno. Pochi rispetto agli 1,6 milioni dei tempi di Gheddafi, ma comunque più che sufficienti per spingere le fazioni opposte allo scontro.

 Il capo della missione ONU in Libia, Martin Kobler, in un tweetha espresso preoccupazione per l’escalation del conflitto, in cui progressivamente la guerra a ISIS sta lasciando spazio a uno scontro interno per la leadership. “Il petrolio libico appartiene a tutti i libici” ha twittato Kobler. Si sbaglia. Perché il petrolio in Libia da sempre appartiene solo ed esclusivamente a chi ha in mano il potere.

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Rocco Bellantone