Il fragile governo di unità nazionale in Libia
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Il fragile governo di unità nazionale in Libia

Manca ancora l'ok dei Parlamenti di Tobruk e Tripoli. E manca soprattutto un accordo su chi dovrà comattere l'espansione dello Stato islamico nel Paese

Dopo una notte di trattative il Consiglio presidenziale libico ha dato il via a un nuovo governo libico di unità nazionale, volto a unire le fazioni in guerra del Paese nell'ambito del piano delle Nazioni Unite voluto dall'inviato speciale Martin Kobler e sottoscritto a Shikrat siglato un mese fa tra i rappresentanti di Tobruk e Tripoli. Nessuno però è autorizzato a tirare un sospiro di sollievo.

Mancano ancora gli ok dei due Parlamenti libici, senza i quali il patto preliminare siglato oggi è carta straccia. E non si possono nemmeno dimenticare quelle voci che hanno accompagnato le riunioni fiume avvenute all'hotel Residence di Tunisi tra rappresentati libici di cui ha narrato il solitamente ben informato Lybia Herald: liti furibonde sull'assegnazione dei ministeri, in particolari su quello degli Esteri, un ipotetico governo-monstre con 22 ministri e 44 viceministri, un complicatissimo punto di equilibrio  tra le tre storiche province della Libia e i relativi interessi (Tripolitania, Cirenaica e Fezzan). Senza dimenticare la delicata questione degli istituti e gli enti statali di maggiore rilievo, come la Banca centrale e la Corporazione Nazionale per il Petrolio (Cnp), sui quali hanno gettato gli occhi tutti rappresentanti delle fazioni che erano  presenti a Tunisi.

 Va ricordato, nonostante il passo avanti, che unità nazionale non significa necessariamente pace. Sul terreno c'è la questione dell'espansione del ramo libico dello Stato islamico, che già si starebbe preparando allo scontro armato fra i pozzi di petrolio d’Ajdabiya. Ma sul tavolo c'è anche la questione della forma e delle prerogative con cui avverrà, se avverrà, l'intervento della forza multinazionale sotto l'egida delle Nazioni Unite. Il generale Khalifa Haftar, uomo forte e ministro della Difesa di Tobruk e da sempre contrario a ogni forma di dialogo nazionale, ha detto in mille modi che l’accordo non può funzionare se non s’affrontano questioni nient'affatto secondarie come la fine dell’embargo sulle armi al suo esercito, caldeggiata anche dall’alleato egiziano. Chi dovrà, in nome dell’unità libica, combattere l’Isis? E come reagiranno le fazioni armate rimaste fuori dall'accordo di Tunisi, ammesso, e non concesso, che al patto di Tunisi segua il sì dei due parlamenti? 

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