Il "box alimentare" di Trump e la vergogna di essere poveri
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Il "box alimentare" di Trump e la vergogna di essere poveri

Abolito l’assegno per la spesa alimentare, è in arrivo il cibo in scatola. Vicenda tutta americana, dove la povertà è da sempre vissuta come una colpa

Tra le pieghe della legge di bilancio Usa è emersa la volontà dell’amministrazione Trump di abolire l’assegno mensile di 120 dollari destinato alla fascia più povera di americani, sostituendolo con un scatolone alimentare. Il suo nome: American Harvest Box.

La novità ha preso in contropiede il dibattito interno che, in assenza di riferimenti, ha citato l’unico esempio a portata di mano: quello del Blue Apron. Ma quali differenze!

Mentre il Blue Apron si riferisce all’idea avanguardistica di una start-up newyorkese di portarti a casa, su ordinazione, un box con gli ingredienti, le dosi esatte e la ricetta per fare un figurone con gli amici invitati a cena, il box statale in gestazione sarà molto, ma molto meno trendy.

Si baserebbe unicamente su cibo in scatola e che andrebbe, appunto, a sostituire l’assegno, con la differenza, sostanziale che con quest’ultimo si poteva scegliere cosa comprare (non soltanto cibo) mentre con il box sarà impossibile.

Meno welfare, più armi

Il nome harvest (raccolto) prende così il sapore agro dell’inganno propagandistico. In un Paese che conta milioni di poveri e dove, sempre stime alla mano, 13 milioni di bambini non ricevono le dosi adeguate di cibo, la scelta dell’amministrazione getta un cono d’ombra sui criteri che hanno portato all’incremento delle spese militari e al taglio sostanziale del welfare.

In altre parole, Trump sembra privilegiare il Pentagono (e sin qui nulla di sorprendente) ma sembra aver messo addirittura l’ammodernamento delle infrastrutture prima delle persone medesime.

Il disposto combinato che prevede l’affossamento dell’Obamacare e il ribaltamento dello SNAP (Supplemental Nutrition Assistance Program) tramite il nuovo kit alimentare, conferma quest’impressione.

La vergogna di essere poveri

Culturalmente, lo descriveva benissimo uno scrittore dotato di magnifico sarcasmo come Kurt Vonnegut nel suo romanzo Mattatoio n.5, l’America è riuscita a far vergognare i poveri di esser tali.

Al contrario del Vecchio Continente e della Russia europea, dove nelle rivendicazioni delle classi popolari c’era tutto l’orgoglio e la dignità degli oppressi, in America la povertà è da sempre vissuta come una colpa sociale.

Nella terra promessa degli affari e del sogno americano, diceva Vonnegut, il povero non ha scuse, perché rappresenta la negazione dello spirito di frontiera e come tale non va nemmeno compatito. Forse è proprio da un vulnus culturale come questo che può nascere l’idea di un box che ricorda una razione k, buono insomma per una trincea di guerra. Ma a ben pensarci, nell’America di Trump oltre alla guerra tra segmenti dello stato (Casa Bianca Vs Intelligence), a quella militare (Afghanistan, Siria), a quella diplomatica (Corea del Nord) e a quella tra il Presidente e la galassia dei media, c’è anche un conflitto sociale che vede i poveri come una casta a sé. Un corpo estraneo alla nazione.

Se il compito della politica sia occuparsi di loro o tollerarli è in fondo pura accademia. La riposta, al momento, è un pacco.

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Alessandro Turci

Alessandro Turci (Sanremo 1970) è documentarista freelance e senior analyst presso Aspenia dove si occupa di politica estera

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