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Governo Macron: cosa accade dopo le dimissioni di due ministri

Il presidente inizia la sua riforma moralizzatrice, dopo gli scandali sui collaboratori e sul favoritismo familiare da parte di membri della Repubblica

La Francia perde due ministri di peso, dimissionari alla vigilia dell’insediamento, e una domanda quindi s’impone: gli scandali che li riguardano sono la “malattia infantile del macronismo”, oppure la tara della politica che cambia pelo ma non vizio?

In breve, i fatti

Partiamo dai fatti. Non faranno più parte dell’Esecutivo guidato da Edouard PhilippeSylvie Goulard (Difesa), né Richard Ferrand (Coesione territoriale). La prima espressione di Mouvement Democrate (MoDem) forza centrista coinvolta nello scandalo dei collaboratori assunti fittiziamente al Parlamento europeo ma poi impiegati stabilmente per lavorare nel partito in Francia; il secondo per una vicenda di favoritismo familiare che risale al 2011 quando il segretario di En Marche! presiedeva le Mutuelles bretoni.

Il contesto

Le dimissioni - immediate quelle della Goulard, più elaborate quelle di Ferrand - s’iscrivono in un contesto più ampio e cioè nel progetto di legge di moralizzazione della vita pubblica voluto dall’Esecutivo. Promosso, su chiara indicazione di Emmanuel Macron, dal Ministro della Giustizia François Bayrou (MoDem) è un ambizioso disegno di legge che comporta anche una riforma costituzionale. Il suo vero nome è “Pour la confiance dans notre vie démocratque” ed è una riforma giuridica articolata in una legge organica, in una legge ordinaria e appunto in una riforma costituzionale.

Macron fa sul serio

Da questo si evince che Macron fa sul serio. La dialettica è in corso, gli sherpa limano il testo, perché il Consiglio di Stato ha già fatto sapere all’Esecutivo che uno dei pilastri della nuova legge, la cosiddetta Banque de la démocratie, non regge. Macron e Bayrou volevano con questo nuovo istituto moralizzare il finanziamento pubblico dei partiti, ma i supremi giudici non sono persuasi sulla formula scelta. Gli altri capisaldi dell’impianto sono invece materia più corrente e, in un certo senso, assecondano l’insofferenza dell’opinione pubblica verso le storture più evidenti della casta politica: limite di tre mandati, non cumulabilità delle cariche nazionali e locali per i ministri, l’impossibilità di assumere parenti diretti. Da non trascurare il passaggio che esclude, per partiti e candidati, regalie da parte di “entità morali” straniere (qui il Russiagete può insegnare qualcosa…)

Nuovi equilibri

Certo a Parigi tutti sanno che le dimissioni di Goulard e Ferrand potrebbero non essere le ultime legate al caso dei finti collaboratori parlamentari. La terza esponente del governo in quota MoDem è il ministro per gli Affari europei  Marielle de Sarnez. Come la Goulard è pronta ad un passo indietro per salvaguardare il governo dal quale tutta la Francia si attende il rilancio. La questione infatti è squisitamente politica, perché se è vero che sui MoDem si è mossa la magistratura, per Ferrand lo scandalo è solo d’immagine. Tuttavia Macron sa bene che non può cavarsela con una scorciatoia e quindi è probabile che dirotterà l’esperienza di Ferrand (ex socialista e ora Segretario del partito del Presidente) alla guida dei molti neoparlamentari di En Marche! all’Assemblea Nazionale.

Dal Penelopegate al faux-cul

Macron non sembra un soggetto di corta memoria. Sa che la sua ascesa all’Eliseo si deve in parte al Penelopegate che travolse François Fillon sbarrandogli le porte di una presidenza annunciata. Nella vicenda di Ferrand è infatti la moglie ad essere coinvolta per favoritismi in affari immobiliari. Nonostante la dura replica dell’ormai ex ministro, non sono un “faux-cul” ha dichiarato (traduciamo con “ipocrita”), in Francia le regole del gioco sono chiare per chi non può dimostrare un’immagine immacolata.

Cura drastica

Ecco perché anche lo staff del Presidente non trascura i dettagli, come il germogliare di un’inchiesta per una missione a Las Vegas quando Macron era Ministro dell’Economia affidata senza gara d’appalto. Il neo Presidente, questo è certo, non si lascerà dettare l’agenda dalla magistratura, perché sarebbe un rilancio falsato. Gioca quindi d’anticipo e con la riforma moralizzatrice punta davvero in alto. Anche a costo di bruciare ministri promettenti, in questa fase di “malattia infantile” del macronsimo.

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Alessandro Turci

Alessandro Turci (Sanremo 1970) è documentarista freelance e senior analyst presso Aspenia dove si occupa di politica estera

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