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Gobierno del Rey o nuove elezioni anicipate: la Spagna a un bivio

Vittorioso ma senza maggioranza, Mariano Rajoy auspica un patto con il Psoe. Che però non ha nessuna intenzione di suicidarsi. Ecco le ipotesi in campo

Uscito rafforzato dalle elezioni legislative del 26 giugno che hanno assegnato al suo Partido Popular 137 seggi alle Cortes, quattordici in più di quanti ne avesse ottenuti a fine 2015, l'ex premier Mariano Rajoy ha incontrato oggi José Miguel Barragán, segretario di Coalición Canaria, un piccolo partito indipendentista che ha accettato l'invito alla Moncloa dell'ex premier conservatore. A Barragán - secondo quanto scrive stamane la stampa spagnola - Rajoy avrebbe confessato il suo piano per riuscire a formare una maggioranza autonoma alle Cortes qualora il re Felipe IV gli conferisse l'incarico e scongiurare così l'ipotesi, tutt'altro che improbabile, di un ritorno alle urne per la terza volta in meno di un anno: garantirsi il voto favorevole o l'astensione, in nome dell'emergenza finanziaria e dello spauracchio delle elezioni anticipate, del Psoe, al termine di una serie di prevedibili, iniziali fumate nere alle Cortes.

IL NO DEL PSOE
È un piano realistico? E perché il Psoe dovrebbe oggi garantirgli quel sostegno che finora gli ha negato? È davvero possibile che i socialisti - dopo essersi riconfermati con 85 seggi  il secondo partito di Spagna e aver tenuto a debita distanza Unidos Podemos di Pablo Iglesias (71 seggi) - decidano ora di dare il loro sostegno, sia pure indiretto, a un partito come il PP - e a un premier come Rajoy - contro il quale hanno sempre sparato a palle incatenate? Non perderebbero la faccia di fronte alla propria gente? L'ipotesi della Grosse Koalition in salsa iberica - mai sperimentata in Spagna dalla fine della dittatura franchista -  non sarebbe inoltre un grosso regalo allo stesso Iglesias che finirebbe per svuotare l'elettorato di sinistra tradizionale del partito socialista?

A ben vedere sono le stesse domande che tutti gli analisti politici spagnoli si ponevano all'indomani del voto del 21 dicembre 2015, che consegnarono per la prima volta un risultato senza un chiaro vincitore, con una tripolarizzazione dei consensi (Pp-Psoe-Podemos) che di fatto rende complesso e quasi impossibile formare una maggioranza assoluta senza innaturali alleanze tra destre e sinistre. 

I DUBBI DI CIUDADANOS
A rendere ancora più opaca la situazione c'è il fatto che questa volta Alberto Rivera di Ciudadanos - il leader del'altro partito anticasta di centrodestra - ha perso 400 mila voti da dicembre a oggi e oggi conta solo 32 seggi, otto in meno di sei mesi fa. Un numero decisamente insufficiente per aiutare i Pp a raggiungere la soglia di 176 voti alle Cortes. Rivera, poi, è stato chiarissimo: nessun accordo di governo col Pp qualora il premier designato fosse Rajoy, nessun accordo di governo senza il Psoe, il quale - secondo tutti gli analisti - si guarderà bene - per evitare un suicidio politico - a offrire una desistenza a Rajoy e ragalare immense praterie a Podemos. Inoltra, Rajoy - nonostante la vittoria dimezzata - ha un altro handicap: l'ostilità dei partiti indipendentisti e regionalisti, dalla Catalogna ai Paesi baschi. 

FORMULE POSSIBILI
Le formule immaginate in questi giorni non sono molte. Gobierno del Rey, cioé un esecutivo benedetto da Filippo con personalità tecniche e apolitiche che - grazie alla moral suasion del monarca e alle pressioni europee - potrebbe varare i provvedimenti di stabilità che l'Europa chiede alla Spagna, con un incarico a tempo per un premier dal profilo simile a quello di Mario Monti.

Elezioni anticipate, per la terza volta in un anno. È l'ipotesi ancora più probabile.
Governo istituzionale per riscrivere la legge elettorale e dare alla Spagna un po' più di stabilità, anche qui con la benedizione del Re. Tutte ipotesi e subordinate, molto complesse da realizzare, vista la storica ostilità tra Pp e Psoe. Forse, suggerisce qualcuno malignamente, la Spagna dovrebbe guardare all'Italia, che è stata capace nonostante tutto, dopo la non-vittoria di Bersani del 2013, di dare un governo al Paese, sia pure con formule inedite e innaturali. Rimane il fatto che un governo di minoranza Rajoy - cioé guidato dall'ex premier popolare - è solo un azzardo, un auspicio, una scommessa cinica che farà perdere ulteriore tempo al Paese iberico. Mariano, nonostante la vittoria, non ha i numeri. Un governo dove il premier sarà lui non rientra nel novero delle possibilità.

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