La Germania delle meraviglie è come l'isola che non c'è
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La Germania delle meraviglie è come l'isola che non c'è

Altro che stella polare d'Europa. Secondo un recente studio Berlino è a pezzi, i tedeschi non investono più e scuole e ferrovie sono al collasso

Avete presente quando gli italiani si lamentano dei servizi pubblici obsoleti, delle scuole che cadono a pezzi, delle nuove tecnologie che stentano a decollare? Ecco, immaginate che i tedeschi fanno la stessa cosa e il panorama che si trovano davanti non è poi così lontano da quello dell'Italia.

Incredibile ma vero, verrebbe da dire. Eppure le cifre si commentano da sole. Secondo un recente studio del German Institute of Economic Research (DIW), la Germania non è affatto l'economia trainante dell'Unione europea e, dietro una facciata glamour da superpotenza, nasconde in realtà una struttura fragile, che può deteriorarsi col passare del tempo. La Germania delle meraviglie, insomma, è come l'isola che non c'è di Peter Pan: una favola raccontata ad arte.

Secondo Der Spiegel i tedeschi sono i più risparmiatori del mondo industrializzato e investono poco e niente nel loro futuro. Con le elezioni alle porte il prossimo ottobre, i due principali partiti, la CDU della conservatrice Angela Merkel e l'SPD di Peer Steinbruck, giocano a dire le stesse cose per attirare il voto degli elettori.

Non passa giorno che la Cancelliera non decanti i "successi tedeschi" di una "nazione votata all'export", e dall'altra parte le fanno eco i socialisti che parlano di "un Paese forte" fondato sul "partenariato sociale". Ma, si sa, chi si loda si imbroda, ed ecco che i numeri squarciano il velo su una realtà completamente opposta rispetto a quella tratteggiata dai leader politici.

La Germania è "malata", scrive Der Spiegel, perché ha un'incapacità cronica a investire nel futuro. Nonostante Berlino sia riuscita ad attraversare la crisi economica che ha messo in ginocchio il Vecchio continente, creando più di un milione di posti di lavoro, il risultato di oggi è dovuto a "politiche del passato" e a lunghi anni di sacrifici salariali con la condiscendenza delle forze sindacali. Inoltre, la produttività di questi nuovi posti di lavoro secondo i calcoli dell'Istituto economico tedesco sarebbe pari a zero, e questo a causa proprio della mancanza sostanziale di investimenti.

Usiamo altre parole: se la Germania appare ancora solida agli occhi della comunità internazionale è solo grazie alle sue riserve, ossia a quelle sacche di risparmio che i tedeschi hanno accumulato nell'ultimo decennio. Ma un'economia che mira a mantenersi in forma non si può basare solo sul peso dei correntisti. 

Il panorama descritto dalla ricerca dell'istituto di Berlino è desolante. Fabbriche cadenti, università d'altri tempi, un sistema scolastico del tutto inefficace in quanto a formazione della nuova classe dirigente. E poi, la nota dolente dei sistemi di trasporto: ferrovie obsolete, treni non al passo con le nuove tecnologie, viaggiatori scontenti per i ritardi e via dicendo. Insomma, se non lo scrivesse un giornale tedesco verrebbe il dubbio che si stia parlando dell'Italia. Il mito della Germania economicamente imbattibile viene smontato pezzo per pezzo e lo si fa "in casa".

Per Der Spiegel "i ponti tedeschi stanno crollando, industrie e università si stanno deteriorando e non viene speso nemmeno quello che è necessario per la manutenzione del sistema di telecomunicazioni, telefoni in primis". Il risultato di tutto ciò è un impoverimento generale del Paese, come scrivono nero su bianco i ricercatori dell'istituto economico di Berlino.

Se andiamo a guardare le cifre sugli investimenti, ci accorgiamo che la Germania è fanalino di coda dopo la Svezia (che investe il 3.5% del Pil in infrastrutture e servizi), l'Olanda (3.4%),  la Francia (3.1%) e la Finlandia (2.6%).

E i numeri delle politiche per l'infanzia sono ancora più sorprendenti. Anche in questo campo la Germania si aggiudica la maglia nera con lo 0.1% di investimenti per la cura e la tutela dei bambini. E' superata dall'Italia (0.2%), dalla Francia (0.4%), dalla Gran Bretagna (0.5%), dall'Olanda (0.5%) e dalla Spagna (0.6%).

Secondo gli economisti del DIW, se la Germania avesse investito più in casa invece che all'estero, la sua economia sarebbe più florida e, soprattutto, più solida. E questo, senza bisogno dei numeri, i cittadini tedeschi l'hanno capito da tempo, visto che recenti sondaggi mostrano come la maggior parte di loro propende per l'abbandono dell'euro e il ritorno al vecchio, caro marco.

E sul fuoco di questa insoddisfazione strisciante soffiano i leader populisti di vari schieramenti politici che sono nati come i funghi in tutto il paese e che godono di forti consensi locali. Ma anche alcuni accademici cominciano a voltare le spalle alle politiche rigorose di Angela Merkel, che vede la data delle elezioni di ottobre avvicinarsi sempre più e teme brutte sorprese dalle urne.

Difficile cambiare il vento in così poco tempo. I Piraten attendono la Cancelliera al varco e sognano di bissare i numeri dei grillini in Italia. D'altronde, di questi tempi Roma e Berlino sembrano somigliarsi come non mai.

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Anna Mazzone