Emergenza migranti: la non-visione dell’Europa
ANSA/MIKE PALAZZOTTO
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Emergenza migranti: la non-visione dell’Europa

L’Agenda Europea per la Migrazione non basterà per fermare le tratte dei migranti nel Mediterraneo

Per Lookout news

Uno dei problemi di sempre dell’Unione Europea è stato il darsi come unico orizzonte quello economico e quasi mai invece quello politico. Il peccato più grave dell’UE sta tutto nel continuare a osservare ogni evento che riguarda i nostri interessi, compresa l’emergenza migranti nel Mediterraneo, dal punto di vista meramente economico-finanziario, da cui lo stanziamento cieco di denaro pubblico come unica soluzione praticabile.

 Da ciò discendono sia l’austerity dei conti per moderare i mercati e le borse impazzite, sia i soldi a pioggia stanziati per finanziare opere pubbliche e iniziative regionali e molti altri pur lodevolissimi progetti, ai quali manca però un pezzo indispensabile, ovvero la visione da cui originano le regole che motivano e giustificano tutto questo.

Il peccato più grave dell’UE è osservare ogni evento dal punto di vista economico-finanziario

Ne sia esempio la stessa moneta unica, calata sull’Europa come un deus ex machina per dar vita a un progetto associativo, che però nel 2015 somiglia sempre più al board di una società per azioni che non all’idea di un grande Stato federale dove più Paesi condividono una visione comune, all’interno di regole e istituzioni condivise che dovrebbero offrire un reale senso di appartenenza a una popolazione di quasi 400 milioni di anime.

E pluribus unum è il motto originale degli Stati Uniti d’America che campeggia sul loro stemma ufficiale dai tempi della rivoluzione americana. Sta a significare che dalla natura pluralistica di molte realtà anche diverse tra loro, si può essere una sola nazione e, come tale, vivere. Un concetto ereditato peraltro dall’Europa stessa e sicuramente nato molto tempo prima che Colombo scoprisse l’America.

 Eppure, ce l’avevamo quasi fatta. Ma l’Europa dai molti volti e dai 28 Stati membri non è mai stata un’unica nazione, che si può sentire protetta e affratellata nel momento del bisogno. Anzi, nel momento del bisogno è solitamente divisa e litigiosa, perché all’unità si è sempre preferito il solipsismo, il mantenimento dei privilegi di ogni singolo Stato oppure la supremazia di uno sugli altri.

 Perché non convince l’Agenda Europea per la Migrazione
Stando così le cose, come potrebbe essere possibile che adesso, di fronte all’emergenza delle tratte dei migranti nel Mediterraneo e ai focolai di crisi in Libia e in altre parti del Nord Africa, le cose vadano diversamente? Che dovremmo pensare dell’Agenda Europea per la Migrazione quando rimanda “alla fine del 2015” o al periodo tra il 2015 e il 2016” l’applicazione di talune norme e la scelta di nuove decisioni? Servono forse ulteriori affinamenti di un comma o la limatura di sfumature di significato?

I “Quattro pilastri” stabiliti pochi giorni fa dalla Commissione Europea al fine di delineare le misure definitive che serviranno ad arginare la crisi nel Mediterraneo, sono, insomma, ancora poco più che impalcature. È triste osservare come il grande progetto federativo europeo del nuovo millennio stia affondando nel Mediterraneo, arenandosi proprio su quelle coste della Libia che, ironia della sorte, probabilmente preferirebbe a sua volta dividersi in almeno tre diversi Stati.


 

Se l’Unione Europea fosse fatta di meno agende dettate dalla contingenza. Se avesse una guida politica e militare riconosciute. Se offrisse una cultura dell’accoglienza ragionata e motivata. Se ricordasse che il mito di Europa, la principessa da cui prende nome, rappresenta un incontro di culture, lo spostamento di civiltà da Oriente a Occidente che fa di Europa stessa una migrante.

 

Se l’UE fosse consapevole di tutto questo, ci sentiremmo sicuri del nostro senso di appartenenza e più volentieri accoglieremmo chi ne ha bisogno. Ma tutto questo non accadrà certo grazie a un’Agenda. Serve qualcosa di più. Qualcuno la chiama politica, qualcun altro la chiama fede. Due parole che presuppongono ottimismo. Noi lo siamo. Eppure, per adesso, l’Europa stessa è ancora una nave che non trova il suo porto.

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Luciano Tirinnanzi