Elizabeth Warren, la paladina della classe media contro Trump
epa07847629 Democratic Senator from Massachusetts and Democratic presidential candidate Elizabeth Warren speaks to supporters during a campaign event in Washington Square Park in New York, New York, USA, 16 September 2019. EPA/JUSTIN LANE
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Elizabeth Warren, la paladina della classe media contro Trump

Ritratto della professoressa di Harvard che ha superato Joe Biden nei sondaggi. Se avrà la nomination sfiderà Trump, e ne vedremo delle belle

Il segnale che la campagna di Elizabeth Warren sta decollando è arrivato dall'Iowa, il 22 settembre. Nello stato-chiave delle primarie, la senatrice del Massachusetts ha superato Joe Biden. Un sondaggio condotto per Cnn e Des Moines Register fra i possibili partecipanti al caucus ha rivelato che il 22 per cento sostiene l'ex professoressa di Harvard, contro il 20 per cento a favore dell'ex braccio destro di Barack Obama.
Per Biden è allarme rosso: nello Stato del Midwest partiranno le primarie, nel febbraio 2020 e, di regola, il candidato che le vince si aggiudica poi la nomination. Anche perché fra i programmi dei due candidati c'è un abisso. Se Biden si limita a concentrarsi su una restaurazione dell'ancien régime pre-trumpiano, Warren propugna un cambiamento strutturale della società statunitense. «Il tempo per le piccole idee è finito» ama ripetere.         
Dei 19 candidati in corsa per le primarie democratiche, fino al 22 settembre era in netto vantaggio Biden, con Sanders che arrancava. Fino a quel momento la marcia della prima esponente democratica a candidarsi per la corsa alla Casa Bianca, era stata lenta, ma in costante ascesa.
Un'acqua cheta da sempre, Elizabeth Warren. Settant'anni, due figli, sposata con un collega che continua a insegnare a Harvard, ha tenuto il cognome del primo marito (il suo da nubile è Herring). Nata e cresciuta nel cuore del Midwest, a Oklahoma city, non è mai stata una liberal e tanto meno una testa calda. Anzi.
A causa dei problemi economici di una famiglia che, secondo le sue stesse parole, «barcollava ai margini della classe media» (il padre, malato di cuore, fu costretto a fare il portinaio), Elizabethe iniziò a lavorare a 13, anni servendo ai tavoli del ristorante messicano di sua zia. Dopo aver vinto a 16 anni una borsa di studio per entrare alla George Washington University, a 19 lasciò il mondo accademico per sposare il fidanzatino del liceo, Jim Warren.
Un passo falso per gran parte delle sue coetanee. Non per questa donna bionda, che dietro i dolci occhi azzurri nasconde una grinta di ferro. Dopo essersi trasferita a Houston con il marito, si iscrisse alla locale università, laureandosi a 31 anni in Patologia del linguaggio e Audiologia.
Ma a lei non bastava. Dopo il trasferimento del marito per lavoro nel New Jersey, aspettò che la figlia Amelia compisse due anni per iscriversi alla Scuola di legge della Rutgers University. Nel 1976, a 37 anni, ottenne il dottorato di ricerca dall'ateneo pubblico di Newark. Poco dopo rimase incinta del suo secondo figlio, Alexander.
Dopo aver passato l'esame di abilitazione, nel 1978, divorziò. E sposò il suo attuale marito, Bruce H. Mann. A quel punto iniziò la sua scalata nel mondo accademico, mentre esercitava anche come avvocato. Ci mise 16 anni, ma nel 1992 la tenace Elizabeth approdò a Harvard, dove tre anni si trasferì in pianta stabile con il marito.
I suoi critici la accusarono di aver usato la sua ascendenza indiana (Cherokee e Delaware), attraverso la affirmative action, per entrare nell'empireo accademico. In realtà il professor Randall Kennedy, che con altri docenti l'assunse, oggi sostiene che nessuno di loro al tempo sapeva che talora si presentava come nativa americana. Quel che è certo è che, per anni, la professoressa Warren fu l'unico docente ordinario della prestigiosa facoltà ad avere frequentato la Scuola di legge in un'università pubblica.
Una classica storia da sogno americano. Ma nemmeno questo bastava. Dal 1991 al '96 la professoressa Warren si era registrata nelle liste elettorali come elettrice del Grand old party. «Ero repubblicana perché ero convinta che fossero coloro che meglio sostenevano i mercati» dirà poi. Divenne democratica solo nella seconda metà degli anni Novanta quando capì «che il Gop era diventato il paladino delle grandi istituzioni finanziarie e stava abbandonando le famiglie americane della classe media».
Questa consapevolezza era frutto degli studi su cui si era concentrata: le cause e gli effetti della bancarotta sulle famiglie americane. Analizzando le pressioni economiche a cui era sottoposta la classe media statunitense, aveva scoperto che la maggior parte delle vittime delle crisi finanziarie erano persone che avevano perso il lavoro, sperimentato difficoltà finanziarie a causa di un divorzio o erano state colpite da malattie che avevano decimato i loro risparmi.   
Da qui a diventare la paladina della classe media contro lo strapotere finanziario il passo fu breve. Nel 2008, nel  pieno della crisi finanziaria, Warren fu chiamata a presiedere la Commissione di supervisione economica istituita dal Congresso per organizzare i programmi di stabilizzazione economica che miravano a salvare il sistema bancario. Per questo compito, venne soprannominata «la sceriffa di Wall Street».
Nel 2010, il presidente Barack Obama la nominò Assistente del Presidente e Consigliere speciale del segretario al Tesoro. In tale veste, progettò la creazione di una nuova Authority federale che facesse opera di vigilanza sui prodotti finanziari, al fine di tutelare i consumatori dalle speculazioni bancarie. L'Authority venne alla luce ma, soprattutto a causa dell'opposizione repubblicana, la professoressa non fu scelta per guidare la neonata Agenzia.
Nell'agosto 2011 diede le dimissioni. Pochi giorni dopo, il 14 settembre, si candidò al Senato. Il 5 novembre 2012, Warren sconfisse il repubblicano Scott Brown con il 53,7 per cento dei voti. Come ha titolato il New York Times il 21 settembre 2019, «Elizabeth Warren perse il lavoro dei suoi sogni ma si aprì la strada per il 2020», riferendosi alle elezioni presidenziali dell'anno prossimo.
Se sarà la professoressa a sfidare Trump nella corsa elettorale, ci sarà da divertirsi. Fra i due volano scintille da tempo. Lei lo ha definito «un ometto arraffa soldi insicuro» e un «bullo razzista». Lui la deride chiamandola Pocahontas, in riferimento alle sue origini indiane. Se si scontreranno sulla strada per la Casa bianca, saranno tuoni e fulmini.  Anche perché la professoressa vuole imporre una «tassa patrimoniale» annua pari al 2 per cento sui patrimoni privati superiori a 50 milioni di dollari. 
        

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