Donald Trump
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Ecco perché Trump vuole (davvero) una parata militare

Macron c’entra poco. Il riferimento è l'esibizione sulla Piazza Rossa a Mosca. Senza dimenticare l’ascendente del Pentagono sul presidente

L’idea che Donald Trump voglia una parata militare dopo aver assistito a quella di Emmanuel Macron a Parigi sembra un’idea di comodo. L’ha avanzata la Cnn, a caldo, e per comodità di redazione l’han ripresa quasi tutti.
Dovremmo accontentarci di questa spiegazione? No.
Se proprio volessimo metterla in termini di emulazione, la parata militare che Trump può avere negli occhi, pur senza mai esserci stato, è quella della Piazza Rossa a Mosca, dove il 9 maggio di ogni anno le truppe russe sfilano in ricordo della vittoria sul Nazismo, e in promessa di forza deterrente. Putin sovrano.

Il valore emblematico di una parata militare, pure se distante dalla tradizione americana (l’ultima fu in occasione di Desert Storm, l’8 giugno del 1991, dopo la prima Guerra del Golfo contro Saddam), non sfugge a Trump. Pensare che sia stato fulminato sulla via di Damasco, cioè gli Champs Élyseés, sminuisce la valenza simbolica della questione.
Anche perché la Damasco vera e non simbolica è sul tavolo di Trump e dei suoi generali ora che l’Isis sembra sconfitto in Siria e a fronteggiarsi sono rimasti, guarda caso, russi e americani in una guerra asimmetrica e non troppo latente. Gli attacchi dell’aviazione americana alle truppe di Assad di mercoledì 7 febbraio, dicono proprio questo.

La parata di Trump, esalta i politologi, ma per ora si limita a spaventare gli ingegneri del genio civile della capitale. Molti commentatori descrivono Washington come una vecchia Bonn, la capitale federale tedesca prima della Berlino attuale, una città sonnolenta e di fatto demilitarizzata.

Nella capitale Usa, in effetti, non ci sono mezzi pesanti e tutta la logistica dello strapotere americano è dislocata come un mantello sulla Nazione. Anche per questo, e con poca fantasia, visto che la Francia sembra essere l’unico elemento di paragone emerso in proposito nel dibattito americano, i Democratici rimproverano a Trump di credersi Napoleone.

Certo l’idea è innovativa e, come si diceva, anche se non trova grandi riscontri nella storia americana, ha una sua ragione d’essere, o meglio, si tratta di una simbologia che nasce da fattori concreti. E di concreto a Washington c’è il ruolo crescente del Pentagono. Per almeno due ragioni:

  • Tra le forze dell'apparato stata anericano è quella finora che è rimasta più fedele a Trump o che gli ha dato meno problemi, basti pensare, al contrario, al rapporto turbolento fra il Presidente e la galassia dell’intelligence.
  • Al vertice dell’Amministrazione Trump c’è un potente triumvirato composto da tre alti gradi militari: James Mattis, John Kelly e H.R. McMaster. Rispettivamente il Segretario alla Difesa, il Capo dello Staff presidenziale e il Consigliere per la Sicurezza Nazionale.


Se il Pentagono (e il settore privato) è l’alleato di ferro di Trump nella sua lotta contro il “deep state”, quella contro i Media si combatte a suon di effetti speciali: una parata militare a questo punto può non essere condivisibile ma, in fondo, ci sta.

Vedremo Trump impettito e orgoglioso mentre sfilano carri armati e missili balistici, paracadutisti e corpi speciali nei luoghi della mitica marcia pacifica di Martin Luther King al Lincoln Memorial? "I have a dream" potrebbe diventare "I have a Rocket". Imperdibile!

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Alessandro Turci

Alessandro Turci (Sanremo 1970) è documentarista freelance e senior analyst presso Aspenia dove si occupa di politica estera

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