Chi è Dieudonné, il comico fermato perché si sente Coulibaly
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Chi è Dieudonné, il comico fermato perché si sente Coulibaly

Dagli spettacoli ritenuti antisemiti alla "quenelle", il gesto che ha contagiato perfino il calciatore Anelka

Domenica sera, dopo la storica marcia alla quale aveva preso parte, Dieudonné aveva pubblicato un post nel suo profilo facebook, nel quale aveva parlato di manifestazione “leggendaria”, di aver vissuto un “istante magico paragonabile al big-bang”, ma alla fine aveva chiosato: “Sappiate che stasera, per quanto mi riguarda, io mi sento Charlie Coulibaly”, il terrorista che ha colpito e ucciso dentro il supermercato ebraico. Il messaggio scritto dall’umorista è stato rimosso subito dopo, ma qualcuno ha fatto in tempo a salvare la schermata e l’ha pubblicata su twitter.

La procura di Parigi ha aperto subito una inchiesta per apologia di terrorismo, e da mercoledì mattina Dieudonné si trova dentro la sua casa in stato di fermo, nonostante lui si fosse difeso con una lettera aperta al ministro dell’interno Bernard Cazeneuve, nella quale accusava lo stato francese di trattarlo come pericolo pubblico numero uno nonostante lui cerchi soltanto di far ridere, proprio come i vignettisti di Charlie Hebdo. “Quando io mi esprimo, non si cerca di capirmi, non mi si vuole ascoltare, si cerca soltanto un pretesto per vietarmi, mi si considera come Coulibaly mentre io non sono diverso da Charlie”.

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Dieudonné si ritiene un perseguitato: “Contro di me linciaggio mediatico, divieti ai miei spettacoli, controlli fiscali, ufficiali giudiziari, perquisizioni, inchieste. Oltre ottanta procedute giudiziarie contro di me e la mia famiglia”. Un lamento rispedito al mittente, prima dallo stesso Cazeneuve, che ha parlato di “dichiarazioni abbiette, irresponsabilità e propensione a suscitare odio”. Poi dallo stesso primo ministro Manuel Valls: “Il razzismo, l’antisemitismo, il negazionismo e l’apologia di terrorismo non sono opinioni, sono reati”.

Fin qui la cronaca. Ma chi è davvero questo comico che all’inizio scaldava molto e faceva ridere i francesi, soprattutto a sinistra, per poi diventare sempre più radicale e approdare a un antisemitismo aggressivo, patologico? Ironie pesanti sull’olocausto, spettacoli con inviti ai più famosi negazionisti, Bin Laden che dal palco viene definito “il personaggio più importante della storia contemporanea”. Condannato più volte per incitazione all’odio razziale, l’anno scorso Dieudonné ha battagliato a lungo con l’allora ministro dell’interno Manuel Valls. Oggetto del contendere, lo spettacolo dal titolo “Le mur” che il governo ha fatto di tutto per bloccare. “Non è una creazione artistica” disse Valls, “ma riunioni politiche in cui Dieudonné sfoga il suo odio contro gli ebrei”.

Anche attraverso la “quenelle”, il controverso gesto, una sorta di saluto romano invertito, con forte connotazione sessuale, inventato durante i suoi spettacoli e poi diventato virale, al punto da coinvolgere il calciatore ex nazionale francese Nicolas Anelka, che aveva festeggiato il ritorno al gol nelle file del West Bromwich Albion con la mossa simbolo del comico. Seguirono polemiche, aperture di inchieste da parte della Football Association, che alla fine costrinsero in difesa il famoso attaccante: nessuna offesa agli ebrei, la quenelle è soltanto un gesto anti-sistema: “ Chiedo alla gente di non farsi fregare dai media, e ovviamente non sono né antisemita, né razzista, e non mi pento del mio gesto”.

L’allora ministro Valls non si fece trascinare nella polemica verbnale e puntò dritto alla sostanza: circolari indirizzate a tutti i prefetti di Francia, niente spettacolo per Dieudonné e polizia davanti al teatro, non lontano della Bastiglia, per placare e bloccare le centinaia di fans del comico imbufaliti per lo stop e pronti a invocare, sulle note della Marsigliese, la libertà di espressione calpestata dal governo del presidente Francois Hollande.

Dopo un sondaggio pubblico, nel quale l'83 per cento dei francesi espresse una cattiva opinione nei confronti del comico ma il 52 per cento si disse contrario al divieto per gli spettacoli, la palla passò ai tribunali e alla fine il Consiglio di stato francese diede ragione al governo. Questo show non deve andare avanti.  

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Carmelo Abbate