Soldati dell'Armata popolare Coreana
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Corea del Nord: gli scenari di una guerra possibile

I rischi concreti, le forze in campo, i piani di attacco via terra e via mare del potenziale conflitto nordcoreano contro Corea del Sud e gli USA

Scenari apocalittici giungono dalla penisola coreana, dove le esercitazioni congiunte Stati uniti-Corea del Sud-Giappone di marzo e la minaccia di nuove sanzioni non hanno determinato la de-escalation sperata. Il leader nordcoreano Kim Jong Un ha, infatti, ribadito gli anatemi classici che la propaganda del regime affida da sempre alle pagine del quotidiano ufficiale del Comitato Centrale del Partito dei Lavoratori della Corea del Nord. Mentre a Washington, il presidente Trump ha riunito irritualmente alla Casa Bianca l’intero Senato per discutere proprio della crisi asiatica.


Si profila dunque un periodo di crescenti tensioni nell’area, concomitante alle dure affermazioni cinesi, secondo cui a Pyongyang "non hanno capito che le sanzioni delle Nazioni Unite non sono dirette contro il governo, ma contro le sue provocazioni missilistiche e nucleari. Essi (i leader nordcoreani, ndr) stanno sopravvalutando la loro forza mentre sottovalutano i pericoli che corrono".

I rischi concreti
La Corea del Nord dispone di circa un milione di soldati schierati al fronte e già attivi in tutta la zona demilitarizzata (DMZ), che non dista più di cinquanta chilometri dalla capitale della Corea del Sud, Seoul. È la famosa linea tracciata negli anni Cinquanta all’altezza del 38esimo parallelo che tagliò in due il Paese, facendone una delle zone più militarizzate al mondo.

Il confine corrisponde più precisamente al piccolo villaggio sud-coreano di Panmunjom, dove venne apposta la firma dell'armistizio che mise fine alla Guerra Coreana del 1950-53, e che rappresenta la “Joint Security Area”, l’area dove hanno luogo gli incontri diplomatici tra le due Coree e le Nazioni Unite. Qua sono di stanza anche 34mila soldati americani, a protezione del Sud.

In caso di attacco militare da parte del Nord, potrebbero essere i tunnel che passano sotto il 38esimo parallelo (e che arrivano molto in profondità) ad assicurare a Pyongyang il successo del “first strike”, ovvero l’arrivo alla periferia di Seoul, come già accaduto. In questo caso, le forze americane sarebbero in seria difficoltà circa un intervento rapido e risolutivo perché, nonostante la presenza nell’area di forze di terra, la sua capacità offensiva è affidata soprattutto alle forze aeree.

Una strada alternativa per i nordcoreani sarebbe il teatro marino: un confronto nel Mar della Cina con la marina sudcoreana e con quella americana costituirebbe un efficace diversivo, ma nel lungo termine Pyongyang non ha speranza di uscire vincitore dal confronto.

Le Forze in Campo
Oltre al milione di soldati, Pyongyang dispone di 560 aerei di fabbricazione sovietica, una marina che vanta 3 fregate e 70 sommergibili e 3.500 carri armati. I riservisti, ovvero i contadini che verrebbero obbligati a combattere, corrispondono ad altre 3 milioni e mezzo di anime, che ingrosserebbero le fila dell’esercito per un totale di quasi 5 milioni di soldati.

La Corea del Sud, invece, dispone di circa 520.000 soldati, 2.400 carri armati e altri 10.000 veicoli corazzati, circa 500 aerei di difesa, 14 fregate e 6 cacciatorpediniere. Ma, a differenza del Nord, il Sud è più popoloso e il patto siglato sin dal 1953 con gli Stati Uniti - le cui forze (USFK, United States Force Korea) sono distribuite in diverse località del Paese - gli dà un vantaggio enorme.

I Piani d'Attacco
Con questi numeri, in ogni caso, si capisce come un attacco lampo permetterebbe alla Corea del Nord di raggiungere rapidamente Seoul (come, del resto, accadde nell’estate del ’50) e portare la guerra fin dentro la Corea del Sud, grazie all’avanzata da terra. Mentre è difficile che la marina e l’aviazione possano offrire risultati altrettanto efficaci.

Il problema, semmai, è il dopo. Una volta presa la capitale, l’esercito nordcoreano si troverebbe scoperto: difficilmente Pyongyang potrebbe mantenere il proprio Paese al sicuro, giacché la task force americana annienterebbe le contraeree di Pyongyang in poco più di un pomeriggio, mettendo al buio tutta la Corea del Nord in una sola settimana e martellando di bombardamenti tutti i siti dove sono i missili balistici (al confine con la Cina), gli impianti nucleari e le miniere di uranio (soprattutto a ovest, non lontano dalla capitale).

Probabilmente, nei piani degli Stati Uniti-Corea del Sud ci sarebbe anche quello di tagliare il Nord in due e dividere i fronti di guerra, al fine di impedire i rifornimenti a un esercito già malnutrito, che non potrebbe sopportare una guerra di logoramento e che, senza approvvigionamenti, verrebbe messo in ginocchio in meno di tre mesi. Ciò sarebbe possibile con una mossa a tenaglia: penetrando sia attraverso il 38esimo parallelo sia attaccando dal Mar Giallo, per poi puntare direttamente a Pyongyang.

La guerra possibile
Nell’ipotesi che potrebbe da un momento all’altro portare gli USA a prendere per primi l’iniziativa, l’ipotesi nucleare è da scartare. Più opportuno concentrarsi invece sulla guerra convenzionale che ne potrebbe scaturire. Washington punterebbe certamente a eliminare in una sola notte le difese missilistiche di Pyongyang: il sommergibile nucleare americano Michigan, che ha raggiunto la costa coreana ha a bordo 154 missili da crociera così come il gemello Pennsylvania, segnalato il 20 aprile nella base di Guam e forse oggi già negli abissi delle acque antistanti la penisola. Mentre la portaerei USS Carl Vinson - in rotta verso la base della marina americana a Chinhae, presso Busan - è capace di trasportare oltre 80 aerei da caccia e poco meno di 4mila soldati. Questo la dice lunga sulla potenza di fuoco del Pentagono.

Ciò nonostante, se davvero dovessero iniziare le ostilità, Pyongyang non avrebbe altra soluzione se non quella di tentare una risposta-lampo, lanciando un attacco congiunto missilistico e aereo verso Seoul, allo scopo di raderla al suolo. Contemporaneamente, l’esercito attraverserebbe in massa il 38esimo parallelo - il confine tra le due coree, il quale disegna una frontiera lunga 241 km e larga 4, che si estende dal Mare dell’Est al Mar Giallo - grazie ai numerosi tunnel scavati sottoterra, per bypassare la DMZ (la zona demilitarizzata dove, contrariamente al nome, si ha la maggior concentrazione di militari al mondo) e impedire lo stallo di una guerra di trincea al confine.

Negli anni, infatti, il genio militare di Pyongyang ha insistito per trivellare senza sosta il sottosuolo e realizzare dei tunnel considerevoli (si ha conoscenza certa di almeno quattro, ma si suppone siano molti di più), alcuni dei quali sarebbero capaci già oggi di far passare diecimila soldati all’ora e persino carri armati che, in questo modo, sbucherebbero dietro le linee nemiche e potrebbero raggiungere la capitale in un giorno soltanto, permettendo dunque un’invasione in piena regola.

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Luciano Tirinnanzi