Boko Haram: l'Internazionale dell'orrore
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Boko Haram: l'Internazionale dell'orrore

Dopo il nuovo rapimento di sessanta studentesse nel nord-est, l’attenzione è ancora puntata sulla Nigeria: la tregua era un bluff?

Nessuno crede che il gruppo terroristico Boko Haram, che stamane ha rapito altre sessanta ragazze nel nord-est dopo averci illuso sulla possibilità che fosse realmente interessato a firmare una tregua con lo Stato nigeriano, possa rovesciare la Nigeria, né che abbia ambizioni che vadano di là dei suoi confini. Piuttosto, la sua ascesa preoccupa perché specchio del fatto che la cosiddetta "economia del terrorismo" mascherata dietro il paravento della jihad islamica è ormai il business più redditizio di tutta l’Africa, tale che sta rendendo quasi impossibile l’eradicazione del fenomeno. E il motivo sta sia nella debolezza dei governi locali, inefficienti e corrotti, sia nella frammentazione dei terroristi-predoni in gruppi sempre più piccoli e sigle difficili da riconoscere.


La Nigeria cresce divisa tra un sud ricco di petrolio e cristiano, e un nord sottosviluppato, malgovernato e islamico, dove Boko Haram può proliferare, sfruttando la rabbia della popolazione più giovane. Una realtà locale, dunque, che poco ha a che vedere con la leadership di Al Qaeda, nonostante il loro capo, il teologo Abubakar Shekau, si dichiari seguace di Ayman al-Zawahiri, e abbia ereditato  la leadership dal defunto Mohammed Yusuf e dai primi guerriglieri islamisti che operavano in Nigeria già dal 2002. Shekau è descritto come un fanatico sanguinario e tutto fa pensare che la sua guerra contro il governo e i cristiani non finisca qui. A dare fiducia al leader di Boko Haram sono poi l’impotenza dello Stato nigeriano, che si è dimostrato inerme sinora, e le condizioni sul campo che rendono semplice, per i guerriglieri, trovare nascondigli sicurri.

 Lo Stato del Borno, in particolare, quartier generale di Boko Haram (nome che significa “la cultura occidentale è peccato”), consente al gruppo di spadroneggiare, grazie soprattutto alla morfologia del territorio: la Foresta di Sambisa, un'area di ben 60mila chilometri quadrati nel nordest, è impenetrabile alle forze dell’ordine e qui verosimilmente sono nascosti sia i guerriglieri sia le studentesse rapite. Sinora, i militari si sono rifiutati di inoltrarsi nella foresta per stanare i terroristi, asserendo che il governo non li arma a sufficienza per sconfiggere i jihadisti.

Shekau stesso nel 2012 era riparato a Gao, in Mali, per sfuggire alla cattura. In questo paese sarebbe stato protetto dal Movimento per l’Unicità e il Jihad nell’Africa occidentale (Mujao), una sigla del conflitto maliano un tempo vicina ad Al Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqim), che oggi opera e ha ramificazioni in tutto il Sahel e che ha rappresentato il maggior finanziatore di Boko Haram, almeno fino a tutto il 2013.

In Mali, Shekau e altri potrebbero inoltre avere stretto contatti anche con Al Shabaab ("La gioventù", che opera in Somalia). Analisti statunitensi ritengono inoltre che Boko Haram sia affine ai talebani del Pakistan, ma non risultano contatti o finanziamenti comprovati tra i gruppi. Ad accomunarli, quattro caratteristiche: aree rurali dove corruzione e divisioni settarie sono la regola, forze di sicurezza inefficaci a gestire il territorio, obiettivi come lavoratori e studenti (soprattutto ragazze, che non dovrebbero avere accesso all’istruzione) e reclutamento dei militanti nelle scuole coraniche.

#bringbackourgirls le manifestazioni per la liberazione delle ragazze rapite in Nigeria

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Manifestazioni in Nigeria per la liberazione delle ragazze rapite da Boko Haram in aprile 2014

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