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Brexit: sfiducia a Corbyn, che non molla. Laburisti in piena bufera

Il leader "rosso" afferma di riconoscere solo il volere della base e non quello del consiglio. Che peraltro non ha un'alternativa sicura

Sfiduciato dalla Brexit prima ancora che dall'80% dei deputati del suo partito (172 a 40 l'esito del voto sulla mozione di sfiducia), Jeremy Corbyn è però deciso a non mollare la guida dei laburisti, alla quale era stato chiamato solo scorso settembre a furor di popolo.

Troppo tiepido sulla Brexit

Proprio a questo consenso da parte della "base" si appella ancora oggi il 67enne Corbyn, al quale i colonnelli della Camera dei Comuni e i circa 20 componenti del governo-ombra che lo hanno scaricato contestano lo scarso appeal nell'elettorato più vasto, oltre al fatto di aver condotto una tiepida campagna elettorale contro la Brexit, con il sospetto che tale atteggiamento sia stato anche influenzato dal passato di euroscettico ("contro l'Unione dei mercati e delle banche") di questo socialista "di ferro" del quartiere londinese di Islington.

Anche ieri, in occasione della riunione del gruppo parlamentare per la presentazione della mozione di sfiducia, la piazza davanti a Westminster era occupata da migliaia di militanti che sventolando bandiere rosse contestavano "i traditori" nel partito, con Corbyn - affiancato da un pugno di fedelissimi - che in risposta prometteva di non mollare. "E' un fatto di democrazia, tradirei chi mi ha eletto (ovvero il 60% degli iscritti, un record, ndr)", ha poi detto e ripetuto il leader sotto sfiducia ai suoi contestatori in un incontro dai toni roventi.

Il "rischio" elezioni

Il futuro del Partito Laburista è tuttavia quanto mai incerto e, alla luce di quanto sta per accadere, quello della leadership non è solo un problema interno: le annunciate dimissioni di Cameron, infatti, potrebbero aprire la strada a elezioni politiche anticipate nel Regno Unito e gli ammutinati di Westminster non credono di poterle vincere con Corbyn.

Che al momento continua, però, a respingere anche gli inviti più concilianti a dimettersi, dando però la disponibilità ad affrontare un altro voto della base qualora i suoi oppositori avessero delle figure alternative da proporre: in tal senso due nomi papabili potrebbero l'attuale vice-leader Tom Watson e Angela Eagle, esponente di una sinistra interna più soft e appena dimessasi da ministro-ombra per le Attività Produttive.

Non è tuttavia detto che in un "testa a testa" riuscirebbero a spuntarla su "Jeremy il Rosso" e così, mentre il tempo della Brexit stringe sempre più, lo psicodramma laburista pare fatalmente (e per certi versi masochisticamente) destinato ad allungarsi.

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Redazione