Boko Haram: stupri e violenze sulle ragazze nigeriane
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Boko Haram: stupri e violenze sulle ragazze nigeriane

I racconti delle ragazze sfuggite ai miliziani di Boko Haram: tra violenze psicologiche e fisiche

Centinaia di donne e bambine catturate da Boko Haram sono state ripetutamente violentate in quello che i funzionari e gli operatori umanitari descrivono come una deliberata strategia per dominare gli abitanti delle campagne e forse anche un tentativo di creare una nuova generazione di militanti islamici in Nigeria.

Il peggio non ha fine: negli occhi delle ragazze nigeriane sfuggite a Boko Haram si legge il terrore e i racconti di quello che hanno subito, e di cui porteranno per sempre i segni, lasciano senza parole, come riporta l'inviato del New York Times che le ha incontrate.

"Eravamo bloccate in una casa a dozzine: tutte a completa disposizione dei combattenti che ci violentavano a piacere, con lo scopo, a volte, di metterci incinta”. Hamsatu, 25 anni, avvolta in una sciarpa bianca e viola parla fissando il pavimento: "Mi hanno fatto sposare con un militante di Boko Haram. Ma sono stata costretta ad avere rapporti sessuali anche con altri soldati. Ora sono incinta di quattro mesi”. E ha aggiunto: " Hanno scelto quelle che volevano sposare. Ci continuavano a dire che, se qualcuna di noi avesse gridato, loro l'avrebbero uccisa”.

Da tempo infatti le giovani donne e le bambine rapite in Nigeria vengono unite in matrimonio ai combattenti di Boko Haram: un modo per coprire gli atti di violenza cui sono sottoposte, nascondendosi dietro il paravento dell'atto religioso.

"I leader della setta si sforzano di fecondare le donne", a parlare è il governatore di Borno, Kashim Shettima. "Alcuni di loro - mi è stato riportato - pregano prima dell'accoppiamento, offrendo suppliche a Dio per riuscire ad avere dei bambini che erediteranno la loro ideologia."

Quello è il loro unico scopo: più di una volta infatti i militanti hanno dichiarato di considerare le donne come dei semplici oggetti.

"Noi le sposeremo dopo l'età 9 anni" (ovvero dopo il loro sviluppo fisico), aveva detto in un video-messaggio il leader, Abubakar Shekau, subito dopo il rapimento delle ragazze. Dichiarazione che aveva indignato ancora di più il mondo dando un forte impulso al movimento "Bring Back Our Girls" .

"Sono stata bloccata in una stanza, insieme a molte altre donne” a parlare è Yahauwa, 30 anni, mentre usa la sua sciarpa verde come fazzoletto per asciugarsi le lacrime. "Ci hanno urlato: Se non ci sposate, vi massacriamo”. Poi si gira e se ne va, mentre stringe un sacchetto di plastica pieno di medicine. È risultata positiva al test H.I.V.

Un'altra testimonianza scioccante è quella di Meriam, 36 anni, appena arrivata al campo di Maiduguri da Gwoza, una città sede Boko Haram; ha detto di essere stata imprigionata con decine di altre donne: alcune di loro venivano scelte per essere addestrate come kamikaze.

"I combattenti di Boko Haram volevano che recitassimo una preghiera per i defunti. Poi dovevamo mettere lo hijab, per coprire la cintura esplosiva”.

Tra le varie testimonianze riportate dal New York Times, resta impressa un'immagine che racconta la devastazione psicologica delle ragazze sopravvissute: Fanna, 12 anni, rannicchiata in un angolo, si dondola stringendo le ginocchia in un gesto infantile e disperato. Mentre ripete con un filo di voce di non essere stata violentata.

Pochi giorni prima, al suo ingresso nel campo, aveva purtroppo raccontato di avere subito violenza.

Poi si era chiusa in un mondo lontano, dove, al momento, nessuno poteva raggiungerla. O farle del male.

"Bring Back Our Girls” , un anno dopo

Dan Kitwood/Getty Images

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Marina Jonna

Giornalista e architetto: scrivo da sempre di design e tecnologia. Ultimamente ho allargato i miei orizzonti scrivendo di benessere, sport, scienze e attualità. Oltre a intervenire, sporadicamente, su R101 . Avete bisogno di un trattato sul "Paradiso della brugola" ? Sono pronta a scriverlo!

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