Guerra Israele-Gaza: un altro fallimento di Obama
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Guerra Israele-Gaza: un altro fallimento di Obama

La debolezza della politica della Casa Bianca in Medioriente è una delle cause del risorgere del conflitto israelo-palestinese - Video 1 - Video 2 - Foto  - Analisi

Barack Obama è rimasto con una sola arma in mano per risolvere il conflitto israelo-palestinese: la penna. Ma anche questa risorsa, quest'ultima arma, appare già spuntata. Il presidente americano l'ha usata per scrivere un appello alle parti comparso sulle pagine del quotidiano Haaretz.

L'articolo, dal titolo “La pace è l'unica via per la sicurezza di Israele e dei palestinesi”, è stato pubblicato dopo il ritrovamento dei cadaveri dei tre ragazzi israeliani rapiti e dopo l'uccisione per ritorsione dell'adolescente palestinese.

L'appello su Haaretz

Ma l'articolo è sembrato arrivare tardi: quando già le bombe degli F – 16 con la Stella di David iniziavano già a cadere sulla Striscia di Gaza e i razzi di Hamas – e/o delle fazioni jihadiste palestinesi – tentavano di colpire Tel Aviv e altre località israeliane.

Più che un appello per evitare l'inizio di un'escalation, lo scritto di Obama è quindi apparso un intervento fuori tempo massimo di un arbitro di boxe che non ha compreso come i due pugili sul ring abbiamo ormai deciso di non seguire le regole del gioco e si siano già abbandonati a un feroce e sanguinoso corpo a corpo.

Questa è ormai l'immagine che offre la politica di Barack Obama in Medioriente. Incapace di dettare l'agenda, debole nell'affrontare i nodi della questione, tanto prudente da essere inconcludente.

Le cronache dicono che Obama si sia infuriato dopo l'inizio delle operazioni militari israeliane contro Hamas. Ma, forse dovrebbe iniziare a riflettere sul perché le sue pressioni non riescono a essere più efficaci sulle parti in causa e soprattutto su Israele, storico alleato degli Usa prima dell'epoca di gelo con il governo di Gerusalemme, iniziata con il suo arrivo alla Casa Bianca.

Il gelo con Israele

Tra lui e Benyamin Netanyahu non c'è mai stato alcun feeling. Una mancanza di fiducia che è diventata con il tempo disistima. La conseguenza è stata un raffreddamento dei rapporti che è sfociata ina una vera e propria incomunicabilità. Rimangono gli accordi tra Israele e Usa siglati da decenni, i generosi aiuti annuali americani a Israele, ma non certo una politica e un obiettivo comune.

Il processo di pace si è arenato anche per questo. Israele non si fidava dell'arbitro, del nuovo inquilino della Casa Bianca Ha preferito quindi seguire una propria politica di sicurezza senza dare troppo ascolto ai consigli prima e alle richieste poi degli Stati Uniti. Non si è sentito garantito.

Il disinteresse nei confronti dei palestinesi

Per certi versi, lo stesso è accaduto con i palestinesi. L'Autorità Nazionale Palestinese nutriva grandi speranze nei confronti di Obama. Quando venne eletto, i dirigenti palestinesi pensarono subito a un taglio netto con il passato, con l'era Bush, presidente che era in assoluta sintonia con il governo israeliano. Con Obama, Abu Mazen è tornato in effetti è diventato un interlocutore per gli Usa, ma più a parole che nei fatti.

Obama per i primi tre anni del suo mandato è apparso distratto da quella che lui stesso aveva definito la questione estera principale: il conflitto israele-palestinese. In realtà, aveva altre priorità. I palestinesi sono passati in pochi mesi dalla speranza alla delusione.

L'intero processo di pace è rimasto così in stallo. E quando Obama ha cercato di riprenderne le fila, subito dopo lasua rielezione, ha scoperto di avere ancora meno spazio di manovra. L'uscita di scena di Hillary Clinton ha peggiorato le cose. Lei era riuscita a tenere un poco dritta la barra della politica americana in Medioriente. L'arrivo di John Kerry ha riportato la nave fuori rotta.

Il neo segretario di stato con ha viaggiato molto nella regione, ma non è riuscito a sciogliere nodi che invece di indebolirsi, si erano rafforzati. Anzi, lui stesso, secondo molti osservatori, ha contribuito a renderli più stretti. Quando in primavera, è stato formato il governo di riconciliazione nazionale palestinese, la Casa Bianca ha espresso disappunto. ma l'alleanza tra l'Autorità Nazionale Palestinese e Hamas è stato anche il frutto della debolezza e dell'isolamento di Abu Mazen. Se Obama fosse stato più presente, se avesse seguito un'altra politica, forse la storia sarebbe andata in modo diverso.

Barack Obama ha una serie di record negativi in Medioriente: Siria, Iraq, Egitto. La nuova guerra israelo-palestinese è solo un altro dei fallimenti della sua politica in quella regione. Forse non l'ultimo.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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