Attacco all'Isis in Libia, ecco come sarà organizzata la coalizione
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Attacco all'Isis in Libia, ecco come sarà organizzata la coalizione

Almeno 30mila soldati, cinquemila dei quali italiani. E poi le basi aeree del nostro paese. Sempre che arrivi l'ok dell'Onu

Sarebbero almeno 30mila i soldati impiegati in un attacco all'Isis in Libia, con il sostegno massiccio di raid aerei che partirebbero da basi italiane. Naturalmente se il Consiglio di sicurezza dell'Onu - che si riunisce domani, ma che difficilmente arriverà già a una decisione - approvasse una risoluzione così delicata.

Per ora a sponsorizzare con forza questo intervento sono il governo libico di Tobruk e quello egiziano, ma è riconosciuto da tutti gli osservatori che se si arrivasse a una invasione con le truppe i paesi coinvolti sarebbero molti di più, probabilmente molti dei paesi già impegnati nella guerra con l'Isis in Iraq e in Siria.

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Certo, rispetto alle azioni in Iraq e Siria contro il Califfato - almeno per ora - la differenza fondamentale sarebbe nella necessità di schierare truppe sul terreno, in un Paese allo sbando, con uno stato "quasi" scomparso.

Un territorio diviso tra l'esecutivo di Tobruk riconosciuto internazionalmente, le milizie che controllano Tripoli, vicine ai Fratelli Musulmani, e un mosaico di gruppi fondamentalisti e jihadisti.

Il Califfato attira i jihadisti di altre organizzazioni
Non manca poi chi sottolinea come proprio la presenza di truppe straniere potrebbe accelerare la migrazione di jihadisti da diverse organizzazioni verso il Califfato islamico, che finora, secondo stime dell'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) conterebbe su un migliaio circa di combattenti, concentrati a Derna.

Quella a cui si assiste in Libia, dunque, non è una 'invasione' dello Stato islamico, ma una 'conversione' di un numero finora limitato di elementi locali, riunitosi attorno a un nucleo di circa 300 miliziani di ritorno da Siria e Iraq.

Se tuttavia la comunità internazionale decidesse di passare all'azione militare, le stime di diversi analisti prevedono che sarebbe necessaria una forza di terra di non meno di 30.000 soldati.

Cinquemila soldati italiani
Di questi 5.000-6.000 potrebbero essere italiani.
Inoltre, come avvenuto nell'operazione del 2011 che portò alla caduta del regime del colonnello Muammar Gheddafi, dalle sette basi italiane partirebbero anche la maggior parte dei caccia impegnati nei bombardamenti aerei.

Le basi aeree
Alcune di queste sono a ridosso del possibile teatro di guerra, in particolare Trapani Birgi, Gioia del Colle, Sigonella e Pantelleria. Il comando centrale potrebbe essere ancora a Napoli, come avvenuto nella precedente operazione.

Per gli attacchi sarebbe utilizzata anche la base britannica di Akrotiri, a Creta. Quanto ai Paesi che potrebbero prendere parte a un'azione militare, sul fronte Occidentale i 'candidati' che sembrano più probabili sono quelli che parteciparono ai raid del 2011.

In particolare Gran Bretagna, Francia, Canada, gli Usa (forse con una funzione di appoggio tattico più che di intervento diretto), e l'Italia.

Ma anche altri che quattro anni fa svolsero operazioni di controllo dello spazio aereo, come la Spagna e l'Olanda. Per quanto riguarda gli arabi, oltre all'Egitto, che ha già cominciato a colpire le postazioni dell'Isis a Derna, è possibile ipotizzare la presenza di altri Paesi già impegnati nei bombardamenti sullo Stato islamico in Siria: in particolare gli Emirati arabi uniti (presenti nell'alleanza del 2011) ma anche la Giordania e il Marocco, le due monarchie filo-occidentali vicine a quelle dei Paesi del Golfo. 

(Ansa)

14 febbraio 2015, combattimenti a Bengasi. ABDULLAH DOMA/AFP/Getty Images

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