Al Brennero si gioca il destino dell’Europa
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Al Brennero si gioca il destino dell’Europa

La barriera austriaca è l'ultima picconata all'Europa: se Bruxelles non garantirà la solidarietà tra gli Stati, presto dell’Ue resterà ben poco

Sono passati quasi sessant’anni da quei giorni del novembre 1956 in cui i carri armati sovietici spensero nel sangue la rivolta ungherese contro la dittatura comunista. Quando a Budapest cessarono i combattimenti e iniziò la repressione, 250mila ungheresi, in pochi giorni, si misero in marcia verso la frontiera austriaca per tentare di ricostruirsi una vita decente in Europa. Le frontiere austriache divennero la porta d’ingresso dei rifugiati ungheresi che vennero accolti dalle truppe austriache con enormi bidoni di cioccolata calda preparati in tutta fretta. Cibo, coperte e indumenti invernali vennero donati dalla popolazione locale che considerò subito gli ungheresi “fratelli da accogliere” con affetto e simpatia. Successivamente i profughi ungheresi vennero insediati in campi provvisori per essere poi smistati in altri Paesi europei e negli Stati Uniti.

 La fine della rivolta ungherese segnò non soltanto la fine dei sogni di libertà di quel popolo, ma contribuì anche a dimostrare che in un continente ancora stremato dai costi economici e umani della seconda guerra mondiale c’era spazio per la solidarietà condivisa di fronte a una immensa crisi umanitaria.

Quei giorni, oggi, sembrano molto lontani. L’Ungheria, che tanto ricevette in termini di aiuti umanitari sessant’anni fa, è stato il primo Paese di un’Europa – certamente più ricca di quanto non lo fosse allora – a erigere una barriera di filo spinato per impedire a profughi di altre guerre di varcare i suoi confini. L’Austria, che per prima accolse gli ungheresi che fuggivano dalla repressione sovietica, si prepara a sua volta a costruire un muro sul confine del Brennero per bloccare il flusso di migranti e profughi che cercano di lasciarsi alle spalle povertà o guerra per raggiungere i Paesi dell’Europa del nord.

 

Brennero: alta tensione tra Italia e Austria

Il passo del Brennero, i migranti e la storia - Foto

L’aspetto più sconcertante di questa crisi è che finora essa è stata subita e non governata con lucidità e raziocinio. Ogni Paese dell’UE, di fronte all’inarrestabile ondata di migranti provenienti dall’Africa, dalla Siria, dal Pakistan, dall’Afghanistan e dall’Iraq, si è comportato in modo autonomo sulla spinta delle pressioni emotive provenienti da opinioni pubbliche eccitate da facili slogan populisti e razzisti.

 

La vittoria dell’estrema destra in Austria
In Austria, il Partito della Libertà, un movimento di estrema destra che alle ultime elezioni politiche parlamentari aveva raggiunto il 20% dei consensi, al primo turno delle presidenziali dello scorso 24 aprile – elezioni che hanno visto per la prima volta un’affluenza del 70% degli aventi diritto, contro il 50% che normalmente si reca alle urne – ha conquistato il 36% dei voti divenendo il primo partito in un Paese governato da decenni dai social democratici o dai centristi moderati del Partito del Popolo, movimenti che invece non hanno superato l’11% dei voti ciascuno. Il leader del Partito della Libertà, Norbert Hofer, ha commentato il suo successo dichiarando che “una cosa è ben chiara: il risultato del voto è una massiccia e profonda insoddisfazione nei confronti del governo […] Io come presidente agirò come protettore del popolo austriaco”. Durante tutta la campagna elettorale svolta all’insegna della lotta agli immigrati e contro l’Europa, Hofer nelle sue apparizioni pubbliche ha sfoggiato una pistola infilata bene in vista nella cintura dei pantaloni sostenendo che “la crescita della detenzione delle armi è la reazione naturale alla crisi dei migranti. In tempi di incertezza il popolo tenta di difendersi da solo”.

È questo lo sfondo da cui nasce il progetto di costruire una barriera sul confine del Brennero, un passo che secondo il nostro presidente del consiglio, Matteo Renzi, “violerebbe in modo vergognoso le regole dell’Unione e sarebbe contro la storia, contro la logica e contro il futuro”. Un progetto egoista che produrrebbe danni economici – attraverso il Brennero passano i convogli di beni diretti verso la Germania e il resto dell’Europa settentrionale – e politici, sancendo di fatto l’eclissi definitiva di quel Trattato di Schengen che stabilendo il principio della “libera circolazione delle persone e delle merci” all’interno dei confini dell’Europa Unita è stato sempre considerato uno dei mattoni principali della costruzione europea.

 Oggi, 28 aprile, il ministro degli Interni austriaco, Volfgang Sobotka, è a Roma per esaminare i problemi di confine con il suo collega italiano, Angelino Alfano. Sul tappeto, in discussione c’è qualcosa di più del “muro del Brennero”. Sono in ballo i principi politici che reggono l’Unione e la possibilità che questi vengano semplicemente buttati all’aria da decisioni unilaterali miopi ed emotive che potrebbero danneggiare in modo irreparabile il progetto di costruzione di un’Europa politica.

 La crisi migratoria è un problema complesso che non può essere risolto in modo facile e facilone chiudendo gli occhi e le frontiere. Richiede razionalità, coraggio e fermezza. Richiede anche spirito di solidarietà non soltanto nei confronti dei migranti, profughi o rifugiati che siano, ma soprattutto nei confronti di partner in difficoltà, come l’Italia e la Grecia, lasciati vergognosamente soli ad affrontare i costi umani ed economici della crisi.

 Se Bruxelles non si muoverà con misure incisive nei confronti di chi viola le regole e il principio della solidarietà tra partner, l’Unione Europea resterà unita soltanto dal filo sempre più sbrindellato della sua moneta comune. Un po’ poco per un continente che solo pochi decenni fa, nei progetti dei suoi padri fondatori, ambiva a diventare non solo la patria comune di popoli diversi, ma soprattutto una rispettabile nuova potenza geopolitica.

Il progetto austriaco

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Il progetto illustrato ieri dal capo della polizia tirolese lungo il valico del Brennero

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Alfredo Mantici