Che fine ha fatto Emma Bonino?
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Che fine ha fatto Emma Bonino?

Bilancio provvisorio dell'azione del nostro ministro degli Esteri

Una vita tutta giocata sul campo, anzi sul terreno, di battaglia, dalla parte delle vittime delle prevaricazioni, donne, perseguitati, bonificati, profughi, anche a costo d’essere presa prigioniera dai talebani o essere arrestata, oppure di violare embarghi aerei o rischiare la vita dal Sudan all’Afghanistan, poi al Cairo cultrice di arabo, sempre in prima linea nelle istituzioni come nelle trincee... Ed ecco che nel momento della prova più importante, quella da ministro degli Esteri con la missione di ricostruire il prestigio della Farnesina impelagata nel caso marò e in una perdita di ruolo progressiva, puff, lei sparisce. È desaparecida, non pervenuta, invisibile.

Dov’è la piccola Emma battagliera che, arrivata nel 1999 da Bruxelles, di notte, al confine tra la Macedonia e il Kosovo, da commissario europeo per gli aiuti umanitari straccia il protocollo e supera di slancio nel fango il posto di frontiera per incontrare le migliaia di profughi albanesi, scudi umani e sfollati della bonifica etnica? Dov’è la Bonino della lotta per il Tibet libero? Oggi, da titolare della Farnesina, appare come un’entità labile. Sul tavolo ci sono tutti i dossier caldi e insoluti: dalle primavere arabe, con la guerra civile siriana, il caos libico (la Cirenaica ha appena proclamato l’autonomia, il premier Ali Zeidan rapito e rilasciato), l’Egitto, alla vicenda dei marò, sul rientro dei quali Emma si era detta fiduciosa per Natale e invece i tempi si allungano. E poi: dalla lotta appannata per i diritti umani, che la vedeva tostissima, fino alla mala parata di una madre e della sua prole, Ms Shalabayeva prelevata nella villa tra Ostia e Roma e «deportata» in Kazakhstan in poche ore, moglie di un oppositore del presidente kazako Nursultan Nuzarbayev. Ancora: chi ha visto Emma, chi sa che cosa abbia fatto come ministro, per evitare la partenza dei barconi della morte dalla Libia? Che cosa sul fronte della crescita in un’Europa germanizzata?

Il mantra di collaboratori e amici è che lei non ha alcuna fantasia di apparire, di fare come gli altri: andare nei talk-show e difendere a parole quel che fa in silenzio. Però è vero, Emma è un po’ scomparsa. La politica è visibilità. È la sindrome radicale: ribellismo, coraggio anche fisico nella rivolta, ma messi i piedi nelle istituzioni, solo rimboccarsi le maniche e lavorare muti. Eroismo della non comunicazione. Bonino anche su questo va dritta per la sua strada e se ne infischia. Ma che cosa ha fatto e cosa non ha fatto?

I marò. Emma sarà giudicata alla fine sul caso dei due fucilieri di marina accusati di avere ucciso due pescatori presi per pirati in India. Il timone della vicenda lo ha Palazzo Chigi. L’inviato Staffan De Mistura rappresenta la presidenza del Consiglio. Ma Bonino si è esposta con una frase rilanciata sui social network per cui i due marò potrebbero essere innocenti o colpevoli, sarà il processo in India a stabilirlo. Drammatico errore, che ha esacerbato l’impazienza delle famiglie e provocato reazioni fra quanti rimproverano all’Italia di non tutelare i militari all’estero. La frase non l’aveva postata Emma, eppure lei non è tipo da scaricare la responsabilità sui sottoposti. Nel complesso, lei che era riuscita a vincere la campagna per l’aborto, che aveva battagliato per i «refuznik», gli ebrei sovietici con divieto di emigrare, lei che aveva sfilato contro Wojciech Jaruzelski in Polonia ed era stata arrestata ed espulsa, che aveva violato l’embargo aereo nel Sud Sudan, che aveva risolto la crisi tra Canada e Spagna sulla pesca, che aveva gestito l’emergenza mucca pazza in Europa e nel 2000 aveva contribuito a far annullare la condanna a 7 anni di carcere per il dissidente egiziano Saad Eddin Ibrahim, è la stessa Emma che si sta rompendo la testa contro il muro di gomma degli indiani che vorrebbero interrogare in India quattro commilitoni dei due marò e magari arrestarli. Stallo, stallo.

Siria. Sulla crisi siriana Bonino ha visto giusto, ma non se n’è gloriata. In agosto sembrava che Stati Uniti e Francia stessero per lanciare l’attacco alla Siria. Lei non solo si era schierata contro le forniture di armi ai ribelli, ma poi anche contro l’intervento, che avrebbe pregiudicato la possibile pace e l’apertura del dialogo con il neopresidente «riformista» iraniano Hassan Rohani (l’Italia su indicazione di Bonino ha inviato per prima a Teheran un emissario di governo a prendere contatti). Ha pure indicato la prospettiva del negoziato Ginevra 2 (la strada poi imboccata dal G20) e proposto lo smantellamento delle armi chimiche siriane con l’accordo di Damasco, mettendo a disposizione le competenze italiane nel Joint operational planning team dell’Onu. Il no dell’Italia all’attacco non era scontato, vista la nota posizione «amerikana» dei radicali e di Bonino.

Libia e Egitto. Stasi e paura. Il 21 agosto i ministri degli Esteri europei si sono riuniti su iniziativa italiana e i contatti personali di Bonino sono serviti a Catherine Ashton per tenere aperto un canale con l’opposizione in Egitto. Ma in Libia le cose vanno di male in peggio. I barconi partono perché non c’è controllo. La Cirenaica si stacca. Non riesce a decollare il progetto italo-libico di formazione di personale per la polizia e l’esercito.

Caso Shalabayeva. È la vicenda che ha maggiormente angustiato Bonino, visti i suoi trascorsi umanitari. In realtà, pare che il ministro avesse subito messo sull’avviso sia il presidente Enrico Letta sia il ministro Angelino Alfano delle conseguenze della «deportazione» di Shalabayeva. A voce e per iscritto. Adesso alla Farnesina resta solo da vigilare a distanza sulla salute e la libertà di movimento della donna. Ma un neo sull’immagine rimane.

Crescita. Un buon risultato poco pubblicizzato è la firma dei contratti del gasdotto Tap (Trans-Adriatic pipeline) a Baku, Azerbaigian, per un valore complessivo di 200 miliardi di dollari con coinvolgimento dell’Enel e prospettiva di affrancamento dal gas libico. Poi il progetto Destinazione Italia, per attirare investimenti stranieri, e la diplomazia dell’Expo 2015 (oltre 140 paesi parteciperanno, inclusi Stati Uniti e Gran Bretagna).

Diritti umani. È stata Bonino a scongiurare il ritiro dei paesi africani dal Tribunale penale internazionale per solidarietà verso il Kenya. Inoltre è stato riattivato il nostro comitato interministeriale per i diritti umani che era stato cancellato dalla spending review.

Tutela dei connazionali. Bene la liberazione del giornalista della Stampa Domenico Quirico. Spiragli per il padre gesuita Paolo Dall’Oglio ostaggio in Siria. Si lavora per Cristian D’Alessandro di Greenpeace detenuto in Russia. Sono 3.103 gli italiani prigionieri all’estero. In tutto 7 mila da assistere, 330 casi di sottrazione internazionale di minorenni, risolti per metà.

Nomine. Un altro settore nel quale si fa sentire la spinta di Bonino è quello della penetrazione negli organismi internazionali. Qui il know-how radicale transnazionale aiuta. E uno dei risultati è che l’Italia è stata ammessa come osservatore del Consiglio artico.

La verve della Bonino si scontra a volte con l’atteggiamento più cauto e burocratico di alcuni ambasciatori. Ma alla fine la testardaggine di Emma la spunta. Peccato sembri aver esaurito il tratto militante, da incursione dirompente, il dna da Giovanna d’Arco laica. Ma il bilancio vero si fa alla fine.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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