"Lumen fidei", la prima enciclica di Papa Francesco
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"Lumen fidei", la prima enciclica di Papa Francesco

A 100 giorni dall'inizio del suo papato ecco il primo testo dell'ex card Bergoglio, scritto a 4 mani con Benedetto XVI: "Non facciamoci rubare la speranza"

“Chi crede, vede”, perché la luce della fede viene da Dio ed è capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo. Muove da questa considerazione la prima enciclica di papa Francesco, “Lumen Fidei”, che esce a poco più di cento giorni dalla sua elezione per segnare l’Anno della fede tutt’ora in corso. Enciclica a quattro mani perché, spiega Bergoglio, assume il prezioso lavoro già compiuto da Benedetto XVI, che aveva “già quasi completato una prima stesura”. Ora curiosi ed esegeti si eserciteranno a cercare di comprendere quali passaggi sono da far risalire a Francesco e quali a Benedetto.

Si sa per certo che il nuovo pontefice ha rivisto e rimaneggiato l’intero testo ma vi sono almeno due dei quattro capitoli che sono di più chiara ispirazione ratzingeriana: il secondo (“Se non crederete non comprenderete”) dedicato al legame tra fede e verità, al legame tra fede e amore (tema della prima enciclica di Benedetto XVI, “Deus Caritas Est”) e al dialogo tra fede e ragione; e il terzo capitolo (“Vi trasmetto quello che ho ricevuto”) incentrato sull’importanza dell’evangelizzazione e sui sacramenti. Più pastorali e perciò, almeno apparentemente più legati all’ispirazione di Bergoglio, il primo capitolo (“Abbiamo creduto all’amore”) che, partendo dalla figura di Abramo, descrive la fede ricorrendo a tre termini “ascolto, chiamata e promessa” e sottolinea il carattere della paternità della fede che diventa affidamento “all’amore misericordioso di Dio”. E il quarto e ultimo capitolo (“Dio prepara per loro una città”) che mette in evidenza il legame “tra la fede e il bene comune”. 

Il Papa, ispirandosi chiaramente al pensiero di Benedetto, condanna “il relativismo” della cultura contemporanea che tende ad accettore solo la verità della tecnologia, ciò che l’uomo riesce a costruire e misurare con la scienza e che è “vero perché funziona”, oppure le verità del singolo “valide solo per l’individuo e che non possono essere proposte agli altri con la pretesa di servire il bene comune”.

Oggi, osserva il pontefice, si guarda con sospetto alla “verità grande, la verità che spiega l’insieme della vita personale e sociale” perché sarebbe questa “la verità pretesa dai grandi totalitarismi del secolo scorso”. In realtà “amore e verità non si possono separare” e poiché la conoscenza della fede nasce dall’amore fedele di Dio, “verità e fedeltà vanno insieme”. Se la verità è quella dell’amore di Dio allora non si impone con la violenza, non schiaccia il singolo: “Il credente non è arrogante; al contrario la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede”. In questo modo la fede, scrive il Papa, apre al dialogo: con la scienza, con le altre religioni e persino con i non credenti.

L’enciclica passa quindi a sottolineare il legame tra la fede e l’impegno dell’evangelizzazione attraverso i sacramenti, sapendo che “l’unità della Chiesa” è fondata sulla “unità della fede”. Giunge così al quarto capitolo dove viene descritta la proiezione della fede nel mondo, l’impegno dei credenti per il bene comune: “Sì la fede è un bene per tutti, è un bene comune, la sua luce non illumina solo l’interno della Chiesa, né serve unicamente a costruire una città eterna nell’aldilà; essa ci aiuta a edificare le nostre società, in modo che camminino verso un futuro di speranza”. Perciò “il Dio affidabile dona agli uomini una città affidabile”. La famiglia (“unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio”), i giovani, i rapporti sociali, la natura e l’ambiente, la sofferenza e la morte sono gli ambiti del bene comune illuminati e fecondati dalla fede.

Bergoglio conclude facendo eco a un’immagine cara al beato Giovanni Paolo II, “la fede è congiunta alla speranza”. “Non facciamoci rubare la speranza, non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino, che frammentano il tempo”.

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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